Quante monete, nella serie pontificia, narrano in modo esemplare episodi dei vangeli e di altri testi sacri? Probabilmente è ardua impresa censirle tutte ma, fra queste, oggi vogliamo presentarvene due davvero rare e interessanti che risalgono al pontificato di Gregorio XIII Boncompagni (1572-1585).

Si tratta di un testone per la zecca di Roma, senza data, che Muntoni censisce ai nn. 58-62 del suo repertorio, e di un giulio catalogato al n. 132 caratterizzati dal medesimo rovescio, sul quale vi è la scena in cui un angelo guida Pietro fuori dalla prigione.

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La scena della liberazione di san Pietro su un testone senza data di Gregorio XIII

ME SEQVERE (“Seguimi”) è la legenda che circonda la scena; un’esortazione abbreviata anche nelle varianti ME EQVERE e ME SQVERE che è tratta dagli Atti degli Apostoli (12, 8) in allusione alla miracolosa liberazone di san Pietro.

Rileggiamo quei versetti: “In quel tempo il re Erode cominciò a perseguitare alcuni membri della Chiesa. Fece uccidere di spada Giacomo, fratello di Giovanni. Vedendo che ciò era gradito ai Giudei, fece arrestare anche Pietro.

[…] Mentre Pietro dunque era tenuto in carcere, dalla Chiesa saliva incessantemente a Dio una preghiera per lui. In quella notte, quando Erode stava per farlo comparire davanti al popolo, Pietro, piantonato da due soldati e legato con due catene, stava dormendo, mentre davanti alle porte le sentinelle custodivano il carcere.

L’episodio descritto negli Atti degli Apostoli dipinto da Raffaello Sanzio in Vaticano

Ed ecco, gli si presentò un angelo del Signore e una luce sfolgorò nella cella. Egli toccò il fianco di Pietro, lo destò e disse: ‘Alzati, in fretta!’. E le catene gli caddero dalle mani. L’angelo gli disse: ‘Mettiti la cintura e legati i sandali’. E così fece. L’angelo disse: ‘Metti il mantello e seguimi!’. Pietro uscì e prese a seguirlo […]”.

Al di là dell’ovvia lettura simbolica della scena della liberazione di san Pietro, per cui la fede in Cristo risorto è in grado di liberare gli uomini da ogni catena e prigionia, e in mancanza di elementi di datazione certi per queste monete, possiamo tentare un collegamento con altre coniazioni che recano al rovescio la medesima scena e che fanno memoria della fine del Sacco di Roma del 1527 e della prigionia del papa.

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Il dritto della moneta con il ritratto di papa Gregorio XIII (Ugo Boncompagni)

Su quel quarto di ducato a nome di Clemente VII (Muntoni 29) la scena della liberazione di san Pietro (esiste anche un giulio con lo stesso soggetto, Muntoni 45-50) è abbinata a una legenda che è l’abbreviazione di “Misit Dominus angelum suum et liberavit me de manu Herodis” (“Il Signore mandò il suo angelo e mi liberò dalla mano di Erode”) tratto a sua volta dal capitolo 12 degli Atti (versetto 11).

Potrebbe darsi perciò che a mezzo secolo dai tragici eventi del Sacco di Roma, nel 1577, Gregorio XIII abbia voluto commemorare in moneta la liberazione dell’Urbe e del papa dal giogo dei lanzichenecchi riprendendo il soggetto di quelle monete del suo predecessore (approfondisci qui) e celando, dietro la scena della liberazione di san Pietro, un velato ricordo di quella pagina tremenda nella storia della Chiesa.

Un magnifico giulio di Clemente VII con la scena della liberazione di san Pietro

Una ferita ancora aperta, il Sacco di Roma, impressa nell’Urbe e nella memoria di tante persone, che aveva lasciato segni profondi nella Chiesa tutta; una pagina di storia all’epoca recente che non si poteva menzionare in modo troppo esplicito ma, piuttosto, celare nello scrigno simbolico di quei formidabili mezzi di comunicazione che erano, e sono ancora oggi, le monete.