Massa Marittima: un GETTONE della Società cooperativa di consumo

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Risale forse al 1884 un rarissimo esemplare in nichel del valore di un centesimo di lira relativo al sodalizio creato a Massa Marittina, in Toscana

 

di Massimo Sozzi | Come noto le cooperative di consumo sono società tra consumatori, detti soci, istituite a scopi commerciali (generalmente nel settore alimentare e dei prodotti di uso comune) per ottenere prodotti a prezzi migliori di quelli di mercato, salvaguardando naturalmente l’aspetto qualitativo dei prodotti e dei servizi.

I soci sono a tutti gli effetti i proprietari della cooperativa e coloro che prevalentemente fanno acquisti nel o nei punti vendita della cooperativa distribuiti su un determinato territorio. Oggi, per iscriversi all’Albo nazionale degli enti cooperativi e godere delle agevolazioni esistenti, una cooperativa deve avere almeno 50 soci. Si tratta di imprese riconosciute come democratiche, con aspetti solidaristici e mutualistici.

L’avvio del moderno movimento cooperativo viene fatto risalire alla fondazione di quella che è considerata la prima cooperativa di consumo, la Rochdale equitable pioneers society, in italiano, la Società dei Probi Pionieri di Rochdale, istituita nel 1844 nei dintorni di Manchester, in Inghilterra, da 28 addetti del settore tessile che alla fondazione versarono una sterlina a testa per formare un capitale che servì per avviare l’attività. In realtà, in precedenza vi erano state altre esperienze associative di carattere cooperativistico ma quella di Rochdale fu la prima che ebbe successo e per questo fu molto imitata.

Gettone in rame da 5 centesimi della Società cooperativa di Rovezzano, Firenze: quello dei gettoni di cooperative è uno dei settori di studio e collezionismo meno esplorati e più curiosi
Gettone in rame da 5 centesimi della Società cooperativa di Rovezzano, Firenze: quello dei gettoni di cooperative è uno dei settori di studio e collezionismo meno esplorati e più curiosi

A proposito dei Probi Pionieri di Rochdale nel suo lavoro Studi di genere alimentare. Le cooperative di consumo in provincia di Bologna (1915-1945), pubblicato su internet, Tito Menzani afferma: “Nei propositi dei fondatori il negozio avrebbe dovuto fare concorrenza agli spacci gestiti dai negozianti privati che si erano accordati per tenere alti i prezzi. Non solo, ma molti di loro cercavano di incrementare i profitti adulterando le merci vendute, ad esempio allungando la farina con polvere di roccia caolina. Questi comportamenti non solo erano delle truffe a discapito del consumatore, ma spesso provocavano veri e propri danni alla salute. Di qui l’idea dei 28 Probi Pionieri di associarsi per aprire un proprio emporio, all’insegna della qualità dei prodotti commercializzati e della convenienza in fatto di prezzi.

Si trattava della base del moderno cooperativismo, che divenne un modello imitato in altre realtà, prima anglosassoni, poi europee, ed infine extraeuropee, con applicazioni anche in ambiti economici differenti, come l’agricoltura, la manifattura, il credito, i servizi all’impresa e alla persona”.

A sinistraa Piazza Duomo a Massa Marittima, in provincia di Grosseto, nel giorno del Balestro del girifalco; a destra un particolare del Palazzo del podestà della città toscana
A sinistraa Piazza Duomo a Massa Marittima, in provincia di Grosseto, nel giorno del Balestro del girifalco; a destra un particolare del Palazzo del podestà della città toscana

Prosegue Menzani: “In Italia la prima cooperativa di consumo aprì i battenti nel 1854, a Torino. Nell’Ottocento la cooperazione italiana produsse numerose esperienze di valore e in età giolittiana ebbe un ulteriore sviluppo, tanto che questo periodo è stato definito ‘epoca d’oro della cooperazione’. Tuttavia, erano soprattutto certe regioni centro-settentrionali a mostrare vocazione cooperativistica, e tra queste in particolar modo l’Emilia-Romagna, che nel corso del XX secolo si è definitivamente consacrata culla della cooperazione italiana”.

