Vi presentiamo un esemplare prodotto a Firenze da una ditta privata | La coniazione riproduce le 500 lire Caravelle “bandierine controvento”

 

a cura della redazione | “Mi chiamo Claudio Massetti e sono un appassionato di monete di Brescia. Ho letto il vostro articolo sulla medaglia in bronzo dedicata alle 500 lire Caravelle. Volevo segnalarvi anche quella in mio possesso. La mia ha un diametro di mm 79, bordo liscio, pesa 192 grammi ed è marchiata argento 925 col simbolo 399FI che corrisponde all’argentiere Franco Ricci di Firenze. Magari anche quella in bronzo che avete pubblicato ha la stessa provenienza”.

Complimenti al nostro lettore che, in un batter d’occhio, ha saputo gettare nuova luce sulla bella medaglia che riproduce le 500 lire Caravelle. Ne abbiamo parlato una prima volta (leggi qui) con la segnalazione dell’esemplare in bronzo da parte del signor Alessandro Baroncelli e, poi, con la lettera del signor Giuseppe Prioreschi a proposito della derivazione dalla prova “bandierine controvento” del 1957 (leggi qui).

Busto di Pietro Giampaoli realizzato dal fratello Celestino, anch'egli valente artista come Pietro, terzo esponente di una vera e propria famiglia di talenti
Busto di Pietro Giampaoli realizzato dal fratello Celestino, anch’egli valente artista come Pietro, terzo esponente di una vera e propria famiglia di talenti

Ora, un esemplare identico ma coniato in argento ci svela il nome dell’artigiano che seppe, a suo tempo, riprodurre così bene il capolavoro assoluto della monetazione della Repubblica Italiana: il suo nome è Franco Ricci e operava in provincia di Firenze.

Anche questa medaglia appare molto curata nei dettagli, oltre che molto ben conservata e dalla piacevole patina scura (ma non troppo).

Cade così l’ipotesi che le medaglie siano “di mano” del grande maestro Pietro Giampaoli, autore con Guido Veroi dei modelli della moneta.

Si rafforza, invece, l’ipotesi di una produzione privata in piccola serie effettuata, nel capoluogo fiorentino, dopo l’esplosione del “caso” delle Caravelle di prova diventate celebri non solo per la loro eleganza, ma soprattutto per la loro rarità.

A rigore, l’argentiere non avrebbe potuto riprodurre la moneta, il cui copyright era ed è di proprietà dello Stato italiano, ma evidentemente a quei tempi – sotto questo aspetto – non si andava tanto per il sottile. Del resto, con quel diametro oversize di 79 millimetri, nessuno avrebbe potuto scambiarla per un falso!