Teodora e Michele III, madre e figlio, nel IX secolo segnano la storia di Bisanzio e qualche verità su di loro ce la svelano, ovviamente, anche le monete…

 

di Luca Mezzaroba | Dei sovrani che si succedettero lungo la millenaria storia dell’Impero bizantino, alcuni furono considerati già dai contemporanei come grandi personaggi, artefici di straordinarie imprese nei campi più diversi (basti pensare ad esempio a Giustiniano I o Basilio II), altri invece, come Foca o Andronico I Comneno, furono colpiti da condanne senza appello, finendo per essere ricordati come autentici tiranni.

Un caso decisamente particolare, che fatica non poco ad essere inserito nell’una o nell’altra categoria, è quello di Michele III (842-867); per lungo tempo infatti questo sovrano, in contrapposizione alla figura della madre Teodora, riconosciuta santa dalla chiesa ortodossa, rientrò senza particolari problemi nella lista dei “cattivi” a causa della spietata propaganda degli storici fedeli alla dinastia Macedone, fondata dal suo stesso assassino, che lo presentava come un semplice “ubriacone” privo di qualsiasi capacità.

In questo breve contribuito cercheremo di presentare le figure di Michele III e di Teodora alla luce delle più oggettive considerazioni moderne e per farlo ci serviremo della loro monetazione. Pur essendo, per loro stessa natura, emanazione diretta del potere, e dunque “di parte”, le monete hanno il vantaggio di riflettere la situazione del momento in cui vennero realizzate; questo dunque libera la rappresentazione dei sovrani dalle rielaborazioni letterarie di autori successivi (interessati a mettere in cattiva luce determinati personaggi a causa degli eventi storici posteriori) e ci permetterà di presentare i personaggi in modo sicuramente più diretto.

Solido di Teofilo (classe III) con il padre Michele II e il figlio Costantino. Oro, g 4,45; mm 19; h 6

Michele III era dunque figlio di Teodora e dell’imperatore Teofilo (829-842), ricordato soprattutto per la sua grande passione per il mondo arabo (contro cui comunque fu costretto a combattere spesso) e soprattutto per il suo tentativo di riportare in auge l’eresia iconoclasta anche con mezzi decisamente brutali (a questo proposito basterà ricordare la punizione riservata a due noti religiosi ortodossi che furono marchiati a fuoco).

Questo atteggiamento religioso di Teofilo emerge chiaramente anche nei suoi solidi; la classe III infatti mostra al dritto la figura del sovrano rivestito di clamide e con alcune importanti insegne del potere (l’akakia e la croce patriarcale) mentre il rovescio presenta le figure di parenti defunti del sovrano, vale a dire il padre Michele II (più grande e barbuto) e il figlio Costantino (più piccolo e senza barba) nominato co-imperatore ma morto molto giovane. Queste scelte iconografiche in effetti richiamano da vicino quelle presenti nelle monete della dinastia isaurica, artefice della prima grande crisi iconoclasta nell’VIII secolo.

La politica religiosa di Teofilo, tramandata, nella Vita di Teodora (cap. 4), come “eresia empia, perversa, malvagia e rovinosa per l’anima del Copronimo [cioè Costantino V], folle e tre volte maledetto e dei suoi simili, bestiali nei nomi e nelle abitudini [vale a dire Leone III e Leone V, tutti sovrani iconoclasti]”, era in ogni caso destinata a fallire sia per la scarsa presa che ormai esercitava sul popolo sia per lo stesso atteggiamento di altri esponenti della famiglia imperiale, autentici campioni dell’ortodossia, come l’imperatrice Teodora.

In questa sede non possiamo analizzare la figura di Teodora né tanto meno possiamo soffermarci sulle numerose vicende legate al suo culto; sarà quindi sufficiente ricordare un paio di episodi che, pur sottolineando aspetti legati alla santità del personaggio (la mansuetudine, la religiosità e la sopportazione) mostrano in realtà come la sovrana fosse una donna estremamente decisa e capace di sopravvivere in un ambiente di corte a lei ostile. Nella Vita di Teodora si racconta come la santa, convocata a palazzo con altre fanciulle per essere esaminata da Teofilo che cercava moglie (si tratta dei famosi concorsi di bellezza imperiali), superò le altre concorrenti grazie alla propria mitezza, riconsegnando al sovrano la mela che le era stata data in dono e aggiungendone un’altra, ricordando a tutti la parabola dei talenti. In un’altra occasione Teodora, ormai imperatrice, fu quasi scoperta dal marito ad adorare delle icone ma riuscì a salvarsi dicendo che in realtà stava guardando le sue bambole, menzogna che a noi potrebbe sembrare del tutto ridicola ma che, secondo le fonti, bastò a placare l’ira di Teofilo.

