Una rarissima medaglia per i Lincei, prestigiosa istituzione nata dal desiderio di sapere di un giovane principe illuminato all’alba del XVII secolo

 

di Giancarlo Alteri | Era una calda giornata d’estate del 1603, il 17 agosto secondo alcune fonti, quando il principe Federico Cesi, appena diciottenne, ebbe l’idea di fondare un sodalizio di scienziati, insieme ai quali “inspiciare” la Natura in tutte sue forme. Il simbolo del nuovo sodalizio sarebbe stata una lince, animale ritenuto dalla vista acutissima, secondo il parere di tutti i naturalisti antichi a partire da Plinio il Vecchio. Pertanto, questo sodalizio si sarebbe chiamato Accademia dei Lincei.

Ritratto di Federico Cesi conservato alla Galleria nazionale d'Arte antica di Roma
Ritratto di Federico Cesi conservato alla Galleria nazionale d’Arte antica di Roma

Il 17 agosto 1603, una data storica per il pensiero scientifico

Fondatori ne erano, assieme al Cesi, il filosofo olandese Johann Heckiuse e l’umbro Francesco Stelluti, che del Cesi erano stati i maestri, ed il giovane, anch’egli umbro, Anastasio de Filiis. Secondo la moda dell’epoca, era stato perfino redatto l’oroscopo della nascitura accademia, oroscopo che si mostrava particolarmente augurale.

Oggetto dello studio dovevano essere, per questa istituzione, tutte le scienze della Natura, indagate con libera osservazione sperimentale, al di là di ogni possibile vincolo imposto dalla religione, dalla morale, dalla mentalità radicata nel tempo, anche se, naturalmente, nel rispetto della tradizione aristotelica-tolemaica. “Arcanorum sagacissimi indagatores scientiarum et paracaelsicae dediti disciplinae”: così l’Heckius presentava gli accademici.

Non sorprenda il riferimento a Paracelso (1493-1541): egli, allora, era considerato un rifondatore della scienza, specie di quella medica, sentendo e facendo propria l’esigenza di fondere i dati ricavati dall’esperienza pratica con la speculazione teorica. Alla base di tutto, però, rimaneva lo sperimentalismo. La figura di Paracelso come “mago” ed alchimista apparirà solo molto più tardi, e sarà così interpretata da certi ambienti esoterici.

Regole severe, solo trentacinque soci: il meglio del meglio per i Lincei

Il Cesi stabilì a trentacinque il numero degli accademici (è ciò testimonia la sua severità nell’ammissione dei candidati), scelti anche fuori di Roma, come dimostrano, per esempio, il napoletano Giovanni Battista della Porta ed addirittura il tedesco Faber Schmidt, che dell’Accademia fu, e a lungo, pure il cancelliere.

Un esemplare della rarissima medaglia "di fondazione" dell'Accademia dei Lincei con al dritto il ritratto del principe Federico Cesi e al rovescio l'emblema del sodalizio (bronzo, mm 34, autore ignoto)
Un esemplare della rarissima medaglia “di fondazione” dell’Accademia dei Lincei con al dritto il ritratto del principe Federico Cesi e al rovescio l’emblema del sodalizio (bronzo, mm 34, autore ignoto)

I campi d’indagine si estesero man mano dalla farmacopea, alla fauna, alla flora del Nuovo mondo, fino al Tesoro messicano, aumentando così l’interesse scientifico per le Americhe. Tra gli adepti fu annoverato anche Galileo Galilei, che più volte fu ospitato a Palazzo Cesi durante le sue soste a Roma; non per nulla nel frontespizio dell’edizione del 1623 de Il Saggiatore di quest’ultimo, stampata in Roma da Giacomo Maicardi, compare proprio l’emblema dei Lincei.

La prima medaglia dell’accademia con ritratto del fondatore

Ovviamente, sulla medaglia di circa 30 millimetri di diametro che il Cesi fece coniare per la sua Accademia, non poteva mancare la lince. Essa ha, al dritto, il busto di Federico Cesi, volto a destra, circondato dalla leggenda: FED CAESIVS PRINC I | ET S P MAR II M CAEL B R. Al rovescio, mostra una lince in moto a sinistra, entro una corona di rami d’alloro; in alto, una corona a cinque punte; nel giro, la leggenda proclama: LYNCEIS INSTITVTIS.

