Prima della versione finale, le 20 lire Elmetto ebbero una lunga genesi e, fra le prove, rientra anche la versione in oro, donativo del re a pochissime personalità

 

di Roberto Ganganelli | Ci sono monete celeberrime che prendono il nome da un’iconografia, da un simbolo, da un dettaglio: per quanto riguarda il Regno d’Italia e il periodo di Vittorio Emanuele III è ad esempio il caso delle 5 lire Aquiletta, delle 20 e 100 lire del 1923 – dette Fascetto e Fascione – e di altre tipologie come i 20 centesimi Esagono o i 5 centesimi Spiga. E l’elenco potrebbe proseguire.

C’è tuttavia una moneta d’argento – quella da 20 lire del 1928, anno VI dell’era mussoliniana – che non prende il nome dallingombrante fascio littorio impresso sul rovescio col motto MEGLIO VIVERE… bensì da un oggetto proprio dell’abbigliamento militare, l’elmetto Mod. 16 (derivato dall’Adrian francese) indossato dai soldati italiani nel corso della Grande guerra.

Un elmetto divenuto celebre anche in numismatica

A vestire quell’elmetto è, non a caso, il “re soldato” modellato al dritto in uniforme, le stellette ben in vista, dal maestro Giuseppe Romagnoli per una moneta che, emessa nel 1928, intendeva celebrare il decennale della vittoria italiana nel Primo conflitto mondiale.

20 lire elmetto

Al peso di 20 grammi, con titolo di 800 millesimi, diametro di 35,5 millimetri e taglio rigato, le 20 lire Elmetto furono coniate dalla Regia Zecca in ben 3.536.250 esemplari e, pur essendo oggi non comuni, reperirle oggi sul mercato non  è certo difficile. La loro emissione sul mercato avvenne nel giugno 1928, a dieci anni dalla “battaglia del solstizio” che riportò le armate italiane oltre la linea del Piave aprendo la strada alla vittoria finale.

La moneta di serie da 20 lire Elmetto, tuttavia, ebbe una genesi non semplice come testimoniano le tante prove fatte prima della versione finale. Per presentarvele, ovviamente, non possiamo che avvalerci del magistrale testo di Domenico Luppino Prove progetti e rarità numismatiche della monetazione italiana- I. Casa Savoia (1713-1946) dato alle stampe nel 2012 a Torino da Eupremio Montenegro Editore.

Il bozzetto di Romagnoli – e i coni incisi dal maestro Attilio Silvio Motti – diedero vita in primis ad una tipologia di prova mai apparsa sul mercato (Luppino PP143) che sulla scure del fascio prevedeva fossero impresse solo le date MCMXVIII e MCMXXVIII con il riferimento A. VI mentre il motto del “fante del Piave” – nella forma MEGLIO VN GIORNO DA LEONE – sarebbe stato inciso sul taglio.

20 lire elmetto

Di questa “idea”, sottolinea Luppino, oltre al disegno del Romagnoli non esiste che una citazione nel Bollettino numismatico risalente al 1972 e l’esemplare non è presente né in Collezione reale né come parte delle raccolte del Museo della Zecca.

Prime prove e seconde prove delle 20 lire Elmetto

Evidentemente, dunque, tra coloro che avrebbero dovuto approvare il bozzetto – fra i quali il duce stesso – qualcuno trovò da obiettare; così, una prima versione sperimentale delle 20 lire Elmetto (Luppino PP145) fu coniata con legenda PRIMA PROVA sulla scure del fascio lasciata, per il resto, del tutto vuota (mm 35,5, titolo 800, g 15,0).

20 lire elmetto

Spostato il motto sulla scure e modificato con l’incipit E’ MEGLIO VIVERE… vennero poi realizzati nuovi esemplari con, in alto a destra lungo il bordo, la dizione 2A PROVA. Domenico Luppino ne censisce con tondello di 15 grammi e senza punzonature (PP 146), peso di 20 grammi e punzone 800 al rovescio (PP 147), con il medesimo peso ma punzone 718 al rovescio (PP 148) e infine, sempre da 20 grammi di peso, con punzone 600 accanto alla scure del fascio (PP 149).

20 lire elmetto

Si arrivò finalmente, fissato il titolo a 800 millesimi e approvata la forma definitiva del patriottico motto, alle prove di quella che sarà la versione finale delle 20 lire Elmetto: anche di queste ne esistono due versioni, quella con dizione PROVA accanto alla protome leonina e quella con PROVA DI STAMPA sotto l’iscrizione ITALIA (Luppino PP 150 e PP 151).

20 lire elmetto

Le 20 lire Elmetto “dei marescialli”, tra le monete più rare del Regno

A queste prove in argento delle 20 lire Elmetto – ribattezzate in passato anche Cappellone – si aggiunge infine l’eccezionale tipologia in oro a 900 millesimi di titolo e al peso di 35,5 grammi equivalente dunque, sotto il profilo metrologico, alle 100 lire oro standard coniate fino a pochi anni prima. Sono le cosiddette 20 lire Elmetto ORO PROVA “dei marescialli” (Luppino PP 144), una delle massime rarità nella monetazione del Regno d’Italia.

20 lire elmettoMa perché “dei marescialli”? Per il fatto che questi esemplari (a quanto pare non più di 15) vennero realizzati “fuori ordinanza” non per essere destinati alla circolazione bensì come omaggi del sovrano ad altissime personalità fra le quali, appunto, coloro che nel Regio Esercito avevano ricevuto questo grado militare, istituito nel 1924 da Mussolini e superiore a quello all’epoca in uso di generale d’armata.

20 lire elmettoA riceverlo in tempo per la coniazione delle 20 lire Elmetto ORO PROVA furono Luigi Cadorna e Armando Diaz (il 4 novembre 1924) e poi Enrico Caviglia, Emanuele Filiberto d’Aosta, Pietro Badoglio, Gaetano Giardino e Guglielmo Pecori Giraldi (che lo ricevettero il 17 giugno 1926). Sette marescialli per sette esemplari ai quali aggiungere ovviamente il sovrano, il duce e pochi altri ministri o alti gradi delle forze armate e del regime dei quali, però, non ci è stato possibile ricostruire l’identità.

Una ORO PROVA torna all’asta a Torino da Bolaffi

Una di quelle eccezionali, rarissime 20 lire Elmetto ORO PROVA andrà all’asta a inizio dicembre al n. 1225 del catalogo di numismatica Bolaffi: in condizioni pressoché perfette, avrà una base di 200.000 euro e il fortunato – oltre che facoltoso – collezionista che se la porterà a casa avrà la certezza di possedere una pagina di storia della monetazione italiana.

Una pagina che tuttavia anche noi semplici appassionati possiamo conoscere e apprezzare, emozionandoci ancora una volta per la bellezza delle monete grazie alla ricerca di Domenico Luppino, autentico esempio di approfondimento sulle prove e i progetti di monetazione, uno dei settori più difficili da indagare negli studi numismatici.