Rubando la scena, per così dire, al nostro collaboratore Damiano Cappellari – autore di altre interessanti biografie di numismatici italiani illustri – riproponiamo questo studio che venne dato alle stampe per la prima volta nell’ambito del volume Il collezionismo numismatico italiano. Una storia di illuminata tradizione. Un patrimonio culturale del nostro Paese edito nel 2014 su iniziativa del Numismatici italiani professionisti.

Ada Bellucci Ragnotti (1879-1971) è stata una figura di rilievo nel tra XIX e XX secolo e della quale tuttavia, finora, nessun testo si era occupato in maniera organica. Da questa, per certi aspetti, inspiegabile lacuna è sorto il desiderio di raccogliere documenti e informazioni su Ada Bellucci, la sua collezione di monete e i suoi studi; buona parte di tali notizie, oltre a molte delle immagini che corredano il presente saggio, sono state messe a disposizione dal professor Mario Bellucci al quale va la gratitudine dell’autore per aver aperto, con disponibilità non comune, i cassetti della memoria rivelando aneddoti familiari e inediti dettagli biografici, oltre a preziose indicazioni su quanto pubblicato dalla studiosa umbra. E’ stato così possibile, finalmente, ricomporre alcuni tasselli di una lunga esistenza vissuta all’insegna di una cultura eclettica e di attività molteplici, e durante la quale l’amore per la storia e la numismatica hanno rappresentato un vero e proprio “fil rouge”, nel solco d’una tradizione familiare antica ed, ancora oggi, viva e vitale.

Figlia della signora Teresa Piccini e del professor Giuseppe Bellucci – figura di primo piano, tra Ottocento e Novecento, dell’Università di Perugia nella quale ricoprì sia incarichi di docente che di preside e di rettore – Ada Bellucci nasce nel capoluogo umbro il 3 ottobre del 1879, da una delle famiglie più attive nelle lotte risorgimentali come nella prima fase del Regno unitario e, quindi, maggiormente in vista nell’ambiente politico e culturale della città alla fine del XIX secolo.

Ada ha tre fratelli – Italo, Lilio e Bruno – ed una sorella, Nerina; il padre, esponente della borghesia liberal-massonica ed eclettico studioso, tra le proprie collezioni annovera oltre a quella, celeberrima, di amuleti antichi e moderni, il primo nucleo di una raccolta numismatica composta di monete coniate dalle zecche dell’Umbria tra il Medioevo e l’età moderna che copre i periodi dei Comuni, delle Signorie, del potere pontificio e, infine, delle officine temporanee aperte alla fine del XVIII secolo, tra l’ultima fase del pontificato di Pio VI Braschi (1795-1798) e la I Repubblica Romana (1798-1799). All’arricchimento di questo insieme di esemplari, in parte costituito grazie ad acquisti da collezionisti privati e sul mercato locale e, in parte, mediante acquisizioni presso ditte numismatiche italiane e straniere, Ada Bellucci si dedica fin dalla giovinezza, nel segno di un’incessante collaborazione con il padre che la vedrà impegnata anche nello studio di reperti preistorici, amuleti e bronzi antichi come, per propria passione personale, nella valorizzazione delle antiche arti della tessitura e del ricamo.

La Bellucci si dedica infatti, nel corso della sua vita, anche all’attività di imprenditrice tessile – un settore a metà tra artigianato artistico e moderna industria reso florido, a Perugia, da storiche dinastie come quella degli Spagnoli – e raccoglie una pregevole selezione di tessuti e ricami antichi, di varie epoche e provenienze, in seguito donata alla Galleria Nazionale dell’Umbria. Contestualmente ricerca e conserva strumenti, libri e macchinari legati alle arti del tessuto realizzando elaborati ricami secondo le tecniche perugine in uso fin dal Trecento e collaborando, inoltre, con il Laboratorio Tela Umbra di Città di Castello voluto dalla baronessa Alice Hallgarten Franchetti e che, dopo la morte della fondatrice, in special modo nella prima metà degli anni Trenta, contribuirà in modo determinante a rilanciare.

Collezionista curiosa ed instancabile, Ada si appassiona anche ad oggetti “inusuali”, almeno per una “signorina di buona famiglia” del suo tempo; tra questi le tabacchiere artistiche, manufatti particolari e pregevoli esempi di arte applicata dei quali dà vita ad un’ulteriore, interessante raccolta.

