Quella apparente serenità imperiale nei solidi di Giustino I

Dwfinito "sempliciotto" e perfino "villano" dalle cronache del tempo, incapace di governare, fu di fatto una marionetta nelle mani del nipote Giustiniano

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Quella apparente serenità imperiale nei solidi di Giustino I

di Luca Mezzaroba | Esattamente millecinquecento anni fa, a Costantinopoli, un attempato comandante della guardia di origini illiriche era inaspettatamente nominato sovrano del più potente e ricco Stato del bacino del Mediterraneo: l’Impero romano d’oriente. Il nome di questo ufficiale era Giustino e le scelte che egli prese, o fu indotto a prendere, durante il suo regno, si sarebbero rivelate decisive per il destino stesso dell’impero.

Giustino I era nato a Bederiana (un villaggio presso l’attuale Skopje) da una famiglia di contadini e aveva iniziato la sua carriera militare a Costantinopoli verso il 470. Al momento della sua elezione Giustino I (518-527) aveva all’incirca sessantotto anni e da quasi quaranta militava nella guardia imperiale, nella quale si era affermato grazie alla sua prestanza fisica. Sfortunatamente di questo sovrano non sono pervenute rappresentazioni figurative coeve; è necessario dunque volgersi alla monetazione emessa sotto il suo governo per ottenere delle indicazioni più precise e credibili. Questa operazione, come si vedrà, riserva però delle sorprese, che sarà possibile comprendere solo andando al di là dell’apparente statica idealizzazione delle raffigurazioni imperiali.

Le monete di Giustino I, ed in particolare i suoi solidi, sembrano infatti riprodurre in modo stabile e invariato l’iconografia dei suoi predecessori: al dritto il sovrano, lievemente girato verso destra, indossa il consueto abito militare comprendente corazza ed elmo, regge nella mano sinistra lo scudo e nella destra la lancia, che tiene appoggiata sulla spalla; oltre a questo, anche le iscrizioni mostrano le stesse caratteristiche delle monete dei sovrani precedenti, sia nei titoli che nelle abbreviazioni

Solido di Giustino I (518-527) con al rovescio raffigurazione frontale di una Vittoria ormai trasformata in un angelo (oro, g 4,40; mm 20; h 6)
Solido di Giustino I (518-527) con al rovescio raffigurazione frontale di una Vittoria ormai trasformata in un angelo (oro, g 4,40; mm 20; h 6)

Leggere variazioni appaiono invece nel rovescio della moneta d’oro in cui, diversamente dai solidi prodotti fino a quel momento, la figura alata centrale non deve essere più identificata come una Vittoria di chiara ispirazione pagana ma come un Angelo, interamente rivestito di una clamide e accompagnato da simboli specificamente cristiani.

Solido di Anastasio I (491-518) con la rappresentazione della Vittoria che regge la croce (oro, g 4,41; mm 20; h 6)
Solido di Anastasio I (491-518) con la rappresentazione della Vittoria che regge la croce (oro, g 4,41; mm 20; h 6)

In effetti, oltre ad essere completamente frontale, e non più rivolta verso destra, la figura perde qualsiasi connotazione femminile, regge con la destra la croce (anche se tale innovazione era già presente nei solidi degli immediati predecessori di Giustino I), e, soprattutto, tiene nella mano sinistra un globo crucigero.

Particolare della Vittoria/Angelo nel rovescio del solido di Anastasio I (a sinistra) e di Giustino I (a destra)
Particolare della Vittoria/Angelo nel rovescio del solido di Anastasio I (a sinistra) e di Giustino I (a destra)

Tralasciando per il momento l’innovazione dell’Angelo, dunque, i solidi di Giustino I ripropongono esattamente i canoni dell’iconografia imperiale; dall’impersonale e quasi ieratico volto del sovrano, agli abiti, tutto rinvia alla tradizione precedente e alla ferma volontà che il potere del sovrano derivi direttamente da Dio e che la sua corte sia una rappresentazione terrena di quella celeste.

Questa apparente, perfetta armonia nascondeva in realtà una situazione ben diversa: Giustino infatti era molto lontano dall’essere quel sovrano ideale che appariva nelle monete e il suo regno, fin dal giorno della sua elezione, non fu certo specchio di quello divino. Come già accennato, Giustino non aveva mai manifestato particolari abilità di governo; alla morte di Anastasio I tuttavia egli si trovò improvvisamente coinvolto nei tumultuosi eventi che da sempre seguivano la morte di un sovrano a Costantinopoli. Non essendoci partenti in grado di rivendicare il trono, fu compito del Senato scegliere il nuovo sovrano e, mentre le guardie imperiali si riunivano nel palazzo, il popolo che attendeva all’Ippodromo diventava sempre più impaziente.

