Medaglie, distintivi e storia di una kermesse internazionale a Palazzo Grassi, prestigiosa cornice a Venezia per gli appassionati di filatelia

 

 di Marco Pagano | La famiglia Grassi, originaria di Bologna, fin dal 1230 si era trasferita verso la Laguna e più precisamente a Chioggia, dove conobbe una veloce crescita sociale ed economica, tanto che, nel corso del Seicento, vide tre suoi membri assumere il titolo di vescovo della città, mentre un quarto divenne vescovo di Caorle nel 700.

Ottenuta nel 1718 l’iscrizione al patriziato veneto grazie all’esborso dell’enorme somma di centomila ducati, la famiglia Grassi puntò alla costruzione di un palazzo degno del proprio prestigio. Non si ha precisamente nota di quando iniziarono i lavori per la costruzione di palazzo Grassi in Venezia, sappiamo però che dopo aver costruito un palazzo in Chioggia (opera di Andrea Tirali) e dopo aver iniziato ad acquistare terreni ed edifici a Campo San Samuele, calle Lin e sul canal grande , la famiglia Grassi vide completato il lussuoso palazzo (opera di Giorgio Massari) nel 1772.

Stampa d’epoca che raffigura Palazzo Grassi. Fu l’ultimo palazzo veneziano costruito affacciato sul Canal Grande prima della caduta della repubblica serenissima nel 1797

La famiglia Grassi continuò ad incrementare il proprio prestigio fin verso la metà del XIX secolo; la decadenza però fu altrettanto repentina e portò alla vendita del palazzo nel 1840. Iniziò così una lunga successione di nuovi proprietari, ognuno dei quali apportava delle modifiche al palazzo; si pensi che, nel 1857, il barone Simone de Sina (ricco finanziere greco) aggiunse quattro colonne al vestibolo per rendere più stabile la stuttura, occultò un quadro del Canal per dividere in due la sala da ballo creando un’anticamera decorata (alcune opere del pittore austriaco Christian Griepenkerl) e fece demolire una parte dei decori del XVIII presenti nel palazzo.

Infine, nel 1949, l’edificio passò sotto la proprietà di una società multinazionale italiana (SNIA VISCOSA), il cui socio di maggioranza, Franco Marinotti, guidato dalla convinzione che “nessun imprenditore può essere completo se non è sorretto da forte passione per l’arte e cultura”, apportò diverse modifiche finalizzate ad ospitare eventi artistici e storici.

Le medaglie ufficiali coniate per l’inaugurazione del centro (bronzo e argento dorato opus Emilio Monti, 45 mm di prdouzione jonhson, collezione Marco Pagano)

Nacque cosi, nel 1951, il Centro Internazionale delle Arti e del Costume, pensato e poi concretato dalla società milanese. In occasione dell’inaugurazione venne organizzata una grande mostra che ebbe luogo dal 25 agosto al 15 ottobre e che fu accompagnata dalla realizzazione di un catalogo e di varie medaglie e distintivi, tutti caratterizzati dalla presenza del logo assunto come proprio dal Centro, vale a dire il pinnacolo che campeggia in cima alle cupole della Basilica di San Marco.

Tale logo fu utilizzato anche sulle numerose pubblicazioni storiche e scientifiche di cui, nel corso degli anni, il Centro promosse la pubblicazione. Nei decenni seguenti il Centro Internazionale delle Arti e del Costume arricchì le proprie dotazioni acquisendo abiti e accessori appartenenti alle epoche più diverse e provenienti dai luoghi più esotici o da prestigiose collezioni (ad esempio quella di Mariano Fortuny) e si dotò di una ricca biblioteca.

Le tre tipologie di distintivo create per l’inaugurazione del Centro, tutte di produzione Johnson (collezione privata)

Nel 1980 il Centro cessò la sua attività: l’amministrazione veneziana acquistò la collezione di tessuti, costumi, materiale bibliografico e documentario e la destinò al Centro Studi di Storia del Tessuto, sezione dei Civici Musei Veneziani, che venne inaugurato nel 1985 a Palazzo Mocenigo di San Stae.

A questo punto però conviene concentrarsi sull’autentico oggetto di questo articolo: L’esposizione filatelica europea del 1953, che costituì uno dei più interessanti eventi organizzati dal Centro; essa si svolse tra il 7 e il 17 maggio del 1953.

La speciale “cartolina da 20 lire” con gli annulli postali disponibili all’interno della manifestazione filatelica di Venezia del 1953

Era la prima volta che, in Italia, dopo la conclusione della Seconda guerra mondiale, veniva organizzata una esposizione filatelica; la città prescelta era stata Venezia e l’importanza dell’avvenimento aveva consigliato gli organizzatori di allestirla in una sede di grande prestigio: appunto le sale di palazzo Grassi.

