Un’inedita ed eccezionale placca in bronzo creata nel 2000 dall’autore delle Caravelle e di decine di meravigliose monete e medaglie, Guido Veroi

 

di Roberto Ganganelli | È  l’anno Duemila, quello del Grande Giubileo e il maestro Guido Veroi (1926-2013), nello studio ingombro di disegni, gessi e medaglie della sua casa di Via Trionfale forse sta ammirando la moneta da 10.000 lire in argento, fresca di conio, che ha chiuso la serie numismatica in vista dell’Anno Santo ancora in corso.

Sulla moneta la città di Roma è vista come un angelo in trono, la croce astile nella destra e la basilica di San Pietro nella sinistra, che si abbina al profilo – ormai anziano, come quello dell’artista del resto – di papa Giovanni Paolo II, il pontefice venuto da lontano che tanto ha voluto quello storico Giubileo.

Per quel papa, come per altri, Veroi ha modellato medaglie e monete; al papa polacco si sente legato, e anche grato per avergli dato – a lui, ingegnere scopertosi scultore – la possibilità di proseguire la tradizione dei grandi incisori legati alla Santa Sede, alla sua plurisecolare monetazione e alle sue meravigliose medaglie.

Così, almeno ci piace pensare, Veroi inizia a riflettere su un omaggio, un segno di gratitudine da inviare a Karol Wojtyla in occasione del Natale 2000, quello che segnerà l’ingresso della Cristianità nel terzo millennio della sua storia.

Ne nasce un presepe, una formella di venti centimetri di lato che l’artista modella in gesso e fa quindi fondere in bronzo; un’opera suggestiva e bellissima che riassume, nella scena dell’adorazione, un’intera teologia e una carriera creativa lunga e feconda.

Al centro Maria – che ha i tratti di Paola Oliva, amata moglie del maestro – con in braccio il Bambino, benedicente e sorridente, gli occhi rivolti alla Madonna che, a sua volta, ricambia lo sguardo come solo una madre può fare.

In alto a destra Giuseppe che, riconosciuta la divina natura del piccolo, con le mani giunte lo contempla con affetto infinito; al centro la cometa, all’angolo sinistro il bue e l’asino, presenze del Creato nel disegno divino come lo è il giglio – simbolo di purezza nella tradizione cristiana – poggiato alla spalla del falegname di Nazareth.

Nella parte bassa, a sinistra i Magi, simbolicamente relegati – loro, potenti nei rispettivi paesi – ad un ruolo subalterno, adorano il piccolo Gesù; ben più vicine al Dio fatto uomo le figure sulla destra, una donna e un bambino, forse sant’Elisabetta e san Giovannino o forse soltanto un paradigma dell’Umanità che si perpetua, generazione dopo generazione, e che grazie al Cristo ottiene la salvezza.

E infine, a destra, a rappresentare proprio le persone meno giovani, quelle che hanno già vissuto la maggior parte della loro parabola terrena e ne portano i segni, ecco un profilo – è il profilo maestro Veroi, l’autore della formella, come in un dipinto del Rinascimento – che sfiora il manto della Vergine Maria e fissa, quasi stupito, il miracolo dell’incarnazione di Dio.

Di questa poetica opera, una grande medaglia d’arte e sintesi di uno stile inconfondibile, furono realizzati tre soli esemplari: il primo venne donato a papa Giovanni Paolo II, il secondo conservato dall’artista e questo, che fa parte di una collezione privata e che ci è stato concesso di riprodurre e pubblicare.

La storia di un piccolo, inedito capolavoro per augurarvi buon Natale.