La medaglia per l’udienza di Innocenzo XI agli ambasciatori del Siam e le altre opere del Guglielmada per Cristina di Svezia e non solo

 

Un ritratto di papa Innocenzo XI Odescalchi dal quale ben traspare il carattere intransigente del pontefice comasco
Un ritratto di papa Innocenzo XI Odescalchi dal quale ben traspare il carattere intransigente del pontefice comasco

di Giancarlo Alteri | Innocenzo XI Odescalchi fu eletto il 22 settembre 1676 ed uno dei suoi primi atti amministrativi, dopo appena 48 ore dall’elezione, fu quello di licenziare in tronco l’incisore camerale Girolamo Lucenti e di sostituirlo con Giovanni Martino Hamerani. Questi lo ripagò realizzando una medaglia, che rappresenta il papa appena eletto mentre, sulla sedia gestatoria, viene portato nella Basilica Vaticana dalla Sistina.

Austerità e risolutezza di un pontefice

Fu una decisione, il licenziamento, di cui ancora oggi ignoriamo il motivo, che dimostra il carattere del pontefice. La stessa risolutezza Innocenzo XI dimostrò nell’indefessa opera di coalizzare le potenze europee contro il pericolo ottomano, che era giunto a minacciare il cuore stesso dell’Austria. Fu infatti proprio grazie a lui, ai suoi sussidi, alla Lega Santa da lui propugnata se nel settembre 1682 gli eserciti alleati, al comando del re di Polonia Giovanni Sobieskj, riuscirono a sconfiggere l’esercito ottomano che da mesi assediava Vienna.

Papa Odescalchi si dimostrò, inoltre, molto intransigente in campo dottrinale, rigettando le pretese “gallicane” di Luigi XIV, come una maggior autonomia del clero francese da Roma, abolizione delle decime a favore di Roma, la scelta dei vescovi riservata da parte del re; pretese che spinsero relazioni tra la Corona di Francia ed il papa quasi alla rottura. Ed Innocenzo non cedette, così come condannò le dottrine del Giansenismo e quelle del Quietismo, che avrebbero potuto minare alla base i capisaldi della fede cattolica.

Sostenne con ogni mezzo le missioni cattoliche in tutto il mondo e tentò un riavvicinamento con l’Inghilterra protestante, come ci ricorda una famosa medaglia realizzata da Antonio Pilaja con una complessa allegoria.

Ma il pontefice fu austero e severo anche nell’ambito personale, debellando la piaga del nepotismo, abolendo qualsiasi sfarzo nella Corte pontificia, imponendo rigore nella dignità ecclesiastica e limitando spettacoli e divertimenti per il popolo, che cercò di indirizzare piuttosto verso le cerimonie religiose e le pratiche di pietà.

Un’udienza storica: il Vicario di Cristo e gli ambasciatori del Siam

In questa frenetica attività in favore della Chiesa e della Fede, un avvenimento in modo particolare vale la pena sottolineare, visti i tempi in cui avvenne. Il 23 dicembre 1688 il papa ricevette in udienza un’ambasceria composta da tre eminenti personalità, più il seguito, inviatagli dal re del Siam, che allora era la nazione più potente dell’intera Cocincina, dal momento che dalla prima metà del XVII secolo comprendeva la Thailandia meridionale, parte dell’attuale Cambogia, parte della Birmania e le isole costiere attualmente del Laos.

La medaglia firmata Guglielmada che ricorda l'udienza degli ambasciatori del Regno del Siam in Vaticano: di essa furono realizzate varie versioni anche per "sponsorizzare" con il ricavato una serie di missioni gesuitiche
La medaglia firmata Guglielmada che ricorda l’udienza degli ambasciatori del Regno del Siam in Vaticano: di essa furono realizzate varie versioni anche per “sponsorizzare” con il ricavato una serie di missioni gesuitiche

Sotto il tollerante re Narai (1657-1688), salito sul trono giovanissimo, il Siam si era aperto al commercio con l’Europa, e proprio in questo Paese i Gesuiti avevano organizzato la rampa di lancio per andare ad evangelizzare l’immensa ed impenetrabile Cina. Siccome Narai aveva fatto importanti concessioni agli Inglesi e, soprattutto, ai Francesi, i missionari cattolici avevano ritenuto che era giunto il momento di estendere la loro penetrazione nel paese, convincendo il monarca ad inviare un’ambasceria al pontefice, nella lontanissima Roma.

Così, nella primavera del 1687 un galeone salpò da Bangkok con a bordo il gesuita padre Guy De Tachard (1651-1712) e tre mandarini siamesi con il rispettivo seguito. Dopo aver doppiato lo stretto di Malacca ed esser entrato nell’Oceano Indiano, il galeone passò a sud di Ceylon e fece rotta verso ovest, doppiando il Capo di Buona Speranza e risalendo l’Africa lungo l’Atlantico. Superate le Colonne d’Ercole, fece tappa a Cartagena, Valencia, Siviglia, Marsiglia, Genova, Livorno e Civitavecchia, da dove i passeggeri, su una feluca, raggiunsero prima Fiumicino poi, risalendo il Tevere, Roma: era il 30 settembre 1688 ed erano stati necessari circa 18 mesi di navigazione.

