Sansone, una citazione biblica, una delle più belle monete del Rinascimento italiano: storia e curiosità su un testone ambito da tanti collezionisti

 

a cura della redazione | Si tratta di una delle monete italiane più famose del Rinascimento: parliamo del testone (o quarto) coniato dalla zecca di Ferrara a nome di Alfonso I d’Este (1476-1534), terzo duca della città, di Modena e Reggio dal 1505.

Alfonso I d'Este, duca di Ferrara, Modena e Reggio, in una copia del celebre ritratto che per lui dipinse Tiziano
Alfonso I d’Este, duca di Ferrara, Modena e Reggio, in una copia del celebre ritratto che per lui dipinse Tiziano

Attingendo a quello sterminato patrimonio di notizie su simboli, motti e imprese che rimane tuttora Il linguaggio delle monete di Mario Traina scopriamo qualcosa di più su questa bellissima moneta che, barbuto o imberbe, al dritto reca un finissimo ritratto del duca e al rovescio Sansone elmato con in mano la testa di un leone da cui fuoriescono api, e con davanti un ceppo con un serpente. Attorno, il motto latino DE FORTI DVLCEDO (in alcune varianti DE FORTII DVLCEDO).

“Dal forte il dolce” è la traduzione di queste parole tratte dalla Bibbia, per l’esattezza dal Libro dei Giudici (14,14) ove si legge: “De comedente exivit cibus, et de forti egressa est dulcedo” (“Dal divoratore è venuto il cibo, dal forte il dolce”). Si tratta dell’enigma proposto da Sansone ai Filistei dopo aver visto uscire dalla testa di un leone, che aveva ucciso, uno sciame di api e dopo averne mangiato il miele.

Il testone, o quarto, di Alfonso I d'Este nella versione con busto corazzato e imberbe; al rovescio la scena e il motto biblico con protagonista un elegante Sansone elmato
Il testone, o quarto, di Alfonso I d’Este nella versione con busto corazzato e imberbe; al rovescio la scena e il motto biblico con protagonista un elegante Sansone elmato

Secondo Ravegnani Morosini (1984, vol. II, p. 140, n. 3) nella figura elmata si deve raffigurare lo stesso Alfonso per cui si può pensare ad un’analogia a scopo di propaganda tra Sansone e il duca di Ferrara che, preso in mano lo Stato afflitto da una devastante carestia, fece venire in quantità del frumento dalla Puglia per alleviare la fame dei sudditi. Lorenzo Bellesia (2000, p. 156) richiama l’attenzione sul serpente, che rappresenterebbe la desolazione portata dalla carestia e alleviata dallo sciame di api, simbolo di abbondanza e laboriosità. Bellesia avanza tre interpretazioni:

Il testone ferrarese di inizio XVI secolo al motto DE FORTI DVLCEDO con il ritratto ducale barbuto
Il testone ferrarese di inizio XVI secolo al motto DE FORTI DVLCEDO con il ritratto ducale barbuto

1) Il duca come Sansone avrebbe ucciso il leone, allegoria del papa Giulio II, il cui stemma era un albero di rovere (il ceppo tagliato alla base, come appare sulla moneta, intrecciato al serpente simbolo di perfidia). Le api guidate dal duca (che indica con la mano il ceppo) riportano pace e abbondanza nell’albero della famiglia della Rovere e in tutta la Chiesa.

2) La testa del leone potrebbe rappresentare Venezia da cui esce l’abbondanza: solo dalla sconfitta di Venezia potrà esserci pace e prosperità; il ceppo invece indicherebbe l’Italia o Ferrara devastate dalla guerra mentre nel serpente si dovrebbero vedere i Francesi o papa Giulio II. Le api devono annientare il serpente e ridare prosperità al paese. In questo caso sarebbe la pace e non la dolcezza a venire dal duca.

3) Alfonso, appena succeduto al padre, fu prodigo di elargizioni ad amici e servitori, diminuì le gabelle e i tributi, graziò numerosi condannati: l’impresa esalterebbe quindi la forza e insieme la liberalità del duca.

La stessa legenda si ritrova su una medaglia in oro, argento e bronzo opera di Giorgio Rancetti del XVIII secolo per papa Leone XI. Il motto DE FORTI DVLCEDO non fu, d’altra parte, solo usato da Alfonso I ma in generale degli Este “per ammonire che la loro bontà non era frutto di debolezza morale” (Gelli, 1928, p. 148, n. 565). Le api e l’alveare (un tronco posato sul fuoco accostato da martelli e asce intrecciati a un serpente) sono un’impresa estense accompagnata dal motto PRO BONO MALVM, illustrata nell’edizione ferrarese dell’Orlando Furioso del 1516.

Lo stesso motto della moneta coniata a Ferrara ricompare su questa medaglia opera di Giorgio Rancetti coniata all'inizio del pontificato di papa Leone XI, nel 1605
Lo stesso motto della moneta coniata a Ferrara ricompare su questa medaglia opera di Giorgio Rancetti coniata all’inizio del pontificato di papa Leone XI, nel 1605

In un testone inedito al Corpus Nummorum Italicorum, forse il primo conio della serie, si legge una versione diversa e ampliata di quella riportata sulle altre, analoghe monete, che recita EX ORE FORTIS DVLCEDO (“Dalla bocca del forte [viene] la dolcezza”).