I soldi di lira dalmata furono coniati da Venezia dall’inizio del XV secolo per favorire la penetrazione economica nei territori della regione di Zara

 

di Artur Zub e Andrea Paolucci | “Cum in civitate nostra Jadre et partibus illis currant et expendantur alie monete quam nostre…” : inizia così la deliberazione del Senato veneziano del 31 maggio 1410 (Papadopoli p. 375 e sgg.) che ordinava alla zecca di battere una moneta per la Dalmazia (vedi anche nota del 13 agosto 1410 del Capitolar dalle broche della zecca di Venezia). Infatti Jadra, la romana Jadera, è la città di Zara, in croato Zadar e la sua regione, la Dalmazia con le sue innumerevoli isole, era fondamentale per il controllo del medio Adriatico e, quindi, di vitale importanza per Venezia.

L’espansione di Venezia sulla sponda orientale dell’Adriatico

Assicuratasi una posizione dominante nell’alto Adriatico con Pietro II Candiano (932-939), che conquistò Comacchio e Capodistria, la Serenissima volse quindi il proprio interesse alla Dalmazia. L’influenza di Venezia su questo territorio risale alla seconda metà del IX secolo, quando iniziarono le lotte con i pirati dalmati, culminate con la spedizione di Pietro II Orseolo (991-1009) nell’anno Mille, dopo la quale il doge divenne anche duca di Dalmazia.

Pietro II fu riconosciuto Dux Veneticorum atque Dalmatianorum dall’imperatore Enrico II nel 1002 e dal papa Silvestro II tra il 1000 e il 1003 e tale titolo fu conservato fino al 1358. Ma anche una potenza terrestre, ovvero il Regno di Ungheria, era interessata alle coste della Dalmazia, soprattutto dopo la conquista della Croazia da parte di re Stefano.

Così nel XII secolo la città di Zara fu governata dai Veneziani quasi ininterrottamente dal 1111 al 1183, quando la persero a favore del Regno di Ungheria. Ma l’occasione di riprendersi Zara si presentò nell’ottobre del 1202 con la IV crociata. Infatti il primo scalo dell’armata cristiana fu proprio Zara che dopo cinque giorni di assedio venne conquistata dai crociati che la consegnarono al doge Enrico Dandolo (1192-1205).

Zara, fra dominio della Serenissima e ribellioni

Zara si ribellò più volte al potere veneziano e venne di nuovo persa dopo la guerra con Luigi I d’Angiò (pace di Zara del 18 febbraio 1358), quando diventò capitale del Regno di Dalmazia, protettorato ungherese. Da allora i Dogi non usarono più il titolo di duca, ma quello di Dei gratia dux venetiarum et cetera, che restò fino alla fine della Serenissima.

Nel 1400 morì il doge Antonio Venier (1382-1400) e come suo sucessore fu eletto Michele Steno (1400-1413). Il suo dogato si rivelò importante per la Serenissima. Infatti nel 1405 Venezia sconfisse definitivamente i Carraresi signori di Padova, alleati del Regno di Ungheria, acquisendo così un vastissimo territorio comprendente praticamente tutto il Veneto e nel 1409 si riprese Zara e la Dalmazia, che diventò una provincia veneta, acquistandola da Ladislao d’Angiò (1386-1414), re di Napoli e di Ungheria, per 100.000 ducati. Si arriva così al maggio 1410 e si comprende perché Zara è chiamata “civitate nostra”.

Circolazione monetaria nella città di Zara fino all’inizio del XV secolo

La deliberazione del 31 maggio 1410 ha come scopo di mettere ordine nella circolazione monetaria di Zara. Infatti inizia lamentando che a Zara veniva spesa moneta straniera ad un valore che superava l’intrinseco di ciascuna moneta, creando un danno a Venezia (Paolucci p. 161). La deliberazione cita tre tipi di monete che sono nell’ordine: i grossi di Spalato, i soldini ungheresi e i cosiddetti “frignachi” (frisacensi) ovvero i denari di Aquileia.

lira dalmataLa prima di queste monete (fig. 1) venne coniata dal duca di Spalato Hrvoje Vukcic Hrvatinic (1350-1416) fra il 1403 e il 1413 e presenta al dritto il cimiero e lo scudo del duca accompagnato dalla legenda CHERVOII DVCIS S. Al rovescio è raffigurato il patrono di Spalato, san Doimo, stante, nimbato, con le braccia aperte e un pastorale nella sinistra.

