E’ passato in asta Artemide un unicum a nome di Niccolò Ianvilla conte di Sant’Angelo | Le altre citazioni in letteratura e il problema della presunta diocesi

 

di Angelo Cutolo | Nel 1886 l’archeologo Giulio de Petra (1841-1925), allora direttore del Museo Nazionale di Napoli studiò il tesoretto di 2488 denari tornesi rinvenuto, nel marzo dello stesso anno, negli scavi effettuati in Piazza Municipio di Napoli e ne scrisse un’ampia memoria letta all’Accademia di Archeologia, Lettere e Belle Arti di Napoli il 3 agosto 1886. In tale tesoretto rinvenne un denaro tornese che, data la legenda della faccia che sarà definita il retro, lo portò a ipotizzare l’esistenza di una zecca medioevale ad Avella.

I presunti tornesi di Avella secondo Cagiati e il CNI

Tale moneta fu descritta da Memmo Cagiati (1869-1926) a p. 75 di Le monete battute nelle zecche minori dell’antico Reame delle Due Sicilie, dato alle stampe a Napoli nel 1922. A p. 108 della stessa opera è descritta la tipologia di questi tornesi: “Le monete […] hanno, da un lato, la croce patente, dall’altro quella insegna che da molti è stara interpretata come i ceppi o le manette che i re francesi ed i loro consanguinei usavano come impresa in memoria della liberazione di san Luigi di Francia, da alcuni come segno di castigo per i falsificatori della moneta, da altri come il fronte o fastiggio di tempio designato dall’uso barbarico, da altri ancora quale forma di castello a rappresentazione de feudo”.

Stralci del "Corpus" e del volume di Elio Biaggi dedicate ai presunti tornesi della zecca di Avella
Stralci del “Corpus” e del volume di Elio Biaggi dedicate ai presunti tornesi della zecca di Avella

Gli studiosi che negli anni Trenta realizzarono il volume XVIII del Corpus Nummorum Italicorum dedicato all’Italia Meridionale Continentale descrissero tale moneta a p. 113 riportandone i tratti nel disegno 4 della tavola V. Nel prontuario e prezziarioMonete e Zecche Medievali Italiane. Dal Sec. VIII al Sec. XV di Elio Biaggi è descritta a p. 49. Ma, in realtà, sia il CNI che il Biaggi si rifanno a ciò che Memmo Cagiati aveva pubblicato, come hanno fatto anche altri studiosi.

Niccolò Ianvilla, chi era costui?

Da tali testi si desume che detto denaro tornese fu battuto nella zecca medioevale di Avella sotto il conte di Sant’Angelo dei Lombardi Niccolò – o Nicola, o Nicoluccio o Nuccio Ianvilla – fra la fine del XIV e l’inizio del XV secolo.

Tenendo presente che Giovanna del Balzo per via matrimoniale trasmise la Contea di Avella a Niccolò Ianvilla nel 1380, il cui possesso gli fu confermato dalla regina Giovanna I d’Angiò (ca. 1327-1382) e che quest’ultimo lo lasciò nel 1410 in eredità al Figlio Marino. il detto tornese fu battuto tra il 1380 e il 1410.

Un’analisi di tale moneta e della detta zecca è ripresentata nel testo Le monete delle zecche minori della Campania. Volume I, di Alberto D’Andrea, alle pp. da 119 a 122, in cui si ascrive detto tornese al XIV secolo, precisando che trattasi di “un unico dubbio esemplare” adducendone le motivazioni.

L’esemplare del Museo archeolgico nazionale di Napoli

Tale esemplare presenta un diametro di mm 19 e il bordo liscio e al dritto, nel campo centrale, porta una croce patente inscritta in una circonferenza e intorno esternamente la legenda + • SDII : VEL’ DOM, disposta in senso orario a partire dalle ore 12.

Al rovescio, nel campo vi è il castello tornese con intorno la legenda + : D AVLL DOI, disposta in senso orario a partire da ore 12. Non è riportato il peso.

L’esemplare è conservato a Napoli, nelle collezioni del Museo archeiologico nazionale. La legenda del dritto di tale esemplare è stata sciolta in Signore (DOM) di Avella (VEL’), mentre la quella del rovescio in Duca (DOI) di Avella (D AVLL).

A tale moneta è dedicato un articolo di Roland Becker e Michele Pannuti pubblicato su Panorama Numismatico n. 164 del giugno del 2002, intitolato Il presunto tornese di Avella. Da una relazione presentata al IV Meeting dei numismatici europei in cui si concretava per una errata interpretazione e attribuzione di questo tornese.

