di Roberto Ganganelli | Artemisia Gentileschi (1593-1653): un nome, un destino… Destino di una donna che fin da piccola vive a contatto con i grandi artisti del suo tempo, nella bottega del padre Orazio, mostrando un precoce talento artistico. Talento stuzzicato ammirando i capolavori di Caravaggio e Guido Reni, e sviluppato soprattutto nel ritrarre la figura umana con una perizia tale che Roberto Longhi, nel 1916, la definirà in suo sagggio come l’unica donna italiana “che abbia mai saputo che cosa sia pittura, e colore, e impasto, e simili essenzialità”.

Vittima di uno stupro ad appena diciassette anni, Artemisia denuncia pubblicamente l’accaduto e, attraverso l’arte, si riscatta riscattando tutte le donne vittime della prepotenza maschile. Rivendica giustizia e, sottoposta a umilianti visite mediche e perfino a torture per accertare la verità dei fatti, non viene mai creduta. “Io – scrive l’artista – la figlia di un farabutto, la disonorata da un delinquente, io non voglio che mi sia concesso dipingere, io lo farò e basta, solo perché sono brava”.

Così dà vita, è il caso di dirlo, ad esemplari Giuditte vendicatrici, a perfide Cleopatre e torbide Maddalene, e ancora a martiri, dame e suonatrici dai toni caravaggeschi, con stile originalissimo. Figure che, nei tratti, si somigliano perché spesso si tratta didolenti e intensi  autoritratti della stessa Artemisia, una donna capace di ottenere riconoscimenti come pittrice alla corte dei Medici, protetta finalmente dal granduca Cosimo e dalla granduchessa Cristina di Lorena; la prima artista donna ad essere nominata, a pieno diritto, membro dell’Accademia delle Arti del Disegno di Firenze nel 1613.

A questa eccezionale figura femminile della cultura italiana, il Poligrafico e Zecca dello Stato ha dedicato il “marengo” 2018, ossia la moneta da 20 euro in oro 900 millesimi (6,45 grammi per 21,00 millimetri, bordo zigrinato fine) coniata in soli 1.200 esemplari proof ed emessa il 9 luglio scorso.

Ad omaggiare Artemisia è stata chiamata un’altra donna artista, Maria Angela Cassol, che per il dritto ha scelto di effigiare la Gentileschi così come essa si ritrae, nelle vesti di suonatrice di liuto, in un capolavoro conservato allo Wadsworth Athaeneun Museum di Hartford, nel Connecticut. Il capo di tre quarti, ornato da un turbante, Artemisia fissa colui che guarda il quadro con una espressione di forza e di sfida dalla quale, tuttavia, sembrano trasparire i segni di quelle sofferenze che la giovane ha sofferto e porterà per sempre dentro l’anima.  Con scelta felice, la Cassol si è limitata a completare il tutto con l’iscrizione REPUBBLICA ITALIANA, la firma in piccolo, un cerchio sottile e tre ornati in basso.

Al rovescio, le figure femminili invece sono due: si tratta di Giuditta e l’ancella con la testa di Oloferne, opera conservata alla Galleria Palatina di Firenze. In alto su due righe il nome di ARTEMISIA GENTILESCHI ed esternamente, fra ornati di stile vegetale, il titolo della nuova serie di monete DONNE NELL’ARTE; in basso la data e il valroe 20 EURO, a destra nel campo il segno di zecca R.

Va dato merito alla Zecca di Roma di aver coraggiosamente dato una svolta nella monetazione aurea italiana, con questa moneta, innanzi tutto eliminando, almeno per il momento, il taglio da 50 euro divenuto troppo costoso e poco appetito dal mercato, e poi di aver aperto una nuova serie tematica di respiro planetario, che per una volta non guarda solo alla nostra storia o alla nostra cultura. Il tutto ad un prezzo di emissione, pari a 315 euro, che di fatto è appena il 50% in più rispetto ad un comune marengo di borsa.