La legenda del rovescio è S DOIMVS SPALATI M. San Doimo (o Domino) martire patrono di Spalato, ucciso durante le persecuzioni di Diocleziano, è sepolto nella cattedrale a lui dedicata fin dal VII secolo. Nella deliberazione si cita che questo grosso, del peso di circa g 1,87, valeva tre soldi, o anche meno, e veniva speso per soldi quattro.

Il denaro ungherese (fig. 2), chiamato soldino per assonanza di peso nella deliberazione (?), qui rappresentato come esempio, fu coniato in nome di Maria d’Angiò (1382-1385), figlia di Luigi, alla fine del XIV secolo. La legenda del dritto è MONETA MARIA che circonda una corona e le lettere C M che identificano lo zecchiere. Al rovescio si legge REINA VNGARIE e vi è rappresentata la doppia croce ungherese. Il peso è di g 0,58. Nella deliberazione si lamenta che il soldo ungherese non vale otto denari, ma viene speso per un soldo.

La terza moneta citata è il denaro di Aquileia (fig. 3). L’esemplare illustrato è stato coniato da Antonio II Panciera (1350-1431) patriarca dal 1402 al 1412. La legenda ANTONIVS PATRIARCH circonda lo stemma dei Panciera (?), uno scudo con una banda a scacchi e una stella nella parte inferiore. Al rovescio è rappresentata un’aquila circondata dalla scritta AQVILEIENSIS. Anche per questa moneta la deliberazione lamenta la scarsità dell’intrinseco rispetto al valore dato correntemente in Dalmazia. Infatti tali monete, è scritto, non contengono tre once di argento per marca, ma si spendono per un soldo.

lira dalmataQuindi, preso atto che le monete descritte invadevano il territorio di Zara e facevano sparire le buone monete veneziane “cum tanto damno nostro”, il Senato ordina di coniare una moneta che contenga tre once di argento per marca e di ricavare da ogni oncia 42 pezzi.

Il soldo di lira dalmata: genesi di una moneta poco conosciuta

Sul dritto doveva essere inciso san Marco addobbato in vesti talari e al rovescio uno scudo nel quale non ci doveva essere nulla, in modo che questa somiglianza (“modica differenzia”) con i “frignachi” facilitasse l’accettazione e, quindi, il corso della nuova moneta.

L’ordine di battere 42 pezzi per oncia, che equivaleva a g 29,8125, aveva come risultato un peso per pezzo di g 0,709 circa. Nel decreto successivo del 27 aprile 1414, il peso viene ridotto a g 0,677 (44 pezzi per oncia), ma avendo innalzato il titolo (un quarto di oncia in più di fino), l’intrinseco restava uguale e pari all’argento contenuto in 2/3 di soldo veneziano.

E siccome nel decreto del 1414 si parla di soldo, Papadopoli (op. cit. p. 295) sostiene che questa moneta è la prima emissione di una frazione della lira dalmata, che varrà 2/3 di lira veneta fino alla caduta della Serenissima. Inoltre va sottolineato che questa è la prima moneta battuta nella zecca di Venezia senza il nome del Doge (Stahl p. 145).

Gli studi riguardanti il soldo di lira dalmata iniziano nell’ottocento con Lazari e Papadopoli, quando questa tipologia viene riscoperta dagli studiosi. La grande rarità rendeva difficile lo studio di questa moneta. Ma tale situazione cambiò il 28 maggio 1960.

