A vent’anni dalla scomparsa, un esempio di originalità intellettuale e capacità di ricerca | Un grande esperto di storia, archeologia e numismatica

 

di Roberto Ganganelli | Il protagonista del romanzo di Antonio Tabucchi Sostiene Pereira è un giornalista che, nel Portogallo di Salazar, cura la pagina culturale del Lisboa, un quotidiano del pomeriggio. E tra le rubriche settimanali ce n’è una, dal titolo Ricorrenze, dedicata a illustri scrittori scomparsi.

Alla fine si scopre che il senso di quelle righe non sta tanto – chi ha letto il libro lo sa – nel “commemorare” maestri della letteratura del passato quanto, soprattutto, nel far trasparire dalla loro vita e dalla loro opera un messaggio di originalità e di libertà, di autonomia intellettuale e, perché no, un esempio per una società nella quale il pensiero dominante – quando non una vera dittatura – è purtroppo all’ordine del giorno.

Ricordando l’amico Angelo Finetti, numismatico verace che ci ha lasciati proprio il 17 settembre di venti anni fa, ciò voglio fare è proprio questo. Di lui potrei infatti elencare i libri – primo fra tutti La zecca e le monete di Perugia, insuperata ricerca sulle monete del capoluogo umbro – o l’attività di insegnamento universitario scolta tra Siena, Perugia e Roma. E ancora le associazioni, i riconoscimenti, i tanti scavi archeologici compiuti, oppure le pionieristiche sperimentazioni come quella condotta, negli anni ’90, sull’impiego dei raggi X nella diagnostica numismatica.

Un inedito ritratto di Angelo Finetti durante il servizio militare (per gentile concessione della famiglia)
Un inedito ritratto di Angelo Finetti durante il servizio militare (per gentile concessione della famiglia)

Di Angelo, tuttavia, ricordo innanzi tutto quando lo incontrai, proprio a Perugia, nell’autunno del 1994. All’epoca studente al secondo anno di Ingegneria, infatti, “bigiavo” regolarmente i laboratori di fisica per passare i pomeriggi alla facoltà di Scienze dell’antichità ascoltando – incantato – i seminari aperti di numismatica medievale, storia e tecnologia di zecca che teneva non tanto per gli studenti, ma soprattutto per semplici collezionisti e cultori di ogni età.

Affabulatore, istrionico, di una cultura sterminata e con una capacità di sintesi originalissima e ardita, Angelo parlava con tutti, ci davamo appuntamento alle aste o ai convegni commerciali – perché era anche un raffinato collezionista – e, come è stato nel mio caso, apriva le porte della sua biblioteca (e della sua mente) ai giovani appassionati convinto che la numismatica fosse una delle chiavi più efficaci e affascinanti per scoprire la storia.

Era, del resto, un “uomo del Medioevo”, nel senso migliore del termine: la sua mente sapeva cogliere fenomeni economici e sociali, sfumature impreviste nei documenti, dettagli negli oggetti, nelle opere d’arte e, soprattutto, nelle “sue” amatissime monete al punto di far pensare che qualcuno lo avesse prelevato di sana pianta dalla metà del Trecento per farlo rinascere, alla fine del 1946, nella sua Terni.

Sulla breve esperienza di zecca della sua città, che pochi anni fa gli ha intitolato una via, Angelo aveva scritto una monografia e, segni dell’amore per la sua terra – l’Umbria, ovviamente, e il Centro Italia più in generale – ci restano i puntuali cataloghi di monete di tante collezioni pubbliche, lo studio di numerosi ripostigli, le inedite mappature di rinvenimenti numismatici anche minimi che egli censiva e aggiornava in modo esemplare.

Chi ha avuto la fortuna di averlo come docente o di ascoltarlo in conferenze e convegni non può dimenticare la passione che metteva nel trattare qualunque argomento mentre, chi ha avuto il dono di essergli amico, non dimentica il piacere della sua compagnia, il suo spirito di intelletto libero e perfino dissacrante, la sua leggerezza di uomo non viziato da gabbie ideologiche.

“Un numismatico sperimentale”, così mi piace ricordare Angelo Finetti. E un esempio di come dovrebbe essere ogni studioso di numismatica anche oggi: ricercatore e collezionista, eccellente nella ricerca su testi e documenti e, al tempo stesso, profondo conoscitore dei materiali, aperto al mondo degli appassionati e attivo trait d’union con le istituzioni pubbliche e accademiche.

La dittatura intellettuale nel mondo d’oggi, per tornare al romanzo di Tabucchi, rischia di essere quella della rete, sterminato spazio (quasi) senza regole in cui il pensiero dominante – anche quello numismatico – può aggregarsi in modo subdolo e indirizzare gli individui trasformandoli in “gruppi” dall’identità e dalla (talvolta ben scarsa) intelligenza collettiva, determinando i modi di essere, forgiando le opinioni. Una gabbia rafforzata, in questo terribile 2020, dall’isolamento imposto dal coronavirus, un fenomeno i cui effetti sociali e sui singoli individui si potranno comprendere soltanto in futuro.

Angelo Finetti, uomo del Trecento vissuto nel ventesimo secolo, ci ricorda quanto, invece, la numismatica – quella che unisce la passione ad un faticoso lavoro intellettuale – sia un sentiero di crescita, un inimmaginabile spazio di libertà e un modo per costruire autentici rapporti umani, quelli che vanno oltre le distanze e il tempo – talvolta troppo breve – della parabola della vita.