Le medaglie che accompagnarono l’avvicinamento alla capitale dal 1867 al 1870 | Non solo la presa di Porta Pia nella storia dell’annessione di Roma e del Lazio

 

di Leonardo Mezzaroba | Dunque, dopo il tentativo garibaldino di conquistare Roma nel 1867, e il ritiro a Caprera dell’Eroe dei Due Mondi, nello Stato Pontificio le cose sembravano essere tornate ad una situazione di ‘normalità’, saldamente controllata da Pio IX che anzi, l’8 dicembre 1869, diede avvio al Concilio (passato alla storia come Concilio Vaticano I) grazie al quale il pontefice contava di correggere ‘pericolose dottrine’ che si andavano diffondendo, ma soprattutto di imporre la propria infallibilità (in materia di fede), risultato questo che egli riuscì ad ottenere il 18 luglio 1870. La circostanza è ricordata in una medaglia realizzata a Parigi dallo stabilimento Massonet (che si servì di conii già in suo possesso) (fig. 13).

Fig. 13. 1870. Proclamazione dell’infallibilità del pontefice in materia di fede da parte di Pio IX Mastai Ferretti (AE dorato, mm 50)

Va da sé che questo non poteva non avere inevitabili conseguenze anche in ambito politico: a un Papa infallibile (anche se solo ex cathedra) non era certo opportuno imporre una volontà esterna. Al momento del voto però una parte dei membri del Concilio (prevalentemente francesi e tedeschi) aveva abbandonato Roma, certo per evitare l’imbarazzo di dare un voto contrario, ma anche perché, improvviso, incombeva un evento gravissimo, destinato ad avere conseguenze dirompenti non solo nell’assetto politico dell’Europa, ma anche per la sopravvivenza stessa dello Stato Pontificio: lo scoppio della guerra Franco-Prussiana.

La guerra, dichiarata il 19 luglio 1870, volse rapidamente a favore dello Stato prussiano e, via via che la disfatta francese si delineava sempre più chiaramente, cresceva la pressione dell’opinione pubblica italiana per un intervento su Roma, tanto più che la guarnigione francese presente nella città capitolina era stata richiamata precipitosamente in patria il 19 agosto.

Tra l’1 e il 4 settembre, la disastrosa sconfitta francese a Sédan, l’arresto di Napoleone III, la caduta del Secondo Impero e la proclamazione della Terza Repubblica, convinsero il governo italiano a pronunciarsi (5 settembre) per l’annessione di tutto lo Stato Pontificio. Un tentativo di accordo venne sdegnosamente rifiutato da Pio IX. Così, nella notte tra il 10 e l’11 settembre, un contingente italiano di 50000 uomini, comandati da Raffaele Cadorna varcò i confini dello Stato Pontificio e prese ad avanzare lentamente per dar modo al papa di considerare l’opportunità di una resa onorevole. Del resto l’esercito pontificio contava solo 13.000 soldati di varie nazionalità agli ordini di Hermann Kanzler, che decise di ritirarsi all’interno delle mura.

Così, all’alba del 20 settembre, il contingente italiano aprì il fuoco. Verso le 9, attraverso una vasta breccia aperta nelle mura della città in prossimità di Porta Pia, penetrarono in città due battaglioni, uno di bersaglieri e uno di fanteria. Alle 10 sulla cupola di San Pietro veniva issata la bandiera bianca. La capitolazione di Roma venne firmata, poche ore più tardi, a Villa Albani. La ‘breccia di Porta Pia’ è illustrata in una medaglia realizzata da Francesco Grazioli (fig. 14) solo alcuni anni più tardi, assieme ad altre sei medaglie (tutte di 67 mm di diametro) che costituiscono una splendida testimonianza degli avvenimenti più significativi del nostro Risorgimento (ad esempio la conquista di Porta Tosa a Milano, nel 1848, o la disperata resistenza di Venezia nel 1849).

Fig. 14. 1875 ca. Celebrazione della ‘breccia di Porta Pia’ (AE, mm 67)

Il 23 settembre il generale Cadorna riconobbe, su delega ricevuta dal governo, la ‘Giunta Provvisoria di Governo di Roma’, presieduta da Michelangelo Caetani, duca di Sermoneta. Tra i primi atti della Giunta (28 settembre) vi fu la concessione di una medaglia di benemerenza per tutti coloro che avevano partecipato ai vari tentativi per liberare Roma tra il 1849 e il 1870 (fig. 15); la medaglia, opera di Carlo Moscetti, proponeva lo stemma di Roma sovrapposto a due fasci littori incrociati, con sopra la lupa capitolina. Ai soldati e ai volontari fu assegnata in bronzo, mentre 26 esemplari in argento furono conferiti a Garibaldi, alla memoria di Cavour e ai 24 superstiti dello scontro di Villa Glori (1867). Infine un esemplare in oro fu donato a Vittorio Emanuele II e un altro ‘alla memoria’ dei fratelli Enrico e Giovanni Cairoli. Al nastro, che recava i colori della città di Roma, potevano essere applicate delle fascette metalliche recanti l’anno della campagna a cui il decorato aveva partecipato (1848, 1849, 1867, 1870).