Il ripostiglio di Novigrad: 225 soldi di lira dalmata su 1080 monete

Quel giorno, infatti, nel giardino della scuola “Stanko Batur” di Pridrazi presso Novigrad, nelle vicinanze di Zara, venne scoperto un ripostiglio di circa 1080 monete medioevali così composto: 397 denari dei patriarchi di Aquileia (11 pezzi di Nicolò di Boemia 1350–1358, 12 pezzi di Ludovico I della Torre 1359–1365, 25 pezzi di Marquardo di Randeck 1365–1381, 2 pezzi di Filippo d’Alencon 1381–1388, 50 pezzi di Giovanni di Moravia 1387–1394, 46 pezzi di Antonio I Caetani 1395–1402 e 251 pezzi di Antonio II Panciera 1402–1411), 231 soldini e mezzanini di Venezia (2 pezzi di Francesco Dandolo 1329–1339, 3 pezzi di Andrea Dandolo 1343–1354, 7 pezzi di Giovanni Dolfin 1356–1361, 4 pezzi di Lorenzo Celsi 1361–1365, 1 pezzo di Marco Corner 1365–1368, 23 pezzi di Andrea Contarini 1368–1382, 134 pezzi di Antonio Venier 1382–1400, 55 pezzi di Michele Steno 1400-1413), 213 denari ungheresi (210 pezzi di Lodovico I 1342–1382 e 3 pezzi di Maria d’Angiò 1382–1385), 10 grossi di Spalato di Vukcic Hrvatinic 1403–1413, 3 carrarini di Padova (2 di Jacopo II da Carrara 1345–1350 e uno di Francesco II da Carrara 1390–1405, pezzo erroneamente attribuito nel ripostiglio a Francesco I da Carrara) e una moneta coniata a Gorizia da Giovanni Mainardo conte 1385–1430.

Catalogo delle varianti conosciute della Moneta Dalmatie

Ma il nucleo più interessante del ripostiglio è senz’altro rappresentato da 225 soldi della Moneta Dalmatie. Si è così scoperta l’esistenza di varianti di questa moneta che vanno a integrare le due conosciute da Papadopoli. Gli studiosi croati hanno diviso gli esemplari in quattro tipologie con delle varianti. Qui invece si preferisce numerare singolarmente non solo le tipologie, ma anche le varianti in quanto frutto di coni diversi, distinguendo ogni emissione per il tipo di rovescio che presenta. Bisogna, inoltre, notare che nei testi croati il dritto è quello con lo scudo, mentre nei testi italiani è quello con san Marco. A rigor di logica è corretta l’impostazione italiana, poiché in entrambi i decreti la parte con san Marco viene citata prima di quella con lo scudo. Quindi, allo stato attuale il catalogo delle varianti del soldo della lira dalmata si presenta nel modo seguente.

lira dalmata1) Soldo di lira dalmata con scudo vuoto (fig. 4)

D/ SANTVS MARCVS, san Marco stante frontalmente con le braccia aperte, vestito in abiti sacerdotali e con un nimbo di perline. R/ + MONETA DALMATIE in caratteri gotici, uno scudo vuoto affiancato su ciascun lato da un trifoglio e due puntini, il tutto racchiuso in un cerchio di perline intorno al quale scorre la legenda.

2) Soldo di lira dalmata con scudo con un punto (fig. 5)

D/ SANTVS MARCVS, san Marco stante frontalmente con le braccia aperte, vestito in abiti sacerdotali e con un nimbo di perline. R/ + MONETA DALMATIE in caratteri gotici, uno scudo vuoto con un punto in mezzo affiancato su ciascun lato da un trifoglio e due puntini, il tutto racchiuso in un cerchio di perline intorno al quale scorre la legenda.

lira dalmata3) Soldo di lira dalmata con scudo con banda a scacchiera (fig. 6)

D/ SANTVS MARCVS, san Marco stante frontalmente con le braccia aperte, vestito in abiti sacerdotali e con un nimbo di perline. R/ + MONETA DALMATIE in caratteri gotici, uno scudo con una banda a scacchi affiancato su ciascun lato da un trifoglio e due puntini, il tutto racchiuso in un cerchio di perline intorno al quale scorre la legenda. Questa tipologia presenta una banda composta da quadrati disposti a scacchiera.

4) Soldo di lira dalmata con scudo con sbarra a scacchiera (fig. 7)

D/ SANTVS MARCVS, san Marco stante frontalmente con le braccia aperte, vestito in abiti sacerdotali e con un nimbo di perline. R/ + MONETA DALMATIE in caratteri gotici, uno scudo con una sbarra (invece della banda) a scacchi affiancato su ciascun lato da un trifoglio e due puntini, il tutto racchiuso in un cerchio di perline intorno al quale scorre la leggenda. Questa tipologia presenta una sbarra composta da quadrati disposti a scacchiera.

lira dalmata5) Soldo di lira dalmata con scudo con banda a scala con quattro scalini (fig. 8)

D/ SANTVS MARCVS, san Marco stante frontalmente con le braccia aperte, vestito in abiti sacerdotali e con un nimbo di perline. R/ + MONETA DALMATIE in caratteri gotici, uno scudo con una banda liscia attraversata da quattro barrette perpendicolari affiancato su ciascun lato da un trifoglio e due puntini, il tutto racchiuso in un cerchio di perline intorno al quale scorre la leggenda. Quindi l’effetto visivo non è a scacchi.

