Riflessioni a margine di Veronafil 135 che ha mostrato più di una crepa nell’organizzazione a cui fare attenzione in prospettiva futura

 

di Roberto Ganganelli | Non si può certo dire che i collezionisti filatelici e numismatici abbiano disertato Veronafil 135, il salone che si è svolto dal 18 al 20 novembre scorsi a Verona Fiere; si trattava, del resto, di un appuntamento molto atteso – come sempre – e che per migliaia di appassionati costituisce un appuntamento fisso, da non mancare quasi fosse una ricorrenza di famiglia.

Affluenza di pubblico robusta e costante, almeno nelle giornate di venerdì e sabato, con la domenica come sempre in tono minore, vuoi per l’orario ridotto del salone vuoi per la brutta abitudine di tanti operatori di “fare le valigie” già sabato pomeriggio, lasciando gran parte degli stand desolatamente vuoti.

Eppure, quest’anno il senso di vuoto era percepibile anche nel pieno del salone: meno corsie di tavoli e di stand rispetto al passato, corridoi ben più ampi – e non è solo un retaggio delle ormai allentate norme anti covid – e perfino alcune parti del padiglione del tutto deserte, a iniziare da quella riservata in passato alla militaria.

Certo, il conflitto russo ucraino ha portato vari operatori dell’Est Europa a disertare, giocoforza, la manifestazione veronese d’autunno, ma non si può certo attribuire il parziale insuccesso di Veronafil 135 alla geopolitica internazionale.

Le note dolenti rimangono quelle che abbiamo già sottolineato negli ultimi anni: l’associazione “Scaligera”, che da decenni organizza l’evento, si arrocca in un ruolo di monopolista ignorando le istanze degli operatori commerciali e le lamentele degli appassionati, quasi si trattasse di un “parco buoi” come quello che nel Padiglione 9 di Verona Fiere, in altre date, trova spazio in occasione delle fiere equine o zootecniche.

A parte la location inadeguata – poco luminosa, dispersiva e maleodorante, davvero indegna della tradizione collezionistica – i commercianti hanno lamentato infatti il continuo aumento dei costi di allestimento (a fronte di un servizio scarno e sempre uguale) e le consuete problematiche legate a parcheggio, logistica, sicurezza e accoglienza.

Dalla “Scaligera” ogni responsabilità viene scaricata su Verona Fiere che, certo, può aver aumentato il canone di affitto degli spazi e quelli di altri servizi ma su cui gli organizzatori di Veronafil – forti coi deboli e deboli coi forti – dovrebbero fare maggiore pressione.

Il risultato è che Veronafil 135 ha visto brillare per assenza ditte commerciali importanti, sia nella numismatica che nella filatelia, dando ennesima conferma di un declino della grande fiera – un tempo fra le maggiori d’Europa nel settore collezionismo e hobby – che non lascia ben sperare.

Continuando di questo passo, il salone rischia davvero di chiudere i battenti e di lasciare il settore senza uno dei suoi punti di aggregazione fondamentali; ma è proprio alla luce di questo che Veronafil 135 non può e non deve essere considerata una “pietra tombale”, quanto una sorta di “ultimo appello” da non sottovalutare.

Devono tenerne conto gli organizzatori, certo, ma anche gli operatori del settore e le associazioni di numismatici e filatelici. Serve un tavolo attorno al quale ragionare senza preconcetti o presunzioni di superiorità: la ragione non sta mai da una parte sola, e quanto accade a Veronafil non fa eccezione.

Si impone un cambio di mentalità, per tutti: chi organizza deve dare servizi migliori, chi partecipa come operatore garantire una presenza di qualità e chi, da semplice collezionista, si reca in fiera, non storcere il naso di fronte, ad esempio, al pagamento di un simbolico biglietto di ingresso per poter fruire di un evento di qualità.

E qualche evento collaterale, per ricordare a tutti che numismatica e filatelia sono anche delle espressioni di cultura, certo non guasterebbe.