Da un episodio del 1746 al ventennio, la figura di Balilla passa anche per due versioni di una medaglia di Giuseppe Berti Calura, incisore semisconosciuto

 

di Antonio Castellani | Balilla, un nome che a molti evoca il ventennio mussoliniano, ad altri una vetturetta Fiat che, nello stesso periodo, diede il via alla motorizzazione degli italiani ma che, ai genovesi come agli studiosi di storia, riporta alla mente qualcosa di diverso e un personaggio, sebbene dall’incerta identità, entrato nelle pagine dei libri.

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A sinistra, bambini inquadrati nell’Opera nazionale balilla durante il periodo fascista; a desta, un celebre manifesto pubblicitario della Fiat 580 Balilla risalente agli anni Trenta

L’eroico Balilla, chi era costui in realtà?

C’è chi lo identifica come Giovan Battista Perasso, nato a Genova nel 1735 e morto nel 1781, ma la reale identità di questo patriota è di fatto ancora dubbia. Con “Balilla” viene in ogni caso identificato il ragazzo che il 5 dicembre 1746 a Genova, con un gesto eclatante, diede il via alla rivolta contro l’Impero asburgico – erano gli anni dell’occupazione legata alla Guerra di successione austriaca – nel sestiere di Portoria.

Narrano le cronache che la popolazione venne incitata a sollevarsi con il il lancio di un sasso contro i soldati austro-piemontesi che, comandati da Antoniotto Botta Adorno, occupavano Genova, a quel tempo alleata con Francia e Spagna. Tanto poté quel gesto, e la furia popolare, che il 10 dicembre la città fu liberata dal giogo asburgico.

Il mito del Balilla venne alimentato nel corso del Risorgimento, un secolo dopo quanto accaduto durante la rivolta genovese contro le truppe austro-piemontesi e la sua figura fu poi enfatizzata, sempre in chiave patriottica, durante il periodo fascista, qualificando i giovanissimi italiani come “balilla” e creando un’Opera nazionale che portava il nome del piccolo patriota.

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Dettaglio del dipinto che rievoca l’insurrezione genovese e il gesto con cui questa iniziò, il 5 dicembre 1746, per opera del giovanissimo Balilla

La sua fama, sebbene molti non se ne accorgano, permane anche nell’Italia repubblicana dal momento che il giovane Balilla viene citato nella quarta strofa del Canto degli Italiani di Goffredo Mameli (quello che oggi è l’Inno nazionale, musicato a suo tempo da Michele Novaro): “I bimbi d’Italia / si chiaman Balilla”.

A Balilla venne eretto un monumento a Genova che, per lo storico Federico Donaver rappresenta, oltre che l’eroe in se stesso, “l’ardire generoso d’un popolo che, giunto al colmo dell’oppressione, spezza le sue catene e si rivendica la libertà”.

Una medaglia, anzi due, per il ragazzo di Portoria

All’eroe ragazzo risultano dedicate anche due versioni di una bella medaglia incisa dall’artista Giuseppe Berti Calura, incisore di cui non si conoscono nemmeno le date di nascita e morte e del quale pochissime notizie si ricavano dal diario di Bakunin che ne parla in relazione al suo soggiorno a Firenze.

Anarchico, Berti Calura aderì alla società segreta fondata dal Bakunin, alla fine del 1864, in funzione antimazziniana e chiamata Alleanza della democrazia socialista, con un programma moderatamente rivoluzionario (eguaglianza politica, emancipazione del lavoro dal capitale, terra ai contadini).

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La rara medaglia del 1846 che venne incisa da Giuseppe Berti Calura per il centenario della rivolta di Genova contro gli austro-piemontesi

Dopo il 1871 non si hanno più notizie dell’attività del Berti Calura e il suo nome non appare mai nella cronaca politica fiorentina, ricca, negli anni successivi, di iniziative e di accesi contrasti. Di lui si sa soltanto che, agli inizi del Novecento, si trasferì a Fiesole, dove diventò maestro di una fanfara intitolata a Garibaldi.