A proposito delle società cooperative di consumo del nostro paese, all’indomani dell’Unità d’Italia, Carlo De Cesare, nel suo lavoro Il sindacato governativo, le società commerciali e gli istituti di credito nel Regno d’Italia (Firenze 1869, p. 52) sottolineava: “Il numero delle Società cooperative di consumo già approvate ed in esercizio è per ora in Italia di otto, altre sono in via di formazione, e parecchie avranno tra breve l’autorizzazione governativa.

Quelle già autorizzate ed in esercizio sono: (1) il Magazzino cooperativo del popolo di Piacenza; (2) Idem di Vicenza; (3) Idem di Venezia; (4) la Società cooperativa popolare di Castellamare di Stabia; (5) la Società cooperativa di consumo pel popolo di Firenze; (6) la Società cooperativa di consumo in Massa Marittima; (7) la Società cooperativa di consumo in Treviso; (8) la Società cooperativa degli operai di Bologna.

A sinistra uno dei vicoli medievali di Massa Marittima; a destra la copertina del volume edito sulla storia del cooperativismo a Massa Marittina nella seconda metà del XIX secolo
A sinistra uno dei vicoli medievali di Massa Marittima; a destra la copertina del volume edito sulla storia del cooperativismo a Massa Marittina nella seconda metà del XIX secolo

Le Società i di cui Statuti potrebbero servire di modello ad altre da istituirsi sono quelle degli operai di Bologna e del Magazzino cooperativo pel popolo di Piacenza, e più di ogni altra la Società cooperativa di consumo in Massa Marittima.

I caratteri prevalenti delle società cooperative di consumo in Italia sono questi: per lo più sono istituzioni fondate per mezzo di Società anonime commerciali e sottoposte al diritto comune; il valore delle azioni sociali è pel solito di L. 20. Le quali sono pagabili anche in più rate; una parte dell’utile sociale, per esempio un 20, un 40, od un 50 per cento è riservato pei consumatori socj o non socj, e viene ad essi distribuito in proporzione delle compre fatte allo stabilimento o magazzino sociale. Il valore dei generi comprati è costatato in varie guise ma più comunemente dai gettoni consegnati al consumatore nell’atto dell’acquisto dei generi, i quali gettoni segnano un valore eguale a quello reale della compra; il consumatore non socio è abilitato e talvolta anche obbligato a divenire socio senza sborsare alcuna somma. Ciò accade convertendo in una azione sociale gli utili che gli toccano, quando però han raggiunto la cifra eguale al valore dell’azione”.

Il rarissimo gettone da un centesimo della Società cooperativa di consumo di Massa Marittima, una delle prime riconosciute ufficialmente a livello nazionale in Italia nel secondo Ottocento
Il rarissimo gettone da un centesimo della Società cooperativa di consumo di Massa Marittima, una delle prime riconosciute ufficialmente a livello nazionale in Italia nel secondo Ottocento

Riteniamo che non sia questa la sede per parlare della storia della Società cooperativa di consumo di Massa Marittima nella seconda metà dell’Ottocento, rimandiamo pertanto gli interessati al libro La cooperazione di consumo a Massa Marittima. 1867-1900 (Coop La Proletaria, 1987) scritto da vari autori.

Ci preme invece presentare il raro gettone della Società di consumo di Massa Marittima. Questi gettoni, come abbiamo potuto apprendere, venivano dati al socio consumatore al momento dell’acquisto dei generi di consumo, in quantità tale da uguagliare il valore degli acquisti fatti, valore che aveva il suo peso al momento della divisione degli utili.

Al D/ nel giro SOCIETÀ COOPERATIVA DI CONSUMO★ MASSA MA ★, nel campo: 1| CENTMO. Al R/ 1 | CENTESIMO. Bordo circolare rilevato; contorno liscio; senza data (c’è chi ritiene 1884). Il gettone è in nichel, peso g 2,2 e diametro mm 18 per uno spessore di mm 1,2. Una tipologia oggi rarissima, di cui quest’esemplare è stato reperito in collezione privata.