Stemma araldico della famiglia Cesi, duchi di Acquasparta oltre che marchesi di Monticelli e principi di Sant'Angelo e San Polo
Stemma araldico della famiglia Cesi, duchi di Acquasparta oltre che marchesi di Monticelli e principi di Sant’Angelo e San Polo

L’autore è anonimo; incerto pure l’anno d’emissione. Il ritratto del Cesi, tuttavia, ci mostra un uomo in età matura, per cui la medaglia potrebbe esser datata tra il 1620 ed il 1625, prima della morte del nobiluomo, che si spense il 1° agosto 1630, a soli quarantacinque anni di età. Era nato, infatti, a Roma, nell’avito palazzo di famiglia in Via della Maschera d’Oro, a pochi metri da Castel Sant’Angelo, il 26 febbraio 1585. Sua madre era Olimpia Orsini, del ramo tudertino (di Todi) della nobile famiglia romana.

La prematura fine di un giovane principe illuminato

Morì Federico nel suo palazzo di Acquasparta, in Umbria, amareggiato per le delusioni cui era andato incontro particolarmente nell’ambito della sua vita affettiva. Si era sposato nel 1614 con Artemisia Colonna, morta appena due anni dopo senza figli. In seconde nozze, il Cesi aveva sposato Isabella Salviati, ma neanche questa era riuscita a dargli quell’erede maschio, necessario per il proseguimento della casata. Dal matrimonio erano nate, infatti, due figlie.

Un'altra interessasnte medaglia con ritratto di Federico Cesi, quella con al rovescio Pallade galeata stante con lancia e scudo e legenda CAESIA PALLAS (bronzo, mm 35, autore ignoto)
Un’altra interessasnte medaglia con ritratto di Federico Cesi, quella con al rovescio Pallade galeata stante con lancia e scudo e legenda CAESIA PALLAS (bronzo, mm 35, autore ignoto)

Grandi soddisfazioni, invece, aveva ricevuto Federico Cesi dalla sua Accademia, riconosciuta non eretica persino dal cardinale Roberto Bellarmino, chiamato il “malleus haereticorum” per la sua intransigenza dottrinale, dopo non poche indagini e titubanze da parte della Santa inquisizione: col passare degli anni l’aveva vista crescere e guadagnare un prestigio sempre più vasto nel mondo accademico, e non solo.

I Lincei nei secoli seguenti, fra Papato e Regno d’Italia

Tuttavia, alla morte del fondatore, ed anche in seguito alla persecuzione nei confronti del Galilei ed all’ostracismo decretato dalle autorità protestanti a Johannes Faber, zoologo ed accademico dei Lincei, la vita culturale dell’Accademia decadde, tanto che ogni attività si spense nel 1651. Sotto Benedetto XIV, nel 1744, il dotto Giovanni Bianchi cercò di farla risorgere, con lo stesso nome e gli stessi intenti, a Rimini.

Rinacque davvero, invece, nel 1801 per iniziativa del principe Francesco Caetani di Sermoneta e dell’abate Feliciano Scarpellini, al punto che il regnante pontefice Pio VII la riconobbe fra gli istituti di cultura più validi dello Stato della Chiesa.

Medaglia dell'Accademia dei Lincei in periodo pontificio: questa in bronzo, diametro 31 millimetri, venne coniata nel 1795 e presenta il rovescio vuoto, destinato a iscrizioni premiali o dedicatorie
Medaglia dell’Accademia dei Lincei in periodo pontificio: questa in bronzo, diametro 31 millimetri, venne coniata nel 1795 e presenta il rovescio vuoto, destinato a iscrizioni premiali o dedicatorie

Nel 1826, Leone XII le assegnò come sede addirittura il Palazzo Senatorio sul Campidoglio e fece costruire una specola, da dove gli accademici potessero scrutare il cielo. Pio IX ne cambiò il nome, chiamandola Pontificia accademia dei Nuovi Lincei, ed egli stesso ne dettò gli statuti, adottando in pieno, pur nelle mutate condizioni storiche, quelli che erano stati gli intendimenti del fondatore Federico Cesi.

Dopo il 1870, il Regno d’Italia, per opera di Quintino Sella, la riorganizzò come Reale accademia, assegnandole la biblioteca, l’archivio e il patrimonio della Pontificia accademia, la quale, a sua volta, dai tempi di Pio XI, diventò la prestigiosa Accademia pontificia delle scienze. Dopo un periodo in cui fu subalterna all’Accademia d’Italia, sotto il regime fascista, l’Accademia dei Lincei risorse dal 1944 ed oggi è la più prestigiosa istituzione culturale italiana.