Perché questa digressione? Perché la medaglia, rara ed elegante, da lui realizzata in omaggio a Balilla venne omaggiata alle personalità giunte a Genova nel 1846 assieme a quella “ufficiale” dell’VIII Congresso degli scienziati italiani realizzata da Giuseppe Girometti con il ritratto di Cristoforo Colombo. Un atto politico, insomma, che sembra preludere in modo velato a quel sentimento risorgimentale che, dal Regno di Sardegna, di diffonderà di lì a poco nel resto della Penisola.

La descrizione della medaglia opus Berti Calura

Al dritto della medaglia per Balilla – bronzo dorato, mm 53 circa – campeggia il giovane, nella plastica posa di scagliare la fatidica pietra sugli occupanti; di sfondo un mortaio, delle granate e alcuni palazzi di Porta Portoria (in esergo 5 DICEMBRE 1746); al rovescio una veduta dall’alto del porto di Genova con a sinistra la Lanterna, quindi i moli e varie imbarcazioni alla fonda e in navigazione (in esergo GENOVA).

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Il “ragazzo di Portoria” a petto nudo, una patriottica fascia che gli cinge i fianchi, scaglia la pietra contro gli invasori: dietro di lui il mortaio austriaco impantanato nel fango

Il mortaio al dritto è quello che, impantanato nel fango, rappresentò il casus belli della ribellione, dal momento che gli occupanti pretendevano che i genovesi li aiutassero a recuperarlo a forza di braccia. E fu allora che Balilla scagliò la pietra che diede il via alla sollevazione popolare al grido di “Chi l’inse?”, ossia “Volete che incominci [la rivolta]?”.

Piace pensare che in quelle parole e in gesto passati alla storia, nella figura di Balilla dunque, l’anarchico Berti Calura si sia particolarmente riconosciuto, impegnandosi per dare alla fisionomia del piccolo patriota il massimo del realismo. E, in effetti, il rilievo e l’eleganza dell’anatomia sono notevoli, tanto da richiamare alla mente un’altra coniazione fortemente patriottica, le 100 lire Vetta d’Italia che Aurelio Mistruzzi avrebbe plasmato nel 1925.

La seconda versione “in nome” di Giovanni Carbone

Della medaglia per “l’intrepido Balilla” esiste una seconda versione, stesso metallo e diametro, di cui non si conosce la data e che reca nell’esergo del rovescio l’iscrizione GIOVANNI CARBONE | FECE. Ma è bene sottolineare che il personaggio citato non è l’incisore dei coni di questa medaglia, bensì un cameriere ventiduenne che il 10 dicembre 1746, al culmine della rivolta di Genova contro gli austro-piemontesi, con un altro atto eroico recuperò le chiavi della città e le riconsegnò al governo repubblicano.

La seconda versione della medaglia con riferimento a Giovanni Carbone, altro eroe della rivolta di Genova contro gli austro-piemontesi del 1746

Un ultimo appunto dal momento che in numismatica, spesso, i refusi passano di libro in libro, così come pure piccole o grandi incongruenze: i testi che pubblicano la medaglia per Balilla del 1846 indicano infatti il soggetto come “il monumento eretto a Genova”. La statua, tuttavia, venne realizzata dallo scultore Vincenzo Giani e fusa a Torino solo nel 1862, quindi sedici anni più tardi, con il bronzo dei cannoni presi agli Austriaci nelle battaglie del 1859.

E fu soltanto il 25 aprile 1863 che l’opera venne consegnata al Comune di Genova e collocata nell’atrio di Palazzo Tursi, dove venne inaugurata il 7 giugno per essere trasferita, nel settembre successivo, nel sestiere di Portoria. Quella sulla medaglia del Berti Calura, dunque, non è affatto la statua che tuttora si ammira nella città ligure.

Il monumento a Balilla inaugurato a Genova nel 1862 in un’incisione ottocentesca e in una cartolina della prima metà del Novecento

A questo punto, se volete leggere un articolo su un’altra medaglia poco nota di Giuseppe Berti Calura, quella che realizzò per il carnevale di Firenze del 1869, vi basta cliccare qui.