Giovanni Zacchi era bolognese. Oltre che apprezzato medaglista, fu pure uno stimato scultore e, per un breve periodo, anche ingegnere idraulico come il padre Zaccaria. Era nato intorno al 1515, ed insieme al padre ed al fratello Gabriele aveva cominciato a lavorare giovanissimo come scalpellino, per poi passare ad opere più impegnative, come, ad esempio, le decorazioni plastiche. Di qui, il passo per arrivare alla modellazione delle medaglie fu breve e lo Zacchi, ancor giovane, si affermò come medaglista, tanto da ricevere numerose commissioni.
Famosissima la sua medaglia che ritrae Andrea Gritti, doge di Venezia; ma non meno famose sono pure le fusioni che dedicò ai cardinali legati di Bologna, anche se non sappiamo se tali medaglie egli le abbia realizzate per propria iniziativa (cosa assai probabile) oppure su commissione degli stessi personaggi effigiati. Così, solo per citarne alcune, furono prodotte dalla sua arte le medaglie che raffigurano il cardinale Giovanni Maria Ciocchi Del Monte (il futuro papa Giulio III nel 1550) e il cardinale Fabio Mignanelli (vicelegato a Bologna negli anni 1541-1542) e, finalmente, il cardinale Guido Ascanio Sforza di Santa Fiora.
La celebre medaglia di Giovanni Zacchi dedicata al doge di Venezia Andrea Gritti (1523-1538)
Tutte le medaglie di questa serie dello Zacchi hanno un’impronta comune: al ritratto del porporato sul dritto si accoppia, sul rovescio, la sua impresa o emblema, tanto in voga all’epoca. In particolare, nel caso della medaglia del cardinale del Monte, la scena rappresentata era proprio la “divisa” personale dell’allora cardinal legato: la Prudenza che trattiene per i capelli la Fortuna; un soggetto, questo, che poi sarà ripetuto su diverse medaglie emesse quando egli diventerà papa.
Guido Ascanio Sforza di Santa Fiora era nato a Roma il 25 novembre 1518 (era, quindi, più o meno coetaneo dello Zacchi) ed era figlio di Bosio II Sforza, conte di Santa Fiora, e di Costanza Farnese, la figlia del potente cardinale Alessandro. Fin da bambino ricevette un’educazione di prim’ordine sia dal punto di vista intellettuale sia da quello fisico.
Il dritto della rarissima medaglia in fusione di bronzo con ritratto del cardinale Guido Ascanio Sforza di Santa Fiora, ancora giovanissimo prelato
In un primo momento egli sembrò avviato alla carriera militare, vecchia tradizione di famiglia; però, il 13 ottobre 1534, il nonno materno salì sul trono di Pietro con il nome di Paolo III, ed appena due mesi dopo, il 18 dicembre, volle creare il nipote cardinale di Santa Romana Chiesa con il titolo diaconale dei santi Vito e Modesto: Guido Ascanio Sforza di Santa Fiora non aveva che sedici anni!
Nonostante la sua giovanissima età, il neo cardinale si dimostrò subito saggio ed oculato, specialmente nella gestione delle finanze e delle tante prebende di cui godeva. Nel 1536 fu nominato legato a Bologna, posto importantissimo e di grande responsabilità, giacché si trattava di amministrare la seconda città dello Stato della Chiesa.
In questo delicato incarico diede esempio di profonda carità, tanto che lo Zacchi scelse proprio la figura della Carità per celebrare le virtù del legato. Pur sfruttata da tempo nella medaglistica, la rappresentazione della Carità sul rovescio di questa medaglia dello Zacchi è abbastanza originale e vivace. Circondata, anzi quasi assalita, da putti, regge in mano un mazzo di fiori, mentre un putto sulle sue spalle ne lascia cadere alcuni.
Il rovescio allegorico creato dallo Zacchi per esaltare le virtù del porporato come legato di Bologna
In basso, ai lati, altri due putti, uno dei quali, quello a destra, regge ancora fiori. Tutt’intorno si svolge la legenda tratta dalla prima lettera di san Paolo ai Corinzi, che avrà essa pure molta fortuna, diventando quasi obbligata su tutte le successive medaglie papali – ma non solo – che rappresenteranno la Carità: CARITAS NON QVAERIT QVAE SVA SVNT (“La carità non cerca il proprio interesse”).
Sul dritto, il medaglista raffigurò il busto volto a destra del cardinale dal volto ancora giovane, quale appunto era, con berrettino e mozzetta, mentre intorno riportò il suo nome ed i suoi titoli: GVI AS SFOR CAR S FLORE BON LEG. Sotto il taglio del busto ci sono tre rosette, che insieme ai fiori raffigurati sul rovescio vogliono essere un’allusione al titolo della famiglia.
La medaglia, fusa, fu realizzata durante il periodo in cui Guido Ascanio Sforza fu legato pontificio a Bologna, cioè tra il 1536 ed il 1540, benché il nonno l’avesse nominato camerlengo di Santa Romana Chiesa fin dal 22 ottobre del 1537. E forse fu proprio la bellezza di questa medaglia a far guadagnare alla famiglia Zacchi la convocazione a Roma, al servizio di papa Paolo III.
Testone della Sede Vacante 1559, zecca di Roma, con al dritto l’insegna di Guido Ascanio Sforza cardinale camerlengo
Gli Zacchi, infatti, sono presenti nell’Urbe già nel 1543, anno in cui il padre Zaccaria è incaricato della sistemazione idraulica del corso settentrionale del Tevere, aiutato dai figli, sotto la presidenza del cardinale Alessandro Sforza (1534-1581), fratello di Guido Ascanio. In questo periodo Giovanni Zacchi eseguì anche alcune sculture e bassorilievi per palazzo Farnese, a Campo de’ Fiori, ma senza dimenticare mai la propria vocazione di medaglista. Anzi, aprì un laboratorio abitazione nei pressi di via del Pellegrino, dove faceva medaglie per esponenti di casa Farnese e del suo entourage, guadagnandosi una discreta fama nel ritratto di figure muliebri.
Intanto il cardinale Guido Ascanio proseguiva la sua “carriera” fra alti e bassi. Come camerlengo, ebbe la responsabilità del Conclave 1549-1550, da cui usci eletto il suo “collega” nella Legazione felsinea, Giulio III Ciocchi Del Monte. Tuttavia nel 1555 fu imprigionato in Castel Sant’Angelo, poiché il nuovo papa Paolo IV Carafa lo riteneva troppo filospagnolo. Guido Ascanio Sforza di Santa Fiora pagò un riscatto principesco per uscire dalle prigioni di Castello e per vedersi riconfermate anche tutte le sue cariche.
A causa delle sue simpatie per la Spagna lo Sforza soffrì anche la prigionia in Castel Sant’Angelo
Quanto allo Zacchi proseguì nel suo lavoro di “medallaro et sigillaro” non disdegnando di realizzare pure qualche piccola scultura. Dopo il 1565 non si hanno più sue notizie, il che fa presupporre che sia morto intorno a quell’anno.
Invece il cardinale di Santa Fiora, sempre più ricco e sempre più mecenate, favorì l’elezione di Pio IV nel conclave del 1559 e fu effettivamente il “curatore” degli interessi spagnoli a Roma. Morì a neppure 50 anni d’età, il 6 ottobre 1564, a Canedo (allora Cartoceto), vicino Pavia, di “febbre maligna” ed il suo cadavere venne immediatamente riportato a Roma, per essere sepolto nella cappella di famiglia, dentro la Basilica Liberiana.