Il 15 ottobre del 1902 convola a nozze con il medico perugino Giuseppe Ragnotti dal quale avrà due figli: Ercole, nato nel 1903, e Nerina, nata nel 1912. Quelli a cavallo tra XIX e XX secolo sono anni sereni e fecondi nei quali Ada, parallelamente alla vita domestica e familiare, continua ad ampliare la propria cultura mettendo a frutto, fra l’altro, l’ottima conoscenza della lingua francese con la traduzione dell’opera dello studioso calvinista Paul Sabatiér “Saint François et les mouvements religieux au XIIIe siécle” di cui redige un’edizione italiana data alle stampe nel 1902, a Perugia, dall’Unione Tipografica Cooperativa. Instancabile, sia a fianco del padre che dopo la scomparsa di quest’ultimo, è infine la sua attività nell’ambito della Regia Deputazione di Storia Patria per l’Umbria, sede – per così dire – “naturale” per l’approfondimento della sua passione per il passato della città di Perugia e del territorio regionale.

ada bellucci ragnotti numismatica monete perugia collezione studio libri ricerca Con Ada e la sua famiglia, tuttavia, il destino si dimostrerà tutt’altro che benevolo: la figlia Nerina, infatti, perderà la vita nel 1938 per complicazioni insorte dando alla luce il figlio Franco (aveva già una figlia, Maddalena, nata nel 1933) mentre il marito Michele Casamassima, ufficiale sommergibilista della Regia Marina, morirà in un campo di prigionia alleato nell’immediato dopoguerra. Il figlio Ercole, libero docente di Patologia chirurgica ed ufficiale medico del Regio Esercito, rimarrà invece vittima dei bombardamenti inglesi in Nord Africa alla fine del 1941, mentre è impegnato a prestare soccorso ai feriti in un piccolo ospedale da campo. Per la sua generosa opera di medico-soldato, il capitano Ercole Ragnotti – che lascia la moglie Margherita (Mita) Zambeletti e due figli, Giovanni e Lodovico – verrà decorato, alla memoria, di medaglia d’argento al valor militare.

A causa dei lutti e dell’avanzare dell’età, gli anni del secondo dopoguerra vedono Ada Bellucci condurre un’esistenza via via più appartata e discreta, circondata dall’affetto del marito e dei familiari, in particolare del nipote Mario, docente universitario e stimato radiologo al quale trasmette la passione per la numismatica (questi sarà autore, nel 1971, del volume “Medaglie perugine dal XV al XX secolo”) e la storia di Perugia e dell’Umbria; rimasta vedova nel 1960, anche in seguito Ada continuerà a coltivare i propri interessi, dimostrando un’inesauribile vivacità intellettuale, circondata dall’affetto dei familiari e dalla stima della sua amata Perugia, dove si spegne il 31 gennaio del 1971.

La collezione di monete umbre costituita inizialmente da Giuseppe, quindi da Ada Bellucci e infine dal nipote Mario ha rappresentato un caso non comune nel panorama numismatico italiano. Arricchita, esemplare dopo esemplare, da tre generazioni di appassionati, la raccolta si è formata infatti nell’arco di quasi un secolo e mezzo arrivando a contare varie centinaia di monete in argento, mistura e rame, talune di notevole rarità e in elevata conservazione, coniate dalle officine monetarie umbre nel periodo dal XIII al XVIII secolo.

Ad essere rappresentate sono, in primo luogo, le abbondanti e prolungate produzioni del capoluogo, Perugia, sia quelle relative al periodo comunale che alla successiva dominazione pontificia (inclusi i quattrini della Guerra del Sale, 1540, quando la città si ribellò a Paolo III); accanto a queste, la collezione ha annoverato monete pertinenti alla lunga attività della zecca di Gubbio, come pure svariati esemplari coniati a Foligno e a Spoleto, unitamente a coniazioni riferibili alle estemporanee esperienze monetarie di Orvieto e di Terni. Tra i prodotti di quest’ultima zecca, operativa per pochissimi mesi nel 1797, figura tuttora una pregevolissima muraiola da 4 baiocchi dono del “re numismatico” Vittorio Emanuele III della quale sarà interessante, più avanti, approfondire la storia.