6) Soldo di lira dalmata con scudo con sbarra a scala con quattro scalini (fig. 9)

D/ SANTVS MARCVS, san Marco stante frontalmente con le braccia aperte, vestito in abiti sacerdotali e con un nimbo di perline. R/ + MONETA DALMATIE in caratteri gotici, uno scudo con una sbarra (invece della banda) liscia attraversata da quattro barrette perpendicolari affiancato su ciascun lato da un trifoglio e due puntini, il tutto racchiuso in un cerchio di perline intorno al quale scorre la leggenda. Quindi l’effetto visivo non è a scacchi.

lira dalmata7) Soldo di lira dalmata con scudo con sbarra a forma di scala con tre scalini (fig. 10)

D/ SANTVS MARCVS, san Marco stante frontalmente con le braccia aperte, vestito in abiti sacerdotali e con un nimbo di perline. R/ + MONETA DALMATIE in caratteri gotici, uno scudo con una sbarra (invece della banda) liscia attraversata da quattro barrette perpendicolari affiancato su ciascun lato da un trifoglio e due puntini, il tutto racchiuso in un cerchio di perline intorno al quale scorre la leggenda. Quindi l’effetto visivo non è a scacchi. In questo caso è nota solo la variante con la sbarra.

Il primo tipo è il più interessante delle nuove varianti e riporta al dritto la legenda SANTVS MARCVS intorno alla figura di san Marco orante, unica nel suo genere sulle monete veneziane e molto simile a quella di san Doimo sui grossi di Spalato (De Ruitz, op. cit. nota a p. 122). Questa figura resta uguale in tutte le varianti successive.

Al rovescio, come richiesto dal Senato nella deliberazione 1410 (“in quod sit nihil”), è inciso uno scudo vuoto. Probabilmente questo soldo, assieme alla variante con il punto in mezzo allo scudo, è quello coniato nel 1410 e che nel 1414 era già sparito dalla circolazione. Certamente l’esistenza di questa moneta cambia tutte le supposizioni che erano state fatte dagli studiosi intorno allo stemma che presentavano gli esemplari conosciuti in precedenza.

Le varianti nello stemma al rovescio: considerazioni e documenti

Papadopoli (op. cit. p. 296 e sgg.), seguendo la Storia dei Dogi di Venezia, individua nello stemma rappresentato sul rovescio delle tipologie 3-7 quello della famiglia Surian, sostenendo che fu adottato perché simile a quello di Antonio II Panciera. Tuttavia, a nostro avviso, è da ritenere che lo stemma copi semplicemente quello dei Panciera e che la somiglianza con quello dei Surian o altri sia solo un caso. Infatti nella deliberazione del 1410 il Senato chiede specificatamente che sul rovescio del soldo ci sia uno scudo vuoto e l’espressione “in quod sit nihil” viene ripetuta nel decreto del 1414.

La conferma che il Senato fu obbedito viene dagli esemplari con lo scudo vuoto e la scelta, probabilmente successiva, di mettere la banda a scacchi o a scala fu dettata dall’esigenza di far accettare più facilmente la nuova moneta. Infatti da qualsiasi parte venisse guardato, il soldo coniato a Venezia era familiare alla vista del fruitore dalmata.

Infine sorge spontanea la domanda su chi avrebbe potuto decidere di mettere uno stemma di famiglia su una moneta battuta a Venezia, visto che il Senato non si era espresso. Probabilmente nessuno e certamente non gli zecchieri. E quindi l’espressione “in quod sit nihil” si deve riferire anche allo stemma rappresentato escludendo qualsiasi attribuzione, se non quella di similitudine ai denari di Aquileia.

Il soldo per la Dalmazia ebbe buona fortuna e servì a Venezia per penetrare con la propria moneta nei territori sulla sponda orientale dell’Adriatico. La prima emissione del 1410 fu accolta positivamente soprattutto dai morlacchi che ne fecero incetta e per tale motivo si decise di ripetere l’emissione nel 1414. Probabilmente la maggior parte delle monete fu fusa per l’elevato contenuto di argento, rispetto alle altre monete circolanti in quei territori. Per questo, al giorno d’oggi, il soldo della lira dalmata è una moneta molto rara, ma è una delle più importanti testimonianze della politica monetaria di Venezia.

 

Bibliografia essenziale

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