Davide Fabrizi nello studio Il denaro tornese nell’Italia Meridionale nel paragrafo La presunta zecca di Avella scrive che Avella non ha mai avuto una sua zecca documentata, tuttavia il reperimento di un tornese che Giulio de Petra ascrisse ad Avella vi fece ipotizzare l’esistenza di una zecca. Studi successivi hanno portato a ritenere che il tornese in questione sia una tipologia imitativa dei tipi della Grecia franca di origine incerta dati i caratteri della legenda.

Diventano due (e diversi) i presunti tornesi di Avella

E adesso veniamo all’esemplare posto in asta Auction LIII del 2 e 3 maggio 2020 della ditta Artemide (che si ringrazia per la concessione delle immagini). L’esemplare in detta asta è così descritto: “Avella. Niccolò Ianvilla conte di Sant’Angelo dei Lombardi (Sec. XIII-XIV). Denaro tornese. D/ Croce patente. R/ Castello. Cf. CNI 1. Cf. Gamberini 190. Cf. Cagiati pag. 75. MI. g. 1.08 mm. 17.50 Unicum. Bel BB”.

Il dritto del denaro tornese attribuito alla presunta zecca di Avella e passato in asta Artemide nel maggio 2020 (mistura, mm 17,50 per g 1,08)
Il dritto del denaro tornese attribuito alla presunta zecca di Avella e passato in asta Artemide nel maggio 2020 (mistura, mm 17,50 per g 1,08)

Il dritto dell’esemplare presenta inscritta in un cerchio la croce patente il cui braccio verticale è sovrapposto a quello orizzontale; esternamente al cerchio è presente in senso circolare a partire da qualche millimetro dopo le ore 12 in senso orario la legenda in caratteri maiuscoli e spessi + ABELLA IA; la B sembra essere costituita dalla lettera maiuscola I e dalla cifra 3 accostate “I3”. Nella lettere IA si potrebbe ravvisare Ianvilla; la croce patente della legenda presenta le stesse caratteristiche di quella del campo, ma le estremità del bordo leggermente concavo sono molto più allungate.

Il rovescio della stessa moneta che potrebbe essere stata coniata da Niccolò Ianvilla nella tuttora dubbia officina monetaria di Avella
Il rovescio della stessa moneta che potrebbe essere stata coniata da Niccolò Ianvilla nella tuttora dubbia officina monetaria di Avella

Il rovescio dell’esemplare  presenta nella parte centrale il castello tornese e esternamente, in senso circolare orario a partire dalle ore 12, la legenda, in caratteri maiuscoli e leggermente meno spessi di quelli del dritto, + DE CLARNCI, non ben leggibile a causa delle schiacciature della parte desta della stessa; inoltre la lettera N è slargata e la successiva lettera C potrebbe essere lettera come una D retroversa; la croce patente presenta i bracci che si intersecano senza nessuna sovrapposizione e le estremità presentano il bordo leggermente concavo e molto allungato; per la precisione, quello del braccio inferiore è più concavo ad accogliere la sommità del castello.

Il “castello tornese”, storia e ipotesi su un simbolo numismatico

Nel tempo, il simbolo tradizionalmente definito dai numismatici del XX secolo come “castello tornese”, è stato variamente interpretato. Durante il XIX secolo i denari tornesi erano considerati un’evoluzione dei denari d’argento battuti per la prima volta agli inizi dell’XI secolo nell’abbazia di San Martino a Tours, in Francia, che aveva l’aspetto di un castello e che su queste monete si volle rappresentare con una rappresentazione molto stilizzata .

Nel 1835 Joachim Lelewel (1786-1861), interpretò il simbolo rappresentato sul rovescio come una sorta di “portale”. Il termine “châtel tournois” (castello tornese) apparve solo a partire dal XIX secolo.

Esemplare di denaro tornese "originario" battuto nell'abbazia francese di Saint Martin de Tours. Al D/ SCS MARTINVS, castello tornese sormontato da croce. Al R/ TVRONVS CIVI. con croce patente (Ag, mm 19,20, g 1,11)
Esemplare di denaro tornese “originario” battuto nell’abbazia francese di Saint Martin de Tours. Al D/ SCS MARTINVS, castello tornese sormontato da croce. Al R/ TVRONVS CIVI. con croce patente (Ag, mm 19,20, g 1,11)

La gran parte dei numismatici del XX secolo che si sono occupati di denari tornesi ha interpretato il simbolo del rovescio come un castello, e questa definizione è entrata a far parte della tradizione. Apprendiamo da due articoli francesi Un peu de bibliographie del 4 febbraio 2009 e Faut-il rebaptiser le “châtel tournois”? del 3 gennaio 2007 che nel “châtel tournois” diversi studiosi vi vedono un reliquiario più che un vero castello stilizzato.

