di Roberto Ganganelli | L’Italia si appresta a celebrare il 4 novembre, Giorno dell’Unità Nazionale e Giornata delle Forze Armate. Un  4 novembre, tuttavia, diverso e speciale perché cento anni fa al rombo dei cannoni si sostituirono, dopo il Bollettino della Vittoria del generale Armando Diaz, canti di gioia e campane a distesa da un angolo all’altro di una Nazione che, per darsi la prima vera prova di unità, avrebbe dovuto combattere per ben tre anni e mezzo lasciando sul campo quasi 650 mila dei suoi figli.

Domenica 4 novembre le celebrazioni prenderanno il via a Roma con la deposizione di una corona d’alloro al Milite Ignoto, all’Altare della Patria, da parte del presidente Sergio Mattarella, accompagnato dalle più alte cariche dello Stato e dal capo di Stato Maggiore della Difesa. Oltre ad una brigata d’onore interforze, le Frecce Tricolori coloreranno di verde, bianco e rosso i cieli di Roma strappando come ogni volta, a bambini e adulti, un sorriso di meraviglia che vince ogni differenza e ogni distanza ideologica.

Altre cerimonie si svolgeranno al Sacrario di Redipuglia, dove riposano i resti di oltre centomila caduti italiani, quindi al Sacrario Militare dei Caduti d’Oltremare di Bari e cuore della giornata sarà la manifestazione si Trieste, caratterizzata da diversi momenti che rievocherà alcuni momenti significativi della fine della Grande guerra: l’ingresso delle truppe italiane in città e il sorvolo di un velivolo dell’epoca.

Non sappiamo in quanti Comuni italiani siano, e in che modo, state organizzate celebrazioni a ricordare quei fatti di cento anni or sono, né con quale spirito i presenti ricorderanno un familiare, un aneddoto sentito raccontare in gioventù, un fatto che ancora – a distanza di un secolo – lega quasi ogni famiglia italiana a quegli anni tragici del 1915-1918.

Sappiamo tuttavia, come collezionisti, di essere in un certo senso dei privilegiati: per il più anziano numismatico come per il più giovane degli appassionati, infatti, ogni pagina di storia – in questo caso la Prima guerra mondiale – è sempre viva e presente, in ogni suo aspetto, comprese le contraddizioni e i lati più oscuri e controversi.

Bastano infatti un nichelino tipo Esagono, una lira Quadriga, oppure una medaglia interalleata o, ancora, un buono di sottoscrizione patriottica, una banconota o una cartolina in franchigia, una reggimentale, un gettone della Croce Rossa, il ritratto del re sulla medaglia “bronzo nemico” o magari il piccolo, scintillante oro concesso ai reduci mezzo secolo più tardi, nel 1968, per farci tornare alla mente le parole di Primo Levi (a proposito dell’Olocausto, un’altra tragedia del XX secolo): “Ricordatevi che questo è stato”.

A portare il ricordo sono sempre, per primi, i reduci ma oggi, di reduci in vita, di quella guerra che Benedetto XV definì “inutile strage”, qui in Italia non ve ne sono più; l’ultimo dei “ragazzi del ‘99” (in reaLTà, lui era del ’98), il caporale dei Bersaglieri Delfino Borroni, ci ha lasciati GUISTO dieci anni fa.

E’ per questo che la memoria, paradossalmente sempre più labile pur nell’infinita capienza e organizzazione del mondo digitale, grazie al potere di fascinazione e comunicazione diretta dei piccoli oggetti e del collezionismo numismatico può e deve essere perpetuata.

Così, osservando con un po’ di attenzione un centesimo, una croce al merito, un francobollo o una mostrina arrugginita di un secolo fa vedrete che il viso serioso e sbiadito di un bisnonno in elmetto Adrian e giberne partito chissà quando per il fronte – un ragazzo che allora aveva forse nemmeno vent’anni, e che magari non è più tornato a casa – per un attimo, vi sorriderà.