La sistemazione della “Platea capitolina” e il progetto michelangiolesco del Campidoglio: un progetto durato decenni e scandito anche dalle medaglie

 

di Giancarlo Alteri | Era stato Michelangelo Buonarroti a ricevere l’incarico da papa Paolo III di sistemare la “Platea capitolina”, cioè la sommità del Campidoglio, luogo simbolo della grandezza dell’antica Roma repubblicana e imperiale.

Il pontefice aveva preso tale decisione per vari motivi: riqualificare l’area, dopo secoli di abbandono, e trasformarla da simbolo della città medievale autonoma e libera, quale era stata nel Medioevo, in un luogo in cui raccogliere soprattutto le vestigia della Roma papale: così questo luogo, una volta il più sacro dell’ Urbe dei Cesari, doveva apparire, dopo gli interventi michelangioleschi, all’imperatore Carlo V, quello sui cui domini “non tramontava mai il sole”, che stava per visitare Roma. Pur lasciando mano libera al genio del Buonarroti, Paolo III aveva imposto una sola restrizione: che non si spendessero troppi soldi!

Quasi metà del budget se ne era andato, in verità, per trasportare la statua bronzea dell’imperatore Marco Aurelio, allora creduta quella di Costantino, dal Laterano fino al Campidoglio; trasporto, questo, cui Michelangelo si era mostrato, almeno all’inizio, nettamente contrario, a causa proprio della spesa rilevante che avrebbe comportato.

Stampa d'epoca raffigurante il progetto michelangiolesco di Piazza del Campidoglio con l'edificio centrale, le ali "di quinta" e la pavimentazione che completa l'effetto scenografico
Stampa d’epoca raffigurante il progetto michelangiolesco di Piazza del Campidoglio con l’edificio centrale, le ali “di quinta” e la pavimentazione che completa l’effetto scenografico

In realtà, il progetto del grande architetto prevedeva un ambiente scenografico: il Palazzo Senatorio sullo sfondo con una doppia scalea di accesso, sormontata da una loggia coperta, le due statue giacenti dei fiumi, la statua della Minerva Capitolina nella nicchia centrale e i due alti piani finestrati, il tutto sormontato da una svettante torre campanaria.

Ai lati, il Palazzo dei Conservatori e il Palazzo Nuovo gemelli, con il porticato, la serie di finestroni al piano superiore, il gigantesco ordine di paraste corinzie coronato da una massiccia trabeazione con statue, avrebbero fatto da quinte teatrali al Palazzo Senatorio. Al centro, si sarebbe formata una piazza quasi ovale, con il disegno stellare della pavimentazione e la statua equestre dell’Imperatore con il basamento nuovo. Sulla testata dell’ampia scalinata d’accesso al colle, sarebbero stati collocati i gruppi dei Dioscuri ed altri ornamenti marmorei.

I lavori erano cominciati nel 1538, sotto la supervisione di Michelangelo, che li aveva seguiti fino alla morte, nel 1564, riuscendo però soltanto a restaurare e sistemare la facciata del Palazzo Senatorio e a gettare le fondamenta di quello dei Conservatori, che sarà finito dopo quasi 50 anni dall’inizio dei lavori, nel 1586; mentre quello Nuovo (cosi chiamato proprio perché si sarebbe dovuto costruire ex novo) era molto al di là da venire; alla fine del XVI secolo, infatti, sarà costruito un semplice muro di contenimento, per impedire che sulla piazza si riversassero i detriti della collina su cui sorgeva la basilica di Santa Maria dell’Aracoeli.

Papa Clemente VIII Aldobrandini, sommo romano pontefice dal 1592 al 1605 e fautore di un impulso notevole ai lavori urbanistici nell'Urbe
Papa Clemente VIII Aldobrandini, sommo romano pontefice dal 1592 al 1605 e fautore di un impulso notevole ai lavori urbanistici nell’Urbe

Successivamente, Gregorio XIII (1572-1585) aveva affidato a vari architetti, tra i quali Martino Longhi, abbellimenti e ristrutturazioni al Palazzo Senatorio, mentre il successore, Sisto V (1585-1590) che pure aveva dato una nuova impronta urbanistica a Roma, non si era curato affatto del Campidoglio.

All’inizio del Seicento papa Clemente VIII (1592-1605) pensò finalmente di costruire il Palazzo Nuovo, affidandone la realizzazione al giovane architetto Girolamo Rainaldi, con l’obbligo però di seguire scrupolosamente i disegni ed i progetti di Michelangelo.