Fig. 15. 1870. Medaglia di benemerenza della Giunta Provvisoria di Roma (AE, mm 31)

Nonostante le raccomandazioni rivolte dai comandanti di entrambi i fronti di evitare spargimenti di sangue, l’impresa romana costò all’esercito italiano 32 morti e 143 feriti, mentre in campo pontificio si ebbero 15 morti e 68 feriti. A ricordo dell’avvenimento lo Stato italiano fece coniare una medaglia in tutto simile a quella ‘commemorativa delle guerre per l’indipendenza e l’unità d’Italia’ ma recante nel rovescio la scritta ‘Entrata dell’esercito italiano in Roma / 1870’ (fig. 16).

Fig. 16. 1870. Medaglia concessa ai valorosi combattenti del Regio Esercito italiano (AE dorato, mm 31)

Come era avvenuto negli anni precedenti, per sancire ufficialmente la riunificazione di Roma al Regno d’Italia fu indetto, per il 2 ottobre, un plebiscito formulato in questo modo: Vogliamo la nostra unione al Regno d’Italia, sotto il governo del re Vittorio Emanuele II e dei suoi successori’. Il ricordo dell’avvenimento fu affidato a una medaglia di Giovanni Giani, coniata nella zecca di Torino (fig. 17).

Fig. 17. 1870. Plebiscito per l’unificazione di Roma al Regno d’Italia (G. Giani, AE, mm 44)

I risultati della consultazione (133.681 ‘sì’ contro 1.507 ‘no’) resi noti il 7 ottobre furono solennemente presentati a Firenze, in Palazzo Pitti, al sovrano, ai presidenti delle due Camere e ai rappresentanti del Governo da una delegazione guidata dal duca di Sermoneta. Per commemorare tale cerimonia, che segnava di fatto l’annessione di Roma e del suo territorio al Regno d’Italia, venne realizzata, con tecnica galvanica, una medaglia di grande modulo (fig. 18), molto simile nelle dimensioni e nell’impianto, a quella realizzata per la presentazione dei voti del plebiscito dei territori veneti, il 4 novembre 1866.

Fig. 18. 1870. La presentazione dei risultati del plebiscito al sovrano (Finardi, Siotto, Saraceni, AE dorato, mm 108)

Nella medaglia ‘romana’ si ritrovano tre firme (Finardi, Siotto, Saraceni) che costituiscono un autentico rebus; secondo alcuni studiosi Finardi sarebbe l’ideatore del dritto, Pio Siotto l’incisore e C. Saraceni l’autore della lunga iscrizione del rovescio.

Prima di rientrare a Roma, la delegazione fece visita a Torino (10 novembre) e a Milano (12 novembre). Qualche tempo dopo, il sindaco di Milano, Giulio Belinzaghi, offrì alla città di Roma una medaglia d’oro per manifestarle la propria vicinanza (fig. 19). La medaglia, coniata anche in bronzo, fu eseguita dagli incisori Francesco Broggi e Luigi Seregni, su disegno di Gerolamo Induno, noto per i suoi quadri di argomento risorgimentale e per la sua attività patriottica (nel 1849 era stato tra i difensori della Repubblica Romana).

Fig. 19. 1870. L’esultanza della città di Milano per i risultati del plebiscito romano (F. Broggi, L. Seregni, AE, mm 62)

La reazione del pontefice fu di ferma condanna, ma il sostegno alle sue ragioni si esaurì, almeno sul piano medaglistico, in una modesta emissione in cui i suoi fautori, inneggiando a ‘Pio IX Papa Re’, ne rivendicavano il potere temporale (fig. 20).

Fig. 20. 1870 ca. Esaltazione del potere temporale del pontefice (AE, mm 32×28)

Da parte sua il pontefice premiò la fedeltà di costoro riproponendo la medaglia di benemerenza approntata da Cerbara vent’anni prima, nel 1850 (fig. 21).