Solido di Teofilo (classe IV) con la moglie Teodora e le figlie Tecla, Anna e Anastasia. Oro, g 4,41; mm 21,5; h 6

Al di là dell’aspetto agiografico, i racconti testimoniano come Teodora non solo fosse riuscita a mantenere saldo il suo ruolo di sovrana ma anche come, di fatto, fosse riuscita ad avere un certo ascendente sul marito. Tutto questo è confermato di nuovo dalla monetazione: alcuni rari solidi celebrativi di Teofilo (classe IV) mostrano infatti al dritto il sovrano (in posizione centrale e rivestito della clamide) affiancato dalla moglie (a destra) e dalla figlia Tecla (a sinistra) entrambe con corona, pendilia e loros, mentre al rovescio appaiono le altre figlie del basileus, Anna e Anastasia, vestite anch’esse con corona e loros.

Santa Teodora in una miniatura del Menologio di Basilio II (X secolo)

L’iconografia del tutto diversa dalla tipologia “iconoclasta” costituisce di fatto un’anticipazione di quanto avverrà alla morte di Teofilo che, venuto a mancare improvvisamente nell’842, lasciava dietro di sé un unico erede maschio, Michele III appunto, di appena due anni. Questa situazione fu abilmente sfruttata da Teodora che, divenuta reggente per il giovane figlio, iniziò a lavorare con il fedele ministro Teoctisto al ripristino dell’ortodossia, cosa che si verificò puntualmente appena un anno dopo (11 marzo 843). La definitiva condanna dell’iconoclastia, ricordata ancora oggi nel mondo orientale con la Festa dell’ortodossia, costituì la più importante vittoria di Teodora e segnò la premessa per la sua santificazione.

Il trionfo di Teodora e il suo totale controllo sulla politica imperiale è testimoniato puntualmente dalla monetazione: risale proprio a questi primi anni del suo governo un solido raffigurante al dritto la stessa sovrana, rivestita di un ricchissimo loros e adorna dalle tipiche insegne della regalità (la corona con pendilia, il globo crucigero nella destra, una croce nella sinistra), mentre il figlio Michele III, raffigurato ancora con sembianze infantili, è relegato al rovescio e affiancato dalla sorella Tecla. Pur rispettando tutte le rigide norme di precedenza tipiche del mondo bizantino, (Tecla, incoronata augusta, sta a destra e Michele III occupa la sinistra, vale a dire il posto di maggior prestigio) è tuttavia evidente come Teodora fosse di fatto la sola e unica detentrice del potere.

Solido di Michele III con la madre Teodora (al dritto) e Tecla (al rovescio). Oro, g 4,18; mm 20; h 6

Nel periodo della sua reggenza in effetti, Teodora non rimase certo inattiva: la riabilitazione del defunto marito (narrata in un lungo passo della sua Vita e presentato come un autentico miracolo, frutto delle preghiere e delle visioni della sovrana che avrebbero convito Teofilo alla redenzione in punto di morte) costituisce in realtà un tentativo di legittimazione.

Oltre a questo, l’imperatrice fu artefice di una spietata persecuzione contro gli eretici pauliciani ma soprattutto di una lotta sempre più aspra con il giovane Michele III, a cui non voleva lasciare il potere. Il conflitto con il figlio rappresentò il problema più grave per Teodora e il suo inasprimento portò infine alla sconfitta della sovrana, la quale fu prima privata del fedele Teoctisto (fatto uccidere da Michele III e dallo zio Barda) e successivamente deposta e relegata in monastero (857).

Solido di Michele III con il Cristo Pantocratore e la madre Teodora. Oro, g 4,41

Mentre le fonti ostili a Michele III ci presentano questo periodo di confronto in toni quasi grotteschi (si ricorda l’occasione in cui Michele fece travestire il buffone di corte con gli abiti patriarcali e, convocata la pia madre, la fece assistere ad un’esibizione decisamente poco decorosa) è ancora la monetazione a fornire la visione sicuramente più realistica ma, allo stesso tempo, più inquietante: i solidi degli anni 843-856 presentano infatti al dritto il Cristo Pantocratore e al rovescio le figure di Michele III, a sinistra, rivestito della clamide, e Teodora, a destra, con il loros; non sembra avere fondamento la teoria secondo cui, nella rappresentazione monetaria, il loros risultasse superiore alla clamide. Anche se Michele III occupa la posizione più prestigiosa, l’assenza di insegne chiaramente riferibili alla superiorità di una figura rispetto all’altra e il fatto stesso che Teodora sia rappresentata e indossi una corona implica che il potere era certamente condiviso, causando dunque una situazione di irrimediabile conflittualità.

