Una moneta estense per una CROCIATA da OPERETTA

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Nel 1566 Alfonso II arma le truppe per dar la crociata voluta da Massimiliano II d’Asburgo: peccato che il tutto si risolverà in un’operazione di immagine

 

di Roberto Ganganelli | Nel 1566 la Dieta imperiale di Augusta ratificava la creazione di una nuova Lega cristiana, voluta da Massimiliano II d’Asburgo per contrastare la pressione ottomana sul fronte balcanico ungherese. Enfaticamente denominata “crociata”, la campagna militare fu sostanzialmente di tipo difensivo, al confine orientale della cosiddetta “Ungheria Reale”.

Pochi scontri e lunghe tregue per un conflitto che ha offerto agli studiosi di storia militare ben pochi spunti. L’esercito dell’imperatore Massimiliano aveva infatti, come principale obiettivo, la salvaguardia dei confini ungheresi evitando battaglie campali. E così fu anche perché il morale ottomano venne ben presto incrinato dalla morte, all’inizio di settembre, di Solimano il Magnifico.

Alfonso II d’Este in un ritratto in età avanzata: fu l’ultimo duca di Ferrara

Sta di fatto che, come ogni crociata, anche quella del 1566 scatenò fra grandi e piccoli signori d’Europa una corsa alla partecipazione e, in Italia, anche Alfonso II d’Este (1533-1597) duca di Ferrara, Modena e Reggio sul trono dal 1559 decise che era ora di ritagliarsi una fetta di gloria sui campi di battaglia.

Arruolò così circa 4000 armati e decise di guidarli personalmente al fronte, sconfessando il tradizionale atteggiamento “tiepido” mostrato dagli Este in altre spedizioni. Del resto, Alfonso e Massimiliano erano di fatto cognati e il duca aveva impegnato fior di intellettuali per l’inventio di una genealogia per Casa d’Este, non priva di voli pindarici e autentiche galsificazioni, che mostrando un rapporto col mondo germanico permettesse agli Estensi di farsi considerare “duchi dell’Impero di prima classe”.

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Medaglia post 1559 con ritratto di Alfonso II e l’aquila estense coronata: si tratta di una fusione in bronzo opera di Giambattista Cambi detto “il Bombarda”

Questa tendenza a creare un’immagine diversa dalla realtà la troviamo anche in occasione della “crociata” del 1566: i 4000 soldati sarebbero infatti stati non più di 2000 di cui 300 gentiluomini a cavallo con altrettanti paggi – di fatto, ininfluenti sul piano militare –, 600 archibugieri e, per il resto, fanti, avventurieri e personale di supporto (servitori, cuochi e così via).

Sta di fatto che l’avventura di Alfonso II d’Este trascorse in gran parte fra preparativi e spostamenti; l’impegno militare fu blando e durò per poche settimane. A metà ottobre Alfonso II iniziò a organizzare il piano di rientro con un itinerario che lo avrebbe portato in visita ai maggiori dignitari tedeschi, tra cui il duca di Baviera e il principe palatino, per giungere poi in pompa magna alla corte di Vienna.

Un primo esemplare di cavallotto per la zecca di Reggio Emilia con ritratto corazzato del duca e una pariglia di cavalli al galoppo

E mentre a Ferrara aumentavano le tasse, il grosso della spesa per contrastare gli ottomani veniva riversato nell’ingresso e nella permanenza a Vienna. Una messa in scena senza alcun reale spirito guerriero per un esercito impreparato a combattere contro l’infedele; un esercito “da parata”, un corteo di figuranti per una crociata “di carta”.

E pensare che dopo la spedizione sarebbe anche stata coniata e messa in circolazione una pomposa moneta celebrativa – un raro cavallotto battuto a Reggio Emilia senza data e con date 1567 e 1568 – sul quale al dritto appare il mezzo busto del duca (ovviamente corazzato) e al rovescio una pariglia di cavalli al galoppo con le parole latine CALCABITVR ASPER PHASIS EQVO.

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Un secondo esemplare con ritratto diverso della moneta che celebra la partecipazione (tutt’altro che bellicosa) del duca alla crociata del 1566

“Sarà calcato dal cavallo il vorticoso Fasi”: parole di Claudiano (Contro Rufino, 1, 375) e che ci riportano alla mitologia greca. Fasi è infatti il fiume che anticamente rappresentava il confine tra Europa e Asia e il cui nome deriva dal mitico principe della Colchide tramutato da Teti in fiume, perché insensibile al suo amore.

Il motto nella moneta estense alluderebbe dunque alla “pseudo crociata” contro i Turchi, quella spedizione alla quale, senza infamia e senza lode ma ammirato da tutti per il suo esercito da operetta, Alfonso II aveva voluto prendere parte.