Sfogliando il secondo volume de Le monete dei papi e degli Stati pontifici di Francesco Muntoni, ai numeri 18-20 del repertorio di papa Paolo V Borghese (1605-1621) per la zecca di Roma troviamo altrettante versioni – con relative varianti – di un testone in argento, raro e dalla storia curiosa, che parla di un santo celebre, Paolo, e del cosiddetto “miracolo dei serpenti”.

Una descrizione stringata, forse un po’ troppo, che ha generato confusione e che merita di essere approfondita. Il testone, infatti, secondo Il linguaggio delle monete di Mario Traina mostrerebbe “san Paolo con due serpi in mano, in terra uno scorpione, onde del mare con resti di naufragio, persone in piedi e sedute”.

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San Paolo con unserpente in mano, in basso un fuoco e resti di un naufragio: ecco il raro testone “pittorico” di papa Paolo V con il “miracolo dei serpenti”

Traina spiega la scena – in verità non semplice da descrivere, data la conservazione mediamente bassa degli esemplari superstiti di questa rara moneta in argento – alla luce della legenda MORTIFERA NON NOCEBVNT (“Le cose letali non faranno male”) alla luce della citazione del Vangelo di Marco (16, 18) in cui si legge “[…] serpentes tollent et si mortiferum quid biberint, non eis nocebit” (“[…] prenderanno in mano serpenti e se berranno qualche veleno, non verrà loro alcun male”).

In quel passo evangelico, infatti, sono descritti i segni che accompagneranno coloro che avranno creduto: nel nome del Redentore essi scacceranno i demòni, parleranno in lingue nuove, prenderanno in mano dei serpenti, anche se berranno qualche veleno non ne avranno alcun male, imporranno le mani agli ammalati e questi guariranno.

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Del testone con la scena degli Atti degli Apostoli esiste anche un’altettanto rara versione con il ritratto di papa Borghese, coniata nell’anno III di pontificato

Quale “miracolo dei serpenti” è tuttavia associabile a san Paolo, e perché? Ci aiutano gli Atti degli Apostoli (Atti, capp. 27-28), nei quali si narra il naufragio dell’apostolo delle genti sull’isola di Malta: “[…] Ma essendo incappati in un luogo che aveva il mare dai due lati, vi fecero arenare la nave; e mentre la prua, incagliata, rimaneva immobile, la poppa si sfasciava per la violenza delle onde. Il parere dei soldati era di uccidere i prigionieri perché nessuno fuggisse a nuoto.

[…] Dopo essere scampati, riconoscemmo che l’isola si chiamava Malta. Gli indigeni usarono verso di noi bontà non comune; infatti ci accolsero tutti intorno a un gran fuoco acceso a motivo della pioggia che cadeva e del freddo. Mentre Paolo raccoglieva un fascio di rami secchi e li poneva sul fuoco, ne uscì fuori una vipera, risvegliata dal calore, e gli si attaccò alla mano.

Dipinto che raffigura san Paolo, con un serprente avvolto al braccio, dopo il naufragio sull’isola di Malta: questa la scena cui si ispira la moneta

Quando gli indigeni videro la bestia che gli pendeva dalla mano, dissero tra di loro: ‘Certamente quest’uomo è un omicida perché, pur essendo scampato dal mare, la Giustizia non lo lascia vivere’. Ma Paolo, scossa la bestia nel fuoco, non ne patì alcun male. Ora essi si aspettavano di vederlo gonfiare o cadere morto sul colpo; ma dopo aver lungamente aspettato, vedendo che non gli avveniva alcun male, cambiarono parere e cominciarono a dire che egli era un dio”.

Eccolo, dunque, il “miracolo dei serpenti” operato da san Paolo: che poi il suo naufragio sia effettivamente avvenuto a Malta o, come ipotizzato da alcuni studiosi, su un’altra isola poco importa. Anche se sta di fatto che, proprio a Malta, oltre che con la classica spada e il Vangelo, Saulo di Tarso è spesso raffigurato con un serpente in mano.

Sono tante le monete fatte coniare da Paolo V con l’effigie dell’apostolo delle genti: ecco due testoni per Roma che lo ritraggono in piedi e seduto

Il fatto che la scena sul rovescio sia proprio questa, del resto, ce lo conferma Saverio Scilla già nel 1715, a pag. 70 della sua Breve notizia delle monete pontificie… indicando il soggetto del nostro testone come “Il Miracolo di S. Paolo delle serpi di Malta”.

Quale motivazione, ci chiediamo a questo punto, portò papa Borghese ad approvare quest’iconografia per il rovescio del testone? Traina ipotizza: “Forse allude al fatto che nello stesso anno, 1605, erano morti due pontefici: Clemente VIII e Leone XI”.

Un ritratto di Paolo V, al secolo Camillo Borghese, papa dal 1605 al 1621

Paolo V non intendeva fare la stessa fine, è plausibile. Tuttavia si tenga conto di una ragione in più, vale a dire l’omonimia fra il santo e il nome scelto dal papa – al secolo Camillo Borghese – al momento della sua ascesa al soglio di Pietro. Un legame non solo, o non tanto, con Paolo IV Carafa (1555-1559), quanto – probabilmente – un segno di devozione verso lo stesso san Paolo.

Un legame particolare, confermato non solo da numerose altre monete in cui san Paolo appare con spada e libro, da solo o assieme a san Pietro, in piedi o seduto. C’è infine un altro testone di papa Borghese, di notevole rarità, quello che in una formidabile composizione pittorica – quasi caravaggesca – ci mostra la caduta da cavallo di san Paolo, il momento in cui Dio gli si rivela.

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Un altro rarissimo testone di papa Borghese a tema “paolino”, quello con la scena della caduta da cavallo che segna la conversione sulla via di Damasco

Siamo già nell’anno XII di pontificato di papa Paolo V e il rovescio vede il santo a terra, sorretto da un guerriero, il suo cavallo in fuga e in alto nubi raggianti. VAS ELECTIONIS (“Vaso eletto”)  si legge attorno: parole riferite negli Atti degli apostoli (9, 15) proprio alla conversione di Saulo di Tarso: “Vas electionis est mihi iste”. Ennesima conferma che, anche dietro i testoni col “miracolo dei serpenti”, si celi l’affidamento di Camillo Borghese alla protezione celeste dell’apostolo delle genti.