La collezione Bellucci, il cui nucleo portante si è formato tra la seconda metà dell’Ottocento e la prima del Novecento, nel corso degli ultimi decenni si è ulteriormente arricchita con esemplari acquisiti presso ditte numismatiche italiane ed europee tra le quali Ratto, Crippa e Baranowsky, Münzen und Medaillen e Tkalec. Già a cavallo tra Ottocento e Novecento, tuttavia, sia il professor Giuseppe Bellucci che la figlia potevano contare su una rete di contatti e di corrispondenti in Italia e all’estero i quali, per i rispettivi ambiti di competenza, segnalavano loro reperti e monete di potenziale interesse per l’acquisto; altre acquisizioni – anche se non rimangono, in tal senso, indicazioni precise – avvennero invece, con ogni probabilità, sul fiorente mercato antiquario cittadino e presso privati e raccoglitori umbri.

ada bellucci ragnotti numismatica monete perugia collezione studio libri ricerca Unitamente alle monete, presso gli eredi Bellucci sono conservati ancora oggi parte dei carteggi intercorsi tra Giuseppe, Ada e mercanti del settore numismatico; la studiosa disponeva inoltre di una piccola biblioteca specializzata, tuttora integra e, in nuce, costituita già dal padre con alcuni testi italiani ad iniziare, ovviamente, dalla fondamentale opera di Giovan Battista Vermiglioli edita a Perugia nel 1816 per i tipi di Vincenzo Baudel (“Della Zecca e delle Monete perugine”) e, in seguito, integrata con il XIV volume del “Corpus Nummorum Italicorum” di Vittorio Emanuele III edito nel 1933 e dedicato alle zecche dell’Umbria e alle officine minori del Lazio, oltre che da monografie ed estratti in lingua italiana, francese e tedesca. Si conservano tuttora, infine, gli espositori in legno realizzati nel 1907 per l’Esposizione di Arte Antica Umbra ed alcuni cartellini aggiunti al momento dell’acquisizione a parte degli esemplari della raccolta numismatica oltre, naturalmente, alle pubblicazioni in estratto – oggi rarissime – di cui la Bellucci fu autrice tra l’ultimo decennio dell’Ottocento ed il primo del secolo seguente.

| L’istituzione a Perugia, nel 1896, della Regia Deputazione di Storia Patria per l’Umbria – di cui il professor Giuseppe Bellucci, padre di Ada, è uno dei soci fondatori e nell’ambito della quale sarà sempre assai attivo, ricoprendo a più riprese cariche direttive – rappresenta un evento fondamentale che spinge la giovane figlia Ada ad aderire al sodalizio contribuendo, con scritti di carattere storico-numismatico, a svariati volumi del “Bollettino”. Risale al 1898, ad esempio, una delle dissertazioni più interessanti a firma della studiosa, “Monete edite ed inedite coniate nella zecca di Perugia durante la Guerra del sale nel MDXL”. Si tratta di un episodio particolare nella storia della città, durante il quale Perugia, proclamatasi “Civitas Cristi”, coniò in autonomia quattrini in bassa mistura con la croce patente e l’effigie del patrono sant’Ercolano (monete di impianto simile ad un tipo eugubino coniato per la prima volta da Guidubaldo I da Montefeltro) divenuti l’emblema della rivolta contro papa Paolo III Farnese (1534-1545) e dell’ultimo tentativo di riconquistare la piena autonomia politica e amministrativa.

Queste monete, già a fine ‘800, risultano di estrema rarità a motivo dell’editto, trascritto dalla Bellucci, con il quale il luogotenente pontificio vietava a chiunque di “spendere, recevere, accettare né tenere in casa sua sorte alchuna de monete di qualsivoglia valore o maniera, che si batterono et fabbricarono al tempo della comessa ribellione […] sotto pena della vita et della confiscatione di tutti li beni suoi”. La studiosa ne censisce dodici esemplari in totale individuando, tra questi, ben cinque varianti di conio (non tutte, in seguito, confermate); i quattrini vengono quindi descritti annotandone caratteristiche e provenienze. Due disegni illustrano l’articolo dal quale traspaiono, oltre ad una raggiunta maturità nel metodo di ricerca, un profondo senso di orgoglio civico ed un velo di nostalgia per i tempi, ormai remoti, di quell’indipendenza cittadina irrimediabilmente perduta.

Poco dopo, è il 1899, la Bellucci pubblica in fascicolo – sarà edito, l’anno seguente, anche nel “Bollettino della Regia Deputazione di Storia Patria per l’Umbria” – un secondo approfondimento dal titolo “Ultimo periodo della zecca perugina. Ricordi storici e nuovi documenti” che ha per oggetto le coniazioni effettuate durante la I Repubblica Romana nel biennio 1798-1799. Tra queste spicca lo scudo in argento con al dritto l’aquila che porta nel becco un ramo d’alloro e due saette tra gli artigli e, al rovescio, la denominazione SCUDO entro una ghirlanda. Questa rarissima tipologia viene presentata insieme alle trascrizioni di documenti d’epoca, ad un sunto sulle vicende storiche e l’attività di zecca a Perugia in periodo giacobino e ad alcune curiose annotazioni tra le quali leggiamo, ad esempio, che alla fine XIX secolo “apparve poi in Perugia un esemplare di questi scudi, proveniente da Ancona, richiedendosene per la vendita il prezzo favoloso di lire 1800”.