Con l’uscita di scena di Teodora, in ogni caso, ha inizio il regno vero e proprio di Michele III: come già anticipato, le fonti successive, a lui ostili, ci presentano questi anni, ma soprattutto la stessa figura del sovrano, in toni fortemente negativi, dipingendolo come un debosciato dedito all’alcool e a comportamenti del tutto disdicevoli: “La sua passione di fare l’auriga era senza dubbio patologica e non si tratta della peggiore delle offese contro la decenza. […] Una volta, per strada, si imbatté in una donna del cui figlio era stato padrino. Lei stava tornando dai bagni pubblici e aveva in mano un secchio […] Prendendole il secchio di mano, le disse: «Tutto bene donna. Vorrei che tu mi invitassi in casa tua. Muoio dalla voglia di un po’ di pane nero e un po’ di formaggio appena fatto»”. [la citazione è tratta dalla Cronaca di Teofane Continuato].

A prescindere da queste testimonianze, la storiografia moderna ha fortemente rivalutato sia la figura di Michele III (che, pur caratterizzato da un’indole mutevole e per certi versi poco affidabile, non era in realtà molto diverso da tanti altri imperatori) ma soprattutto il periodo del suo regno. Con l’ascesa di Michele III infatti ha inizio l’età d’oro della storia di Bisanzio, caratterizzato da un rinascita politica, culturale e militare. Non è un caso infatti che, proprio in quegli anni, l’esercito bizantino si lanciasse per la prima volta dopo secoli in azioni offensive contro gli arabi e, soprattutto, che a Costantinopoli venisse fondata l’Università e figure di statura eccezionale quali il patriarca Fozio e i fratelli Costantino (Cirillo) e Metodio iniziassero le loro opere religiose.

Solido di Michele III con il Cristo Pantocratore. Oro, g 4,40

Tale situazione, ancora una volta, si rispecchia nelle monete: oltre al Cristo Pantocratore, che ormai occupa stabilmente il dritto, i bellissimi solidi di Michele III (classe III) propongono infatti al rovescio la figura del sovrano, da solo, rivestito del loros e con importanti simboli della regalità quali la corona e l’akakia mentre il labaro, stretto nella mano destra, costituisce un’interessante innovazione in quanto si tratta della sua prima apparizione in un solido.

L’omicidio di Barda al cospetto di Michele III, in una  miniatura dalla Sinossi della storia di Giovanni Scilitze (XII secolo)

Pur continuando ad essere emessa fino alla fine del regno di Michele III (dall’856 all’867), questa tipologia di solidi non riesce a rispecchiare gli ultimi, convulsi, anni di regno del sovrano. Entrato sempre più in urto con il potentissimo zio Barda, infatti, Michele III si avvicinò ad un personaggio di umili origini, Basilio il macedone, celebre per la sua straordinaria prestanza fisica ma, sfortunatamente per il sovrano, dotato di un’astuzia e di un’ambizione ancora maggiori. Ottenuti importanti incarichi pubblici in un tempo brevissimo, infatti, Basilio riuscì a convincere Michele III della necessità di eliminare Barda; azione che compì, probabilmente di sua mano, nell’865.

Follis di Michele III con Basilio. Bronzo, g 8,58; mm 27; h 6

Tolto di mezzo l’unico ostacolo alla sua ascesa, Basilio riuscì ad ottenere ciò cui aspirava: l’investitura a co-imperatore. Come detto, i solidi non testimoniano tale avvenimento, che invece è ricordato negli ultimi follis di Michele III. L’iconografia di queste monete mostra infatti al dritto il sovrano e al rovescio Basilio: entrambi indossano la corona, il loros e stringono il globo crucigero nella destra e l’akakia nella sinistra.

Forse, alla fine, Michele III intuì ciò che stava per accadere, tanto è vero che iniziò ad avvicinarsi ad un nuovo favorito; questo atteggiamento non fece altro che spingere Basilio all’azione. La notte del 25 settembre 867, Basilio e altri congiuranti penetrarono nella stanza dove Michele III dormiva dopo l’ennesima bevuta e lo uccisero senza alcuna pietà.

Con quest’atto, per il quale anche la storiografia più ostile a Michele III fatica a trovare giustificazioni, ebbe inizio il regno di Basilio I, capostipite della dinastia più gloriosa di Bisanzio. Per quanto la figura di Michele III sia criticabile sotto vari aspetti (su tutti, l’eccessiva fiducia concessa a personaggi quali Barda e Basilio), la sua rappresentazione nelle monete sembra confermare il giudizio degli storici moderni per i quali fu proprio durante il suo regno che l’Impero bizantino diede inizio alla sua epoca più fulgida.