Il mezzo scudo 1706 coniato a Roma, una rarissima “moneta rebus” per un pontefice che, in numismatica, non ha mai lasciato nulla al caso

 

di Roberto Ganganelli | Nella ricca serie numismatica di Clemente XI spicca una moneta di grande rarità, il mezzo scudo d’oro coniato a Roma nel 1706 che Muntoni (volume III), censisce al n. 31. Questa la descrizione: “D/ Tre monti araldici . (s) . ALIIS . DIVES . – Es.: ROMAE. R/ Astro su fascia sopra il mare – (s) VMBRAM . IN . LVCE – Es.: 1706”.

Si noti, innanzi tutto, come l’esatta legenda sia VMBRAM IN LVCEM e non IN LVCE; refuso del Muntoni a parte, il mezzo scudo appare di estremo interesse perché in esso, nell’esiguo diametro dei circa 17 millimetri del tondello (il peso è meno di 2 grammi) l’incisore – probabilmente Ermenegildo Hamerani – è riuscito in una sorta di “gioco di prestigio” scomponendo l’araldica del pontefice e distribuendone gli elementi sulle due facce.

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Lo stemma di Clemente XI Albani impresso in oro sulla rilegatura di un prezioso volume di inizio XVIII secolo

La stella a otto punte, la fascia, i tre monti dello stemma di Clemente XI vengono infatti suddivisi, corredati di elementi ulteriori e abbinati le due legende che – contrariamente a quanto fatto finora dagli studiosi di numismatica – possono essere lette insieme, a parere di chi scrive, svelando un messaggio “criptato” che rende la moneta ancor più intrigante.

Se, infatti, invertiamo dritto e rovescio (almeno, come erano classificati finora), si può innanzi tutto apprezzare una lettura più esatta dell’araldica Albani (dall’alto in basso) e più aderente a quella che ne è la blasonatura: “D’azzurro, alla fascia accompagnata in capo da una stella a otto raggi e in punta da un monte di tre cime, il tutto d’oro”.

La fascia e la stella “in capo”, dunque, indicherebbero il dritto, con data 1706, mentre “un monte di tre cime”, viceversa collocato “in punta”, si collocherebbe sul rovescio con l’indicazione (ROMAE) della zecca.

Il dritto della "moneta rebus" di papa Albani con gli elementi posti "in capo" allo stemma del pontefice
Il dritto della “moneta rebus” di papa Albani con gli elementi posti “in capo” allo stemma del pontefice

Che il dritto sia quello con stella raggiante e fascia è un’ipotesi avvalorata anche un’emissione successiva, un altro mezzo scudo con busto di san Pietro, che risulta  inedito al Muntoni (n. 31 per il D/ e n. 29 per il R/) e che è passato in asta NAC Numismatica Ars Classica n. 104 il 16 dicembre 2017 (lotto 582).

Ssu questa moneta, infatti, ad essere riutilizzato (probabilmente dopo il XVII anno di pontificato, 1716-1717) è proprio il conio – evidentemente, ancora giacente in zecca – con legenda VMBRAM IN LVCEM, lo stesso – peraltro – del mezzo scudo anno XVII al n. 32 del Muntoni che, invece, al D/ reca il ritratto del papa con camauro e, noto in esemplare unico al Medagliere Vaticano, viene censito in bibliografia come un classico esempio di “anacronismo”.

Il rovescio della "moneta rebus" di papa Albani con gli elementi posti "in punta" allo stemma del pontefice
Il rovescio della “moneta rebus” di papa Albani con gli elementi posti “in punta” allo stemma del pontefice

Ciò detto, soffermiamoci sulle legende latine che, scandite nell’ordine qui ipotizzato, formano VMBRAM IN LUCEM | ALIIS DIVES vale a dire, “(Porta) L’ombra alla luce”, o anche “Fa luce nell’oscurità” colui che si fa “Ricco per gli altri”.

Un gioco epigrafico raffinato, nascosto, ma che non stupisce alla luce della vasta cultura del pontefice e della cura che usava riservare ai soggetti delle sue monete, specie quelle più preziose.

Il motto, nella sua composizione, insegna che chi possiede denaro deve usarlo per il bene altrui e che, solo agendo in tal modo, porterà la luce nelle tenebre, vincendo l’avarizia e mettendo a parte i più bisognosi delle proprie ricchezze terrene.

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Il mezzo scudo inedito al Muntoni (ex NAC) che, databile dall’anno XVII del pontificato, riutilizza il conio di dritto di quello del 1706 abbinandolo ad un busto di san Pietro di tre quarti a sinistra

Quale significato attribuire, in questo quadro, agli elementi naturali che corredano l’affascinante stemma “scomposto” di Clemente XI? Il mare, ora sul dritto del mezzo scudo, potrebbe richiamare il colore azzurro dello stemma Albani, ma l’ipotesi appare debole. Meglio leggere questo dettaglio in correlazione col placido terreno su cui poggia il “monte di tre cime” (roccioso, e affatto stilizzato) del rovescio.

Busto in marmo che ritrae papa Clemente XI Albani
Busto in marmo che ritrae papa Clemente XI Albani

Alla luce della legenda “scomposta” sulle due facce, infatti, il mare tempestoso ben si abbina al pericolo,  al bisogno e al senso di instabilità generati dalla povertà delle genti, mentre il terreno erboso diventa simbolo di sicurezza e di fecondo equilibrio per la società e, di riflesso, per la Chiesa.

Tale complessità simbolica non deve stupirci: se, infatti, alcune monete erano destinate a comunicare in maniera immediata il messaggio propagandistico per le quali erano state concepite – tanto che rientrasse nell’ambito della catechesi che della politica estera del papa, o di quella urbanistica o del suo amore per le arti – altre, specie per un personaggio erudito e “sottile” come Gianfrancesco Albani, nascevano con l’intento di celare, almeno in parte, il loro significato lasciando a chi le osservava, posteri compresi, il compito di portarne alla luce il senso.