Ben presto fu chiaro che i senatori non riuscivano a trovare un accordo, a questo punto i diversi reparti della guardia iniziarono a presentare come candidati i loro ufficiali o dei patrizi, nomandoli direttamente e pretendendo che venissero incoronati, ma ottenendo sempre un rifiuto dai custodi delle insegne imperiali. Questa grottesca situazione si protrasse per molto tempo e rischiò di degenerare quando alcuni soldati aggredirono l’ennesimo candidato, che fu salvato solo grazie all’intervento del giovane Giustiniano, nipote di Giustino e anch’egli ufficiale. Da ultimo, per evitare possibili rivolte popolari, il senato scelse proprio Giustino come sovrano: tale scelta non fu però approvata all’unanimità, dato che, come attesta il funzionario di corte Pietro Patrizio (Sulla scienza politica, 91), un soldato osò colpire con un pugno il nuovo imperatore che poté indossare le vesti regali solo sotto la protezione dagli scudi dei suoi sostenitori.

Da quanto visto, dunque, l’elezione di Giustino fu particolarmente turbolenta; in secondo luogo già gli autori contemporanei nutrivano seri dubbi sulle capacità dell’imperatore e ritenevano che le vere decisioni fossero prese dal suo nipote preferito, il già citato Giustiniano: “era un gran sempliciotto che non sapeva assolutamente parlare, i suoi modi, quelli di un villano”, così, nelle sue Storie segrete (VI, 18), lo descrive Procopio, il quale nutriva seri dubbi persino sul fatto che il sovrano sapesse scrivere.

Appare dunque improbabile che Giustino sia il vero autore, nei primi anni del suo regno, della trasformazione della Vittoria in Angelo sul rovescio del solido; del resto, tale figura appare ancora con le caratteristiche “tradizionali” in varie monete auree di questo imperatore.

Solido di Giustino I con la raffigurazione tradizionale della Vittoria (oro, g 4,38; mm 20; h 6)
Solido di Giustino I con la raffigurazione tradizionale della Vittoria (oro, g 4,38; mm 20; h 6)

La trasformazione dunque va più probabilmente attribuita al processo in atto di abbandono di ogni legame con il paganesimo da parte di uno stato ormai del tutto cristiano. Per lo stesso motivo è difficile attribuire a Giustino I la responsabilità del cambiamento di politica religiosa di netta opposizione al monofisismo, sostenuto invece da Anastasio I.

Ancora irrisolta rimane invece la questione dell’influenza del nipote Giustiniano sulla politica dello zio; se è certa la sua ispirazione per la legge riguardo ai matrimoni con donne di ceto inferiore, non è sicura la sua intromissione in tutte le scelte politiche di Giustino; al contrario è evidente che il sovrano aveva capito le potenzialità del nipote prediletto: proprio per questo motivo gli aveva garantito un’ottima istruzione e una rapida ascesa politica.

Comunque siano andate le cose, fu una decisione di Giustino quella di adottare e infine associare ufficialmente al trono il nipote (per la verità molto tardi, solo il I aprile 527); tale scelta fu chiaramente dettata dalla volontà di garantire una tranquilla e sicura successione al trono, cosa che si verificò effettivamente solo cinque mesi dopo.

Memore di quanto era a lui stesso accaduto, dunque, Giustino si dimostrò molto più accorto di tanti altri imperatori; proprio a tal fine egli sfruttò, o fu indotto a sfruttare, ancora una volta una delle armi più potenti della politica imperiale: la propaganda attraverso le monete. Completata l’adozione e la nomina di Giustiniano, infatti, iniziarono a circolare dei nuovi solidi che, tenendo invariato il rovescio e le abbreviazioni, mostravano al dritto i due sovrani uniti nel governo. Anche in questa occasione l’iconografia non si distacca dai canoni consolidati fin dal secolo precedente: i due imperatori, a figura intera, sono nimbati e seduti in trono, la loro mano destra regge un globo crucigero mentre l’altra è stretta sul petto; come di prassi, Giustino e Giustiniano hanno abbandonato gli abiti militari e questa volta indossano quelli civili formati dalla clamide e dal divitision (la prima era una veste color porpora mentre la seconda una tunica bianca), per indicare a tutto lo Stato la volontà della trasmissione del potere all’interno della famiglia.

Solido di Giustino I e Giustiniano I (527) con la raffigurazione della Vittoria definitivamente trasformata in Angelo (oro, g 4,35; mm 20; h 6)
Solido di Giustino I e Giustiniano I (527) con la raffigurazione della Vittoria definitivamente trasformata in Angelo (oro, g 4,35; mm 20; h 6)

Osservando la ieratica serenità e il senso di sicurezza che promanano dall’immagine dei due imperatori affiancati, risultano ancora una volta confermate le straordinarie capacità di persuasione e, talvolta, di mistificazione insite in un oggetto tanto diffuso come la moneta; ma ci piace pensare che, almeno in questo caso, la soddisfatta espressione di Giustino I per la scelta operata rispondesse a realtà.

Per saperne di più: P. Grierson, Bizantine coins, London-Berkeley 1982 | C. Morrison, Byzance et sa monnaie. IV-XV siècle, Lethielleux 2015 | G. Ostrogorsky, Storia dell’Impero Bizantino, Torino 1968 | Procopio, Storie segrete, a cura di F. Conca, Milano 1996 | G. Ravegnani, Imperatori di Bisanzio, Bologna 2008