Nel 1934 l’Italia vinse il primo dei suoi quattro mondiali di calcio | La finale si disputò a Roma alla presenza del duce

 

di Livio Toschi | Quest’anno cade il 30° anniversario di Italia ’90, il 14° Campionato del mondo di calcio. Gli Azzurri hanno vinto quattro volte la competizione e l’hanno ospitata due volte: nelle “notti magiche” del 1990 e nel 1934. Il primo successo lo colsero proprio nel giugno 1934, quando il Mondiale si chiamava Coppa “Jules Rimet” in onore del presidente francese della FILA.

A sinistra, il manifesto del primo Mondiale di calcio (Montevideo, 1930), di Guillermo Laborde
A destra, il programma degli incontri del Mondiale 1934

La finale si disputò nello Stadio del Partito Nazionale Fascista a Roma, sorto nel 1911 con il nome di Stadio Nazionale e ristrutturato nel 1927. Lo stadio fu ufficialmente inaugurato domenica 25 marzo 1928 con la partita Italia-Ungheria, esordio della Nazionale a Roma, conclusa vittoriosamente 4-3 alla presenza del duce. Per inciso, 25 anni più tardi (17 maggio 1953) la squadra magiara inaugurò anche lo Stadio Olimpico, ma quella volta sconfisse gli Azzurri con un sonante 3-0.

In quanto a impianti sportivi fino alla metà degli anni Venti in Italia non c’era davvero da stare allegri. Ci pensò il fascismo, alla ricerca di larghi consensi, a dare un notevole incremento allo sport, che conquistò successi prestigiosi come il 2° posto tra le nazioni all’Olimpiade di Los Angeles nel 1932.

Lo Stadio del Partito Nazionale Fascista a Roma, dove si disputò la finale il 10 giugno 1934

Pertanto, quando il XXI Congresso della FIFA (Stoccolma 1932) assegnò il Mondiale 1934 al nostro paese, il regime volle organizzare una manifestazione memorabile. Tanto più che in occasione del primo Campionato del mondo era sorto a Montevideo un magnifico stadio a pianta circolare, destinato solamente al calcio e detto “del Centenario” per celebrare un secolo d’indipendenza, ove ben 100.000 spettatori avevano assistito alla finale tra l’Uruguay e l’Argentina.

Nel 1930 si giocò solo a Montevideo, nel 1934 in otto città: Roma e Milano (3 partite), Bologna, Firenze, Napoli e Torino (2), Genova e Trieste (1). Genova disponeva dello stadio “Ferraris”, Trieste del “Littorio”, Napoli dell’“Ascarelli” (inaugurato proprio per la Coppa Rimet) e Milano di “San Siro”, che Piero Pirelli aveva costruito nel 1926 per il suo Milan (progetto degli ingegneri Cugini e Stacchini).

A sinistra, planimetrie degli stadi utilizzati per il Mondiale 1934
A destra, una partita degli Azzurri nel disegno di Achille Beltrame per La Domenica del Corriere, edizione del 17 giugno 1934

Nella città di Bologna dal 1927 faceva bella mostra di sé il “Littoriale”, voluto dal podestà Arpinati e celebrato da Ungaretti con insipidi versi (ing. Costanzini e arch. Arata), nel quale una statua equestre in bronzo di Mussolini troneggiava sotto la corposa Torre di Maratona. Nel 1932-33 furono ultimati il “Berta” a Firenze, tutto in cemento armato e con un’inconsueta pianta a D (Ing. Nervi), e il “Mussolini” a Torino, costruito in soli 180 giorni lavorativi (ingegneri Bianchini, Fagnoni e Ortensi).

Lo stadio fiorentino aveva una slanciata torre di Maratona alta 55 metri e un’artistica copertura a sbalzo della tribuna centrale. Quelli di Milano e di Genova erano i soli stadi utilizzati esclusivamente per il calcio.

