Veniva completato nel 1931 il rinnovamento della Stazione centrale di Milano e due medaglie celebravano la sua magnificenza architettonica

 

di Roberto Ganganelli | Centoventi milioni di persone all’anno – se escludiamo il 2020, funestato dalla pandemia di Covid19 – transitano in media dalla Stazione centrale di Milano, secondo scalo ferroviario italiano dopo Termini. Un luogo simbolo del capoluogo lombardo che veniva inaugurato, nella sua maestosa forma attuale, il 1° luglio del 1931.

Novant’anni fa si concludeva un lungo percorso di ammodernamento, progettazione ed edificazione la cui genesi risale al 1898, quando venne nominata un’apposita commissione chiamata a dare a Milano uno scalo ferroviario all’altezza dei tempi a venire e del progresso sociale ed industriale che stava investendo la città e la Lombardia.

Una bella cartolina "panoramica" che mostra la Stazione centrale di Milano il 1° luglio 1931, nel giorno dell'inaugurazione
Una bella cartolina “panoramica” che mostra la Stazione centrale di Milano il 1° luglio 1931, nel giorno dell’inaugurazione

Già ad inizio XX secolo erano circa cinque i milioni di passeggeri annui che utilizzavano la Stazione centrale e, quella che venne pensata dall’architetto Ulisse Stacchini come “la cattedrale del movimento” doveva rappresentare, oltre a uno snodo efficiente, anche un maestoso biglietto da visita per quanti – italiani e stranieri – giungevano a Milano.

In polemica con il regime, il cardinale Schuster "disertò" la cerimonia di inaugurazione della Stazione centrale
In polemica con il regime, il cardinale Schuster “disertò” la cerimonia di inaugurazione della Stazione centrale

Così, la testa dei ventiquattro binari venne protetta da sette enormi arcate, di cui quella centrale avente una luce di ben 72 metri, e a questo impianto di ispirazione tedesca – ad ispirarlo furono le stazioni di Lipsia e Stoccarda – venne abbinato un imponente edificio di servizio, monumentale nei suoi spazi come nell’aspetto esterno, ricco di marmi e pavimenti a mosaico tuttora visibili.

Il 1° luglio del 1931, già piena era fascista, la Stazione centrale fu inaugurata con una solenne cerimonia; tuttavia, per quanto Mussolini avrebbe voluto tagliare di persona il nastro di quest’opera, così importante per la propaganda di regime, a rappresentare il governo italiano fu Costanzo Ciano, all’epoca ministro delle Comunicazioni.

Certo, due anni prima era stato firmato il Concordato ma i rapporti tra Stato e Chiesa non erano ancora del tutto “normalizzati” anche perché a Milano, nel 1931, era arcivescovo il cardinale Ildefonso Schuster che, per protesta contro le pressioni fasciste rivolte all’Azione Cattolica, decise di inviare monsignor Giacinto Tredici, vicario dell’arcidiocesi, a benedire l’opera. Offeso da questo “sgarbo”, Mussolini a sua volta decise di rimanere a Roma e la Stazione centrale di Milano, rinnovata e pronta ad accogliere il futuro, aprì i battenti senza che il duce potesse concedersi l’ennesimo bagno di folla e godere di un ulteriore successo personale.

Il dritto di uno dei rarissimi esemplari in oro della medaglia coniata per l'inaugurazione della Stazione centrale di Milano: un "merletto" di incisione appena accennata su cui spiccano, in rilievo, i grandi archi dello scalo ferroviario
Il dritto di uno dei rarissimi esemplari in oro della medaglia coniata per l’inaugurazione della Stazione centrale di Milano: un “merletto” di incisione appena accennata su cui spiccano, in rilievo, i grandi archi dello scalo ferroviario

Un successo, anzi un capolavoro, fu invece la medaglia che lo Stabilimento Johnson realizzò per l’occasione: si tratta di una coniazione del diametro di 50 millimetri che, realizzata in oro, argento e bronzo, venne omaggiata alle personalità intervenute. A inciderne i coni fu Emilio Crippa, che negli anni Sessanta avrebbe firmato anche le due medaglie per i 75 anni della Società numismatica italiana e della RIN.

"Era di Cristo" ed "Era dei fasci": un abbinamento che non sarà certo stato apprezzato dall'arcivescovo di Milano
“Era di Cristo” ed “Era dei fasci”: un abbinamento che non sarà certo stato apprezzato dall’arcivescovo di Milano

Il rovescio, estremamente formale e ben poco artistico, riporta la legenda REGNANDO VITTORIO EMANUELE III DVCE DEL FASCISMO BENITO MVSSOLINI e le date ANNO MCMXXXI ERA DI CRISTO ANNO IX DELL’ERA DEI FASCI con in alto lo stemma sabaudo (già “ingabbiato” dai fasci littori) e in basso due rametti di quercia e d’ulivo.

Il dritto, invece, sebbene due grandi fasci in esergo ribadiscano i meriti del regime nel completamento dell’opera, è occupato da un’invenzione artistica a dir poco geniale:  i cinque fornici monumentali di ingresso dei binari sono, di fatto, l’unico elemento modellato in forte rilievo; viceversa l’intreccio delle rotaie, le facciate di testa, il profilo dell’edificio e quello del duomo di Milano vengono delineati dal Crippa come una delicata trama dal rilievo appena accennato.

La seconda medaglia, quella "popolare", coniata a commemorazione del grande evento milanese del 1931
La seconda medaglia, quella “popolare”, coniata a commemorazione del grande evento milanese del 1931

Ne scaturisce una medaglia non certo immediata, ma indubbiamente modernissima e dalla spiccata “personalità” che, ancora oggi, suscita meraviglia fra i collezionisti come suscita stupore, ogni volta, entrare sotto quelle arcate così maestose che hanno segnato l’inizio e la fine di innumerevoli viaggi.

La Stazione centrale milanese è capolinea di circa cinquecento treni al giorno e vede il transito di centianaia di migliaia di persone
La Stazione centrale milanese è capolinea di circa cinquecento treni al giorno e vede il transito di centianaia di migliaia di persone

Per l’inaugurazione del 1931 vide la luce anche una seconda medaglia: stavolta si tratta di un “souvenir” con cambretta e anello portativo sul cui dritto è raffigurata la facciata della stazione verso l’attuale piazza Duca d’Aosta con la legenda NVOVA STAZIONE DI MILANO; al rovescio lo stemma Savoia, i fasci, le date e i nomi del re e del duce. Coniata nel diametro di 32 millimetri, in bronzo argentato, non è firmata ma non è improbabile che, al pari della prestigiosa “sorella maggiore”, anche questa coniazione sia uscita dal bulino di Emilio Crippa e dalle presse della storica ditta Johnson.