L’esposizione fu affiancata da una Mostra storica della posta in Italia; l’intendimento era quello di dimostrare quale ruolo significativo avesse avuto il nostro paese nella creazione di una vera organizzazione postale dal medio evo in poi. Accanto al Centro Internazionale delle Arti e del Costume, l’onere dell’organizzazione venne assunto dall’Ufficio comunale del Turismo di Venezia, proprio perché era evidente che l’evento poteva costituire per l’intera città lagunare un’opportunità di promozione propagandistica a livello europeo.

I due chiudilettera (erinnofili) e il libretto contenente tutte le informazioni per l’esposizione e la mostra (collezione privata e collezione Marco pagano)

Dunque l’esposizione aprì i battenti al pubblico il 7 marzo: essa comprendeva diverse tipologie di materiali: dai documenti storici sui servizi postali nel corso delle varie epoche, ai saggi, alle prove, ai falsi, agli annullamenti agli aerogrammi fino alla letteratura in genere.

Per l’occasione furono emesse moltissime “cartoline da 20 lire” (ben 650 mila esemplari) firmate da Vittorio Grassi, munite di speciali timbri e annulli , corredate da dei francobolli chiudilettera (erinnofili) riportanti la stessa immagine dei distintivi e creati appositamente.

Furono anche stampati dei libretti intitolati A Venezia per staffetta volando (a cura dell’Ufficio comunale per il turismo e del Centro internazionale delle arti e del costume, Arti grafiche Sorteni 1953) dove venivano riportate le principali regole dell’esposizione, note storiche generali e il catalogo degli espositori con l’elenco del materiale esposto.

Il distintivo dell’Esposizione filatelica europea 1953 (AE dorato, mm 22 x 19, produzione Lorioli, collezione Marco Pagano)

Tutti i partecipanti erano tenuti a portare il distintivo creato appositamente per questo avvenimento e riportante la figura del leone di San Marco andante a sinistra con il “motto storico” riesumato per questa occasione, ovvero A VENEZIA PER STAFFETTA VOLANDO.

Il distintivo fu commissionato alla ditta Lorioli, che lo realizzò in bronzo dorato nelle dimensioni di mm 22 x 19.. Come in ogni esposizione degna di questo nome, furono messi in palio dei premi costituiti da targhe e medaglie da assegnare agli espositori che più si erano segnalati per la qualità degli oggetti esposti o l’importanza dei temi trattati.

I due disegni dei premi dell’esposizione, targa e medaglia, riportati nel libretto della manifestazione

Targhe, in oro delle dimensioni di mm 165×70, finemente lavorate nelle parti laterali, furono destinate come “Gran premio”. Le medaglie invece, furono coniate, in oro e in argento, in due diametri differenti (mm 38 e mm 50), riportanti al dritto la riproduzione di un sigillo del ‘700 della compagnia dei corrieri veneti e al rovescio il noto simbolo del Centro Internazionale di palazzo Grassi. La giuria poi disponeva di altri premi d’onore.

La scelta del “motto” dell’esposizione affonda le sue radici nella storia postale non solo di Venezia o del Veneto, ma dell’Italia in generale, quando i postini, o meglio “corrieri”, attraversavano a piedi o a cavallo intere regioni per portare a destinazione il manoscritto.

La medaglia emessa in occasione dell’esposizione filatelica (argento, mm 33,8, produzione sconosciuta, si suppone Lorioli, collezione Marco Pagano)

A questo proposito, ritengo sia interessante riportare un passo di Arrigo Ancona, membro della giuria di questa esposizione e riportato nell’opuscolo descrittivo della mostra “[…] evase dai segreti recessi degli archivi di vecchie famiglie nobiliari e di antichi mercanti o dai ripostigli di polverose soffitte, sfuggite all’insidia del macero distruttore, hanno trovato asilo e diritto di cittadinanza nelle nostre raccolte, lettere di anche cinque o sei secoli fa.

Quando esaminiamo questi venerandi documenti postali e li vediamo piccoli fogli di carta, piegati e ripiegati su se stessi, fino a ridursi ad un minimo formato facilmente nascondibile, con l’impronta dei sigilli perduti e con la parte, che serviva da sopraccoperta, presentante strane e per noi incomprensibili diciture a servir da indirizzo, in caratteri che ci fanno l’impressione di indecifrabili geroglifici, scritte in latino od in curiosi linguaggi arcaici, con l’aggiunta di sigle e segni misteriosi, per cui siamo costretti a ricorrere, per interpretarli, all’ausilio della scienza paleografica, ci vien fatto quasi di gridare al miracolo, a pensare che lettere simili abbiano potuto viaggiare ed essere regolarmente recapitate”.

La composizione della giuria dell’Esposizione filatelica internazionale di Venezia 1953

In pratica, con l’espressione “per staffetta volando”, ci si riferisce all’indicazione scritta sulla parte superiore della lettera, per il desiderio del mittente dell’epoca, di veder recapitato il proprio scritto nel minor tempo possibile, fruendo di un efficiente servizio di staffetta (corriere o postino che fosse).

RINGRAZIAMENTI

L’autore il professor Leonardo Mezzaroba per la disponibilità nei giorni di stesura di questo articolo, e per le preziose informazioni storiche e tecniche.