L’arbitro svedese Ecklind e i guardalinee salutano le autorità prima della finale. Sulla sinistra si nota l’allenatore dell’Italia, Vittorio Pozzo

A Roma non mancarono interessanti proposte di nuovi impianti, anche a sostegno della candidatura per l’Olimpiade 1940. Nel 1932 ricordo il progetto di Pier Luigi Nervi e Cesare Valle per uno Stadio Massimo, con tribune arditamente a sbalzo e una capienza di 120.000 spettatori. Nel 1933 Leandro Arpinati, presidente del CONI e della FIGC, caldeggiò il progetto dell’architetto Giulio Ulisse Arata per uno stadio circolare da 150.000 posti all’Acqua Acetosa, con moderne tribune “a mezzaluna”.

In occasione del Mondiale, tuttavia, dimessosi Arpinati, si finì per utilizzare il già ristrutturato Stadio del PNF. Il 3 aprile 1934 scrisse il quotidiano sportivo Il Littoriale: “I posti seduti per gli spettatori erano 30.000. Questa capacità fu ritenuta insufficiente per lo svolgimento della gara finale del Campionato del Mondo, e quindi sono stati progettati lavori per l’aumento dei posti mediante costruzioni di carattere provvisorio. Così sarà costruita una grande tribuna nello spazio occupato dalla piscina e saranno anche attrezzate con piani inclinati le aree situate dietro le porte del campo di gioco, nonché i rettilinei della pista podistica. In questo modo verranno aggiunti 15.000 posti seduti e 10.000 all’impiedi. In totale lo Stadio potrà contenere 55.000 persone”.

A sinistra, il manifesto di Mario Gros con le firme degli Azzurri
A destra, la copertina del programma ufficiale (di Gino Boccasile)

Nonostante la sconfitta subita l’11 febbraio 1934 a Torino contro l’Austria, il Wunderteam di Ugo Meisl, gli auspici per un buon Campionato del mondo erano favorevoli, soprattutto nella capitale. Dopo la prima partita contro l’Ungheria nel 1928, infatti, l’Italia aveva disputato allo Stadio del PNF altri cinque incontri: con l’Austria (2-2), la Svizzera (4-2), la Scozia (3-0), la Cecoslovacchia (2-2) e l’Inghilterra (1-1).

In totale gli Azzurri si erano imposti in 3 partite, pareggiando le altre 3. All’attesissimo incontro con la “perfida Albione”, il 13 maggio 1933, aveva assistito un pubblico record per Roma: 40.000 spettatori, ossia un terzo in più della capienza all’epoca collaudata.

Francobolli emessi nel 1934 per il Mondiale (disegni di Liana Ferri e Ugo Ortona)

Ma veniamo alla Coppa Rimet 1934: organizzata in maniera impeccabile, ebbe un successo strepitoso e procurò unanimi riconoscimenti al fascismo. Lo stato fu prodigo di agevolazioni e il bilancio della manifestazione si chiuse in attivo grazie all’enorme affluenza del pubblico nei vari stadi e soprattutto, ovviamente, in quelli dove giocava l’Italia.

L’incontro di semifinale con l’Austria a San Siro fruttò il record assoluto d’incassi (811.526 lire), seguito dalla finale Italia-Cecoslovacchia allo Stadio del PNF (747.045 lire). I dati statistici sono in buona parte tratti dal volume Coppa del Mondo 1934. Cronistoria del II Campionato Mondiale di Calcio, edito dalla FIGC nel 1936.

La Targa della FIFA consegnata all’Italia, vincitrice del Mondiale (modello di Abel La Fleur)

Il comitato organizzatore, presieduto dall’avvocato Giovanni Mauro (vicepresidente della FIFA e della FIGC), fissò la sua sede presso il prestigioso Albergo degli Ambasciatori nella centralissima via Veneto. La splendida avventura cominciò con l’inaugurazione in Campidoglio del XXII Congresso della FIFA.

Speciali attenzioni ebbe la propaganda, di cui si occupava un apposito ufficio diretto da Bruno Zauli: ricordo soltanto che fu emessa un’apposita serie di 9francobolli (4 di posta aerea) e per i manifesti – all’epoca chiamati “cartelloni” – si bandì un concorso al quale pervennero ben 158 bozzetti.