Esula dall’ambito della numismatica umbra, ma presenta, in ogni caso, uno stretto collegamento con il capoluogo, il successivo saggio redatto da Ada Bellucci pubblicato sia nel Bollettino che, come estratto, nel corso del 1901. Si tratta infatti dell’analisi di un “Tesoretto di aurei rinvenuto in Perugia” nel quale si dà notizia di un interessante gruzzolo di cinquanta esemplari in oro, studiato con lungimiranza “Prima ch’esso fosse posto in commercio, e venisse diviso e disperso […] sembrandomi che [le monete rinvenute, Nda] presentassero nel loro insieme un notevole interesse numismatico e storico”.

Le monete sono elencate per officina di produzione e sommariamente descritte e classificate: si riscontrano fra esse esemplari di Roma compresi tra i pontificati di Paolo II (1464-1471) e Clemente VII (1523-1534), alcune monete di Bologna (sia a nome dei Bentivoglio che riferibili al periodo pontificio), esemplari napoletani di età aragonese (tra i quali vengono elencati anche tipi, in realtà, di produzione spagnola), monete di Venezia e di Rodi, dei Pico per Mirandola, di Mantova e Milano, Genova e Lucca, altre di zecche tedesche ed ungheresi e quattro esemplari attribuiti alla zecca di Tunisi con legende “impresse in caratteri orientali”.

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La Bellucci, approfondendo la composizione del tesoretto, si spinge ad ipotizzare che il gruzzolo possa essere stato nascosto da un religioso missionario (dal momento che fu ritrovato nel sito dove, presumibilmente, vi erano i resti di un edificio monastico) e che le circostanze dell’occultamento possano essere state la peste del 1526 o la Guerra del sale del 1540. La pubblicazione del 1901 risulta, a tutt’oggi, l’unica testimonianza di questo rinvenimento monetale effettuato all’alba del XX secolo a Perugia.

Nel 1902 viene pubblicata, nel “Bollettino”, una nuova memoria di Ada Bellucci dal titolo “La Zecca di Terni”, redatta per il Congresso della Regia Deputazione che si era tenuto, l’anno prima, nella stessa città. Grazie alla collaborazione di Ettore Sconocchia, bibliotecario del Municipio ternano, Ada Bellucci riesce a raccogliere notizie storiche sull’officina pontificia istituita per breve tempo, nel 1797, dai patrizi Marcello Sciamanna e Paolo Gazzoli che produsse madonnine da 5 baiocchi in rame e muraiole in mistura da 8, 6 e 4 baiocchi.

Di un certo interesse ci appaiono, in particolare, le trascrizioni di alcuni documenti originali sull’attività dell’officina monetaria. Il contributo è arricchito da una tavola con i disegni dei quattro tipi di monete coniate a Terni, da considerazioni sull’iconografia e i pesi medi degli esemplari analizzati e, cosa quanto mai all’avanguardia per l’epoca, dall’analisi composizionale effettuata da Giuseppe Bellucci, qualificato chimico, “sul metallo di una murajola da bajocchi sei di Terni, di aspetto bruttissimo, forse argentata semplicemente all’esterno [che, Nda] rivelò la costituzione seguente: Rame 96.9 Argento 3.1 Piombo, Ferro, e Carbone tracce”. Ciò, in evidente contraddizione con i capitoli della zecca ternana stando ai quali la proporzione del rame, in questo tipo di monete, “doveva rappresentare due terzi”. Moneta svilita dagli zecchieri o falso d’epoca? Non lo sapremo mai.

Nel successivo volume del “Bollettino” appare – è il 1903 – un’ulteriore breve scritto dal titolo “Sulla zecca di Terni. Nota” nella quale Ada Bellucci scrive: “Per mezzo cortese mi feci un dovere di presentare una copia del mio tenue lavoro a S.M. il Re, che con tanta dottrina ed amore si occupa degli studi numismatici ed attende alla raccolta e conservazione di quei cimeli, che sono tanta parte nella Storia del nostro paese. S.M. si compiacque non solo di accogliere benignamente la mia modesta offerta, ma si degnò inviarmi in dono una ‘murajola da bajocchi quattro’, che è la più interessante moneta tra quelle uscite dalla zecca di Terni, ed appunto quella che concorre principalmente a far designare codesta zecca tra le rarissime d’Italia. S. M. volle ancora aggiungere al dono, alcune notizie riferentisi al rinvenimento di tale moneta ed alle particolarità del suo conio”. La moneta, sottolinea infatti l’autrice, era stata acquistata da Vittorio Emanuele nel 1882 al mercato di Campo dei Fiori a Roma e, da quel lontano 1903.

