Ducati e minuti come doge, ducati e grossi come “governatore con dodici capitani”: ecco le coniazioni del genovese Prospero Adorno

 

di Maurice Cammarano | Le monete del doge genovese Prospero Adorno si collocano nell’arco di tempo tra il 1339 e il 1528, durante il quale Genova volle darsi un governo popolare con a capo un doge che rimanesse in carica per tutta la vita.

Questo periodo storico viene identificato come “dei dogi perpetui o a vita”, distinguendolo da quello successivo detto “dei dogi biennali”. Scopo dei dogi popolari e perpetui era quello di risolvere l’endemica conflittualità intestina della città, mantenere quindi nel tempo una politica interna libera da congiure e da qualsiasi ingerenza da parte di potenze straniere. Questo obiettivo puntualmente fallì e soltanto con la riforma di Andrea Doria (1528) Genova trovò una parvenza di equilibrio politico.

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Genova fra Medioevo e Rinascimento: una città fiorente di traffici mercantilie e attività finanziarie, ma anche dilaniata da frequenti lotte intestine fra guelfi e ghibellini

Equilibrio prontamente disatteso dalle lotte intestine della nobiltà genovese divisa in due partiti, uno in favore del papa (i guelfi) e l’altro dell’imperatore (i ghibellini). Non appena prevaleva una di queste fazioni sull’altra, i dogi che avrebbero dovuto guidare la Repubblica per tutta la loro vita, venivano deposti o costretti alla fuga, oppure fisicamente eliminati.

Di conseguenza il dogato venne mantenuto molte volte per periodi brevissimi, tipico esempio è quello di Antoniotto Adorno doge VII che, eletto il 17 gugno 1378, venne deposto lo stesso giorno.

Prospero Adorno, che appartiene a questa folta schiera di dogi, governò per Genova per due volte, da marzo 1461 per quattro mesi come XXVII doge e dall’agosto 1478, per appena tre mesi, come “governatore con i dodici capitani”.

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Due varianti del ducato in oro, estremamente raro, a nome di Prospero adorno doge XXVII, in carica per appena quattro mesi a partire dal marzo del 1461

Il dominio del re di Francia Carlo VII su Genova era finito nel 1461 con la cacciata dalla città del presidio francese. Questa volta gli Adorno, secondo il consueto e arrogante rituale, vincenti sui Campofregoso e non più spalleggiati dai Francesi, elessero nel marzo dello stesso anno Prospero Adorno alla carica di doge. Dopo solo quattro mesi, tuttavia il suo dogato si concluse con la sua fuga da Genova.

Nonostante il breve periodo di permanenza al potere, Prospero Adorno ebbe il tempo di battere ducati in oro e minuti in biglione. Il ducato, in particolare, è estremamente raro, e se ne conoscono pochissimi esemplari (appena due o tre).

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Rarissimo anche il secondo tipo monetale a nome di Prospero Adorno, il minuto in biglione

Ed eccoci al secondo dogato di Prospero Adorno, con inizio nel 1478: a Genova, dopo quasi 14 anni sotto la signoria degli Sforza, riprende la lotta per il potere tra gli Adorno e i Campofregoso. Nel 1478 Prospero Adorno, forte della protezione degli Spagnoli, si proclama “governatore di Genova con dodici capitani”, ma alla fine di novembre dello stesso anno viene cacciato da Battista Campofregoso. Nei quattro mesi del suo dogato l’Adorno riesce a far coniare il ducato e il grosso; inutile dire che anche queste monete sono rare.

A questo dogato, si associa un singolare episodio documentato da una lettera datata 9 luglio 1478 di Prospero Adorno, eletto “governatore con i dodici capitani”, e inviata a Battista Campofregoso – suo acerrimo rivale – nella quale in modo molto sbrigativo lo avvertiva di tenersi lontano dalla città di Genova se non voleva subire le sanzioni previste per i ribelli.

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Il ducato in oro e il grosso in argento di Prospero Adorno coniati dalla zecca di Genova nel periodo da “governatore con dodici capitani del popolo”, anno 1478

Ecco il testo:Magnifico Messer Batista, noi havemo intexo quello che ne ha referto li nostri trei compagni quali ne manda con requesta de voi perchè in soma ve digheno che noi non volemo lo vostro venire in Zenoa a lo presente ne etiam in la valle e cossì ve confortemo a non fare. Imo voi arete a non venire a caxa vostra finché altramente parrà alla cità. Advisandove che se farete altrementi noi ve Haveremo per Inimigo e rebelle della patria e verso de voi procederemo per ogni via la quale a noi sarà possibile. Essendo voi bon zenoexi como voi dicte, dovete seguire il consiglio nostro e non entrare in  altro pensimento. Data Janue die VIIII Julii 1478 Duodecim Capitanei Populi Januensis”.

Altrettanto singolare è la vicenda di questa lettera che, come una meteora, compare all’improvviso ed altrettanto rapidamente scompare nell’arco di pochissimi giorni. Si  tratta di una pergamena con sigillo dogale pressoché integro, che si affaccia sul mercato antiquario intorno al 1970 e di cui, apparentemente, nessuno prima di allora ne conosceva l’esistenza.

Il documento, oltre ad avere una grande importanza storica, fornisce un raro e particolarissimo spaccato di vita politica genovese di allora, prezioso per tutti gli appassionati di storia ma anche per i collezionisti di numismatica genovese.

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Medaglia in bronzo fuso modellata da Battista D’Elia per Battista Campofregoso, acerrimo nemico di Prospero Adorno e doge dal 1478 al 1483

Si dice che il proprietario del prezioso oggetto, un antiquario locale, lo propose ad un notissimo ed eminente collezionista d’arte genovese, da poco divenuto anche appassionato numismatico. Costui lo acquistò immediatamente ed entusiasta dell’eccezionalità del documento lo mostrò, pieno d’orgoglio, ad un suo amico valente numismatico e collezionista.

Ovviamente, oltre a chiedergli il parere sulla sua autenticità, chiese anche se il prezzo richiesto, tutt’altro che trascurabile, fosse adeguato. E sembra che il valente numismatico, noto per la sua oculatezza nello spendere, diede il suo parere positivo sull’autenticità della pergamena ma, nonostante l’importanza dell’oggetto, lo riteneva “esageratamente caro”, chiedendo soltanto di farne una fotocopia.

Così suggestionato, il collezionista restituì la preziosa lettera all’antiquario. Due giorni dopo, resosi conto di aver fatto un gravissimo errore, tornò dall’antiquario per ricomprare l’oggetto ma, come prevedibile, era già stato rivenduto. Da quel momento, di quel prezioso frammento di storia genovese non se ne seppe più nulla…