La regina Cristina di Svezia, durante il suo soggiorno romano, fu la committente più attiva delle medaglie del Guglielmada, che realizzò i coni di numerose versioni
La regina Cristina di Svezia, durante il suo soggiorno romano, fu la committente più attiva delle medaglie del Guglielmada, che realizzò i coni di numerose versioni

Circondati dallo stupore di chi vedeva per la prima volta gli abitanti dell’Estremo Oriente, i mandarini alloggiarono nei palazzi delle migliori famiglie romane, oggetto di domande e di curiosità sui loro costumi. Il 23 dicembre 1688 furono ricevuti in udienza dal papa, che li accolse con affetto e stupore per gli elaborati abiti da loro indossati.

Giovanni Battista Guglielmada

La medaglia che ricorda questo incontro fu opera di Giovanni Battista Guglielmada, abile artigiano del bulino, legato da rapporti di lavoro con l’Hamerani. Era nato a Milano introno al 1640, ma si era trasferito a Roma giovanissimo, dove aveva aperto bottega per l’intaglio di pietre dure e di cammei e per l’incisione di coni.

Non esistono documenti ufficiali che attestino una sua qualche attività nella zecca pontificia, sebbene tale ipotesi non sia da scartare dal momento che la sua produzione era iniziata sotto Clemente IX (1667-1669), nell’ambito del cenacolo della regina Cristina, per la quale il Guglielmada aveva trasportato sul conio i modelli di Massimiliano Soldani Benzi.

Modelli di Massimiliano Soldani Benzi e e coni di Giovanni Battista Guglielmada per questa magnifica medaglia in oro con ritratto della regina Cristina di Svezia
Modelli di Massimiliano Soldani Benzi e e coni di Giovanni Battista Guglielmada per questa magnifica medaglia in oro con ritratto della regina Cristina di Svezia
Sulla medaglia “degli ambasciatori”

L’artista riprodusse, sul dritto di questa medaglia, il busto del pontefice a destra, con camauro mozzetta e stola con lo stemma Odescalchi, il tutto circondato dalla legenda INNOCENTIVS XI PONT MAX, e dalla firma dell’artista GVGLIELMADA INC; al rovescio, la scena dell’udienza, con il papa in trono sotto il baldacchino a sinistra, in atteggiamento benevolo nei riguardi del De Tachard e dei tre ambasciatori inginocchiati.

Sul capo dei mandarini raffigurò degli strani copricapi a cono, che in realtà non sembra abbiano mai indossato, ma che d’allora divennero il tratto distintivo dei notabili dell’Estremo Oriente. La legenda proclama VENITE ET VIDETE OPERA DOMINI | 1688. Al termine dell’udienza, Innocenzo fece grandi doni agli ambasciatori e diede loro una bella medaglia d’oro tempestata di brillanti e un cannocchiale come regalo personale per il loro sovrano. Invece, al pontefice furono donati sacchetti pieni di preziosissime spezie e zanne d’avorio.

Gli ambasciatori ripartirono da Fiumicino nel marzo 1689. Arrivarono in Siam nell’aprile del 1690: lì trovarono il loro re già defunto, la loro terra insanguinata dalla ribellione contro i Francesi, che avevano occupato militarmente le maggiori città, ed il paese in rovina. Ed in Siam appresero pure la notizia della morte del papa avvenuta nel frattempo, precisamente il 12 agosto 1689. Ai diplomatici rientrati da Roma non andò meglio: il nuovo monarca, Phra Patratcha, profondamente antioccidentale, li fece giustiziare tutti!

Medaglia in bronzo "della Lavanda" per papa Odescalchi battuta su coni del Guglielmada
Medaglia in bronzo “della Lavanda” per papa Odescalchi battuta su coni del Guglielmada
Varianti e curiosità per l’ultima opera del Guglielmada

Di questa medaglia del Guglielmada esistono diverse varianti, a dimostrazione di quanto quell’udienza avesse colpito la fantasia popolare, anche se non ebbe particolari risultati sul piano religioso; l’unica cosa che Innocenzo riuscì ad ottenere fu la privativa del commercio dei rubini birmani per i Gesuiti, che permise l’autofinanziamento delle missioni in Cocincina.

Della medaglia “degli ambasciatori” firmata dal Guglielmada esistono perfino esemplari con il dritto dell’anno I; un riconio, questo, assolutamente illegittimo; altri con il ritratto del papa in piviale ricamato sia con elementi araldici dello stemma Odescalchi sia – in un’altra versione non firmata – con il Sacro Cuore.

Fu l’ultima medaglia realizzata dal Guglielmada; infatti, egli morì improvvisamente (forse per un infarto) il 4 gennaio 1689 lasciando la propria famiglia in condizioni di estrema indigenza, tanto che la figlia maggiore – il giorno dopo la morte del padre! – corse ad impegnare i coni per racimolare qualche soldo per la sopravvivenza della famiglia.