Le ultime pubblicazioni della studiosa perugina risalgono, rispettivamente, al 1905 e al 1907. Quest’ultima data, in particolare, appare di grande importanza per la storia di Perugia nel primo scorcio del Novecento dal momento che in quell’anno si svolge, tra i mesi di aprile ed ottobre, con notevole eco a livello nazionale e grande afflusso di pubblico, la memorabile Esposizione di Antica Arte Umbra.

Inaugurata il 29 aprile alla presenza del re, la mostra si svolge a Palazzo dei Priori e, nell’ambito del percorso incentrato su dipinti e sculture, arredi sacri e per uso civile, piccoli capolavori di arte applicata e reperti archeologici, gioielli e tessuti, libri antichi e manufatti, Ada Bellucci espone una sezione numismatica comprendente più di trecento tra monete in argento, mistura e rame della raccolta di famiglia.

Riportano le cronache dell’epoca che Vittorio Emanuele III, colpito dalla bellezza e dalla ricchezza di quanto ammirato a Perugia, sia tornato una seconda volta da Roma in forma privata, in automobile, il 5 giugno del 1907, accompagnato soltanto da due ufficiali e si sia trattenuto a lungo ad ammirare la miriade di opere raccolte con il concorso di istituzioni pubbliche, musei, studiosi e privati collezionisti dell’Umbria e di altre parti d’Italia. E’ lecito supporre perciò – anche se nessuna fonte può darcene conferma – che il sovrano si sia soffermato per ben più di qualche minuto ad ammirare la sezione numismatica impreziosita da monete – talune rarissime – delle sei zecche umbre attive nel Medioevo e in età moderna, compresa quella muraiola da 4 baiocchi coniata a Terni nel 1797 che egli stesso aveva donata, qualche anno prima, alla famiglia Bellucci.

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I rapporti intercorsi tra Giuseppe, Ada e il “re numismatico”, se non per la donazione della moneta ternana non risultano documentati in altre sedi; tuttavia, la citazione riportata a p. 211 del XIV volume del “Corpus Nummorum Italicorum” in merito ai quattrini della Guerra del sale lascia presumere che la Bellucci Ragnotti possa aver contribuito in qualche forma, al pari di tanti altri studiosi e collezionisti rimasti anonimi, alla maestosa opera fornendo informazioni utili alla sua compilazione. D’altra parte, è noto che Vittorio Emanuele III possedeva parte delle pubblicazioni della studiosa umbra ed è presumibile che anche ad esse, nel corso dei suoi studi, abbia fatto ricorso.

La Bellucci, a coronamento del lavoro svolto nell’ambito dell’Esposizione di Antica Arte Umbra del 1907, redige anche un catalogo completo degli esemplari esposti edito dalla Tipografia Perugina già Santucci e che contiene, oltre all’elenco delle monete in mostra, pagine a tema storico e annotazioni di numismatica umbra.

Pagine costellate di informazioni su zecchieri e incisori che delineando un affresco in cui documenti ed evidenze numismatiche, monete e vicende umane si compenetrano rendendo viva, attuale ed affascinante la storia dei secoli passati.

Con il catalogo del 1907 si chiude la produzione scientifica di Ada Bellucci; è tuttavia doveroso citare – simbolica, “ultima pennellata” di questo “ritratto numismatico di signora” – una minuscola pubblicazione data alle stampe nel 1905 e che consiste in una nota dal titolo “Sulla zecca di Foligno”. Si tratta di appena due pagine che, tuttavia, appaiono significative soprattutto per le righe di chiusura, illuminanti sulla statura umana e culturale di Ada Bellucci e sul clima – probabilmente irripetibile – esistente all’epoca in Italia, in particolare per quanto riguarda il rapporto tra collezionismo, commercio e ricerche sulla storia della moneta: “Credo non si renderà inutile questo, se pur piccolo, contributo alla numismatica italiana e più particolarmente umbra, oggi che le ricerche numismatiche sono degnamente salite in grande importanza tra le discipline archeologiche. E difatti lo studio delle monete e medaglie, con il sussidio di altri documenti, contribuisce a rendere più vera e adorna la nostra storia, di cui la esatta conoscenza si rende ognor più necessaria fin nei suoi più minuti particolari”.