Dal vangelo di Matteo ad una rarissima quadrupla in oro | Il potere d’acquisto della moneta | Il salario dello zecchiere… e del muratore

 

di Roberto Ganganelli | Spigolando tra le monete coniate dai papi e contenenti espliciti ammonimenti su un corretto uso del denaro ci imbattiamo in una grande rarità, la quadrupla in oro dell’anno VI di papa Innocenzo XI (Benedetto Odescalchi, 1676-1689).

Classificata da Muntoni al n. 7 del repertorio di questo pontefice, la moneta (mm 34 per g 12,80) presenta al dritto l’iscrizione INNOCEN · XI · PONT · MAX · AN · VI, busto, a destra con camauro, mozzetta e stola ornata da imprese araldiche e sotto, nel giro, · IH · in monogramma (per Giovanni Hamerani I, incisore).

Ritratto di profilo di papa Innocenzo XI Odescalchi in un intaglio su avorio del XVII secolo
Ritratto di profilo di papa Innocenzo XI Odescalchi in un intaglio su avorio del XVII secolo

Al rovescio è riportata la legenda latina VBI THESAVRVS IBI COR su tre righe nel campo, entro cartella ornata chiusa in basso dall’armetta di monsignor Ferdinando Raggi, presidente della zecca.

Massimo nominale del periodo per la serie monetale dei papi, la quadrupla cita un passo rielaborato del vangelo di Matteo (6, 21) che recita per esteso “Ubi […] est thesaurus tuus, ibi est cor tuum” (“Dove è il tuo tesoro, la è anche il tuo cuore”).

Il passo – che chiede a tutti, implicitamente, “Dov’è il vostro tesoro?” – è tratto da quella parte del vangelo di Matteo (6, 19-34) in cui l’apostolo indica quale deve essere l’atteggiamento di ogni discepolo di Gesù nei riguardi delle ricchezze materiali e dei bisogni elementari della esistenza: un approccio di radicale distacco e di libertà dall’angoscia.

La quadrupla dell'anno IV di Innocenzo XI coniata a Roma
La quadrupla dell’anno IV di Innocenzo XI coniata a Roma

L’antitesi domina i detti di questa parte del capitolo 6 costruiti su contrapposizioni fra i tesori terreni e i tesori celesti (19-21), occhio sano e occhio malato (22-23), servizio di Dio e servizio del denaro (24), ansia per cibo e abiti e ricerca del Regno (25-34).

Antitesi che emerge anche dalla moneta, di non indifferente potere d’acquisto all’epoca dal momento che una quadrupla in oro, ossia quattro scudi, equivaleva a 105 baiocchi pari a 3,5 testoni.

Un muratore non specializzato percepiva mezzo testone al giorno, per cui una quadrupla equivaleva di fatto ad un mese di salario (28 giornate).

Passando dalla bassa manovalanza popolare ai prestigiosi incarichi presso la zecca papale, ci è invece noto che nel 1690 l’appaltatore dell’officina monetaria di Roma riceveva una provvigione annua di ben 500 scudi (oltre 40 al mese) mentre il maestro incisore aveva un appannaggio fissato in 120 scudi (10 scudi al mese) più una provvigione ulteriore di 25 giuli per ciascun conio realizzato.