A sinistra, la Coppa del Duce consegnata all’Italia, vincitrice del Mondiale (modello di Giuseppe Graziosi, cui si deve anche la statua equestre del duce al Littoriale di Bologna)
A destra, la medaglia d’oro con smalti policromi della FIGC consegnata ai giocatori italiani

La giuria, presieduta dal generale Giorgio Vaccaro (presidente della FIGC e segretario generale del CONI), assegnò il 1° premio a Luigi Martinati, il 2° premio a Mario Gros. Altri artisti segnalati furono Gino Boccasile, Giuseppe Borghi e Alfredo Capitani, i cui manifesti servirono rispettivamente per la copertina del programma ufficiale del campionato, per le cartoline di propaganda e per il francobollo chiudi-lettera. Un altro manifesto di Martinati fu utilizzato per pubblicizzare le riduzioni ferroviarie.

Le testate giornalistiche presenti furono 275, di cui 68 italiane. L’EIAR curò le radiocronache (la voce era quella di Nicolò Carosio) e la Esclusiva Film di Roma le riprese cinematografiche: complessivamente girò 15.000 metri di negativo con relative colonne sonore. L’Ufficio stampa diffuse 138 comunicati in quattro lingue: italiano, francese, inglese e spagnolo.

Rarissima medaglia a ricordo del Campionato Mondiale di Calcio 1934: fu omaggiata a tutti i calciatori partecipanti, opus David Manetti, (Ae, mm 50 g 65)

Nel 1930 avevano partecipato al torneo sudamericano 13 nazioni; in Italia il numero dei paesi iscritti salì a 32, ma mancavano l’Inghilterra e l’Uruguay, campione del mondo 1930. Attraverso 12 gironi eliminatori vennero selezionate le 16 squadre finaliste. L’Italia a San Siro “spezzò le reni” alla Grecia (4-0), ma anche l’Austria (6-1 alla Bulgaria), la Germania (9-1 al Lussemburgo), la Francia (6-1 al povero Lussemburgo) e la Spagna (9-0 al Portogallo) maramaldeggiarono sugli avversari.

Prima di affrontare il girone finale, nella sua storia “pallonara” l’Italia aveva disputato complessivamente 125 partite, di cui 65 vinte, 30 pareggiate e 30 perse, segnando 303 reti e subendone 191. Le nazionali affrontate più volte erano la Svizzera (22), l’Austria e l’Ungheria (14), la Francia (13), la Cecoslovacchia (11) e la Spagna (10). La “vittima” preferita degli Azzurri era, nemmeno a dirlo, il Lussemburgo: 5 vittorie su 5 incontri, 30 gol fatti e 2 incassati. La nostra “bestia nera”, invece, era l’Austria: 2 vittorie, 4 pareggi e 8 sconfitte, 14 gol segnati e 30 subiti.

A sinistra, la medaglia d’argento smaltato per i collaboratori del Comitato organizzatore
A destra, il piatto d’argento della FIGC per i delegati

Il 27 maggio 1934 si disputarono gli ottavi, il 31 maggio i quarti e il 3 giugno le semifinali. L’Italia sconfisse gli Stati Uniti a Roma (7-1), poi la Spagna del leggendario portiere Zamora a Firenze (1-1 e 1-0) e quindi l’Austria di Sindelar, il “Mozart del calcio”, a Milano (1-0).

In finale affrontò la Cecoslovacchia, mentre la Germania il 7 giugno superò l’Austria a Napoli (3-2) nella partita per il 3° posto. Nello stadio romano, arbitro lo svedese Ecklind, gli Azzurri forgiati da Vittorio Pozzo conquistarono il titolo mondiale vincendo per 2 a 1 (dopo i tempi supplementari) sotto lo sguardo compiaciuto del duce, “primo sportivo d’Italia”. Era il 10 giugno 1934, 23° anniversario dell’impianto: anche se nessuno notò la ricorrenza, il vecchio stadio imbellettato dal regime non poteva davvero festeggiarla in modo migliore.

I distintivi che permettevano l’identificazione di giocatori, dirigenti, arbitri e personale autorizzato: un po’ come i moderni badge elettronici, ma molto più artistici

Quel successo fu anche di buon auspicio per Pozzo, che nel 1936 vinse a Berlino l’Olimpiade e nel 1938 in Francia il 3° Campionato mondiale di calcio. Ma non c’era molto da gioire: già spiravano sul mondo infausti venti di guerra.