Fig. 21. Medaglia di benemerenza assegnata dal Pio IX a chi gli era rimasto fedele (S. Cerbara, AE, mm 32)

A dispetto di questo però, una dopo l’altra, le famiglie del patriziato romano aderivano al governo italiano e, con il resto della popolazione, attendevano l’arrivo di Vittorio Emanuele II. Il re tuttavia, forse per evitare pericolose tensioni con l’ala cattolica romana, continuava a rinviare la sua venuta. L’occasione per una rapidissima visita gli venne offerta dalla grave inondazione che colpì Roma tra il 27 e il 30 dicembre. Dunque alle 4 del mattino del 31 dicembre 1870 Vittorio Emanuele giunse nella città eterna, prese possesso del Quirinale, si incontrò in Campidoglio con le autorità municipali, manifestò la propria partecipazione alle vittime dell’alluvione, mettendo a disposizione 200.000 lire per gli interventi più urgenti, e ripartì per Firenze quel pomeriggio stesso. Per quanto breve, questa prima venuta del sovrano a Roma fece scalpore e fu celebrata con la realizzazione di due medaglie commemorative. Una, opera di Gaspare Galeazzi (fig. 22), è tutta giocata sul ‘sublime impeto del cuore’ di Vittorio Emanuele II giunto ‘volando’ a ‘mutare i lutti in letizia’.

Fig. 22. 1870. Visita di Vittorio Emanuele II a Roma inondata (G. Galeazzi, AE, mm 55)

L’altra (fig. 23), eseguita in grande modulo da Paolo Pasinati, era più esplicitamente legata al fatto che, con la sua venuta, il re andava ‘eternando nei fasti del Campidoglio la memoria d’Italia riunita’.

Fig. 23. 1870. Visita di Vittorio Emanuele II a Roma (P. Pasinati, MB, mm 73,5)

Nelle prime settimane del 1871 furono messe in atto varie iniziative per risolvere il passaggio della capitale a Roma: il 3 febbraio 1871 veniva approvata la legge n. 33 che non solo proclamava Roma capitale ma indicava che questo doveva avvenire ‘non più tardi del giugno 1871’. L’entusiasmo per l’approvazione di questa legge si manifestò anche con la realizzazione di una grande medaglia celebrativa opera di Carlo Moscetti (fig. 24).

Fig. 24. 1871. Emanazione della legge per Roma capitale (C. Moscetti, AE, mm 75)

Infine, il 2 luglio Vittorio Emanuele veniva accolto nella città capitolina dal governo, dal sindaco, dai rappresentanti diplomatici di molti paesi stranieri e da una grande folla entusiasta. Nello stesso giorno, con Regio Decreto, fu disposta la coniazione, presso la zecca di Roma, della medaglia commemorativa dell’arrivo del sovrano (fig. 25), la cui realizzazione venne affidata a Giovanni Vagnetti. La medaglia è caratterizzata da una fitta sequenza di iscrizioni fortemente allusive: nel giro del dritto la scritta ‘20 settembre 1870 – 2 luglio 1871’ va a sottolineare la stretta correlazione tra l’entrata dell’esercito italiano a Roma e quella del sovrano; nel giro del rovescio sono riportati i nomi dei ministri che componevano allora il governo; infine, secondo un gusto tipicamente risorgimentale, l’iscrizione nel campo del rovescio mette in diretta relazione la ‘vittoria’ di Vittorio Emanuele II con l’azione di Cavour e con il pensiero di Dante e Machiavelli.

Fig. 25. 1871. Ingresso in Roma capitale di Vittorio Emanuele II (G. Vagnetti, AE, mm 50,5)

Infine, il 27 novembre di quello stesso anno si insediava a Roma il Parlamento. Nell’aula di Montecitorio, Vittorio Emanuele II inaugurò la seconda sessione dell’XI legislatura pronunciando un discorso in cui proclamava la felice conclusione del processo di unificazione italiana e auspicava una serena conciliazione con la Santa Sede e rapporti amichevoli con le potenze straniere.

Fig. 26. 1871. il re inaugura, a Roma, la IX Legislatura (P. Pasinati, MB, mm 73,8)

Anche questa circostanza fu celebrata in una medaglia di grande modulo opera di Paolo Pasinati (fig. 26) che riutilizzò lo stesso dritto impiegato pochi mesi prima per celebrare la venuta del Sovrano a Roma. Sul rovescio, attorno all’iscrizione che ricorda l’insediamento del ‘Parlamento nazionale’ sono riportati, in un lungo nastro, quelli che dovevano essere i punti di riferimento nell’azione politica dello Stato: ‘PATRIA  NAZIONE  ARTI  COMMERCIO  LAVORO  SCIENZE  STATUTO’.

Per saperne di più

R. Mondini, Spigolando tra medaglie e date (1848 – 1870-71), Livorno 1913.

A. Modesti, M. Traina, Le medaglie e le monete che hanno fatto l’Italia (1846-1871), Roma 2011.

Ringraziamenti e crediti

Le immagini provengono dall’archivio dello studioso Adolfo Modesti, che ha acconsentito con la consueta cortesia a metterle a disposizione dell’autore. Si ringrazia Filippo De Stefano per la collaborazione nel reperimento delle immagini stesse.