In realtà, a suggerire questa decisione pontificia era stato il cardinal nipote di papa Clemente, Pietro Aldobrandini, camerlengo di Santa Romana Chiesa, che aveva pensato di reperire i fondi necessari alla costruzione aumentando le tasse sulle prostitute e quelle alla Serenissima Repubblica di Venezia, che possedeva l’omonimo palazzo alle pendici del colle capitolino. Finalmente, il 27 giugno 1603, nella grande fossa scavata per ospitare il primo pilastro, quello a sinistra guardando la facciata, fu gettata la prima pietra, benedetta da Clemente VIII, che era presente alla cerimonia insieme alle altre autorità.

Probabilmente, ma non ci sono testimonianze ufficiali, assieme alla pietra fu gettata anche una medaglia con al dritto il ritratto di Clemente VIII a sinistra, a capo nudo e con piviale decorato con le figure dei santi Pietro e Paolo, il tutto circondato dalla legenda CLEMENS VIII PONT MAXIMVS ANNO XII; al rovescio, la facciata dell’erigendo palazzo, con le legende MDCIII, all’esergo, e S P Q R, nel campo, in alto, proprio a significare che il palazzo era destinato ad uso del popolo pomano, che ne sosteneva parte delle spese di costruzione.

Il Palazzo Nuovo di Piazza del Campidoglio in una medaglia del 1603 con al dritto gli stemmi dei quattro conservatori Delio Demagistris, Solderio Patrizi, Virginio Zitelio e Gerolamo Cincio
Il Palazzo Nuovo di Piazza del Campidoglio in una medaglia del 1603 con al dritto gli stemmi dei quattro conservatori Delio Demagistris, Solderio Patrizi, Virginio Zitelio e Gerolamo Cincio

La medaglia non è firmata, ma, sulla base di considerazioni stilistiche, fino a qualche tempo fa era stata attribuita a Giorgio Rancetti, il fiorentino che fin dal 1601 ricopriva la carica di incisore camerale, sebbene con incarico che gli veniva rinnovato di anno in anno.

Recentemente, tuttavia, è stata avanzata l’ipotesi che essa possa esser di mano di Antonio Felice Casoni. Costui, nato ad Ancona, si era formato culturalmente ed artisticamente a Bologna, dove, oltre a pitture e sculture, aveva realizzato pure medaglie in onore del cardinale Pietro Aldobrandini, nipote del papa, e di altri eminenti personaggi della città.

Quando il cardinale era tornato a Roma, il Casoni lo aveva seguito e nella Città Eterna si era dato precipuamente all’architettura, progettando e realizzando principalmente alcune bellissime fontane, tanto da ottenere il roboante titolo di “fontaniere pontificio”.

La medaglia con data MDCIIII e ritratto di papa Aldobrandini sul dritto
La medaglia con data MDCIIII e ritratto di papa Aldobrandini sul dritto

Ma tra il 10 e il 12 gennaio 1604 – sempre l’anno XII di pontificato – fu iniziato lo scavo per il secondo pilastro e in tale circostanza fu prodotta una medaglia identica alla precedente; ma all’esergo del rovescio la data fu modificata ovviamente da MDCIII a MDCIIII, con l’aggiunta di una stanghetta all’anno, per dare la nuova determinazione cronologica. Quest’ultimo rovescio così modificato appare anche accoppiato ad un dritto, sicuramente di mano del Casoni, raffigurante l’architetto Girolamo Rainaldi. Ne esiste anche un’altra, con al dritto il busto del cardinale Pietro Aldobrandini, mecenate dell’artista, e vero animatore – come detto – della costruzione.

A causa di impreviste difficoltà tecniche, come la natura argillosa del terreno, e giudiziarie (i Francescani dell’Aracoeli si opponevano da tempo all’esproprio dei loro terreni per ampliare il palazzo) i lavori procedettero molto a rilento. La morte di Clemente VIII, il 3 marzo 1605, li bloccò definitivamente: a quel giorno erano state gettata solo le fondamenta, fino al livello stradale, dei primi due pilastri e scavata la fossa per il terzo, come ci documenta una stampa rappresentante il Campidoglio e pubblicata nel 1607, ma di cui ignoriamo l’autore.

Dovettero passare quarant’anni prima che la costruzione del Palazzo Nuovo riprendesse e che fosse edificata la facciata, sotto Innocenzo X Pamphilj, come sarà ricordato dalla medaglia annuale dell’anno II di pontificato di questo papa, il 1646, realizzata da Gasparo Morone. Ma questa è un’altra storia…