Dalla sconosciuta zecca dei presunti tornesi alla diocesi di Avella

Ma torniamo nel nostro Meridione; oltre ad una presunta zecca di Avella vi è stata anche una presunta diocesi di Avella. Coincidenza o elementi da approfondire?

La diocesi di Avella sarebbe esistita dai primi secoli del Cristianesimo fino al XII secolo, come segnalato nel Liber focorum Regni Neapolis, manoscritto databile tra il 1449 e il 1456, conservato nella Biblioteca Berio di Genova e nel capitolo XLVII – Del vescovado di Avella – del primo tomo della Della nolana ecclesiastica storia scritta da Gianstefano Remondini (1699-1777) il quale conclude che la diocesi avellana è esistita con certezza almeno fino al 1215, anno della bolla di Innocenzo III (1161-1216) in cui si definiscono i confini della diocesi di Nola, escludendo dal relativo territorio le chiese della diocesi di Avella.

La storia recente delle diocesi italiane ignora l’esistenza di Avella. Su base archeologica, le origini dell’antica Avella possono essere poste tra la fine dell’VIII e gli inizi del VII secolo a.C. Prima opica, poi etrusca, successivamente osca e poi sannita, accettò la protezione di Roma, ma la conservazione della lingua osca nei documenti pubblici ufficiali almeno fino agli inizi del II secolo a.C., come dimostrano il Cippo abellano e altre epigrafi, testimonia che detenne una certa autonomia dalle magistrature romane.

Evidenziato a riquadri, il territorio su cui si sarebbe estesa la presunta diocesi di Avella
Evidenziato a riquadri, il territorio su cui si sarebbe estesa la presunta diocesi di Avella

Il primo insediamento fortificato longobardo risale al VII secolo quando Avella faceva parte del Ducato di Benevento. Con la Divisio Ducatus Beneventani dell’849, voluta dall’imperatore Ludovico II, detto il Giovane, (822/825-875) fu assegnata al Principato di Salerno, così la roccaforte si ritrovò al confine fra i ducati di Napoli, di Capua e del Principato di Benevento.

Nell’887 le truppe bizantine di Napoli, guidate da Atanasio (?-898) occuparono Avella, che nel 937 venne saccheggiata dagli Ungari (Chronica monasterii Casinensis). Il primo feudatario normanno, di cui si ha notizia da un documento del 1087, è Aldoino (?-1127). Fu la famiglia Mosca che ne ebbe il possesso per tutto il periodo normanno e lo mantenne anche durante il periodo svevo.

Con il passaggio del potere agli Angioini, il re Carlo I (1226-1285) confermò il possesso della contea alla famiglia “de Avella” nella persona di Rainaldo IV (1269-1294), che svolse importanti missioni diplomatiche per la corte, ottenendo, nel 1294, la nomina a grande ammiraglio del regno.

Una bella veduta aerea dei resti dell'imponente castello di Avella, in provincia di Avellino, con la sua triplice cinta muraria e l'imponente torrione circolare che dominano le valli sottostanti
Una bella veduta aerea dei resti dell’imponente castello di Avella, in provincia di Avellino, con la sua triplice cinta muraria e l’imponente torrione circolare che dominano le valli sottostanti

Nel periodo angioino venne edificata su base leggermente scarpata e collegata al mastio la possente torre circolare, tipologia di costruzione già presente in Francia e nell’Italia del Nord, ed introdotta con successo nel Regno di Napoli in età angioina. Quando nel 1371 morì Francesca de Avella, ultima discendente dei Mosca, il feudo passò ad Amelio del Balzo, suo secondo marito. La figlia di Amelio del Balzo, Giovanna, sposò nel 1380 Nicola Ianvilla.

Per fare luce definitivamente sulle due monete qui presentate, dunque, occorrerà intensificare le ricerche d’archivio con l’obiettivo di pervenire a notizie più sicure e pertinenti e non ignorare il caso delle due entità presunte.

Bibliografia essenziale

  • AA.VV., Corpus Nummorum Italicorum volume XVIII. Italia Meridionale Continentale (Zecche minori), Roma 1939.
  • Becker R., Pannuti M., Il presunto tornese di Avella, in Panorama Numismatico 164, giugno 2002, pp. 21-22.
  • Biaggi E., Monete e Zecche Medievali Italiane. Dal Sec. VIII al Sec. XV, Torino 1992.
  • Calvino R., Diocesi scomparse in Campania, Napoli 1969.
  • Cagiati M., Le monete battute nelle zecche minori dell’antico Reame delle Due Sicilie, Napoli 1922.
  • Capolongo D., La questione della Diocesi di Avella, Marigliano (NA) 2001.
  • D’Andrea A., Le monete delle zecche minori della Campania. Volume I, Castellalto (TE) 2011.
  • De Petra G., Catalogo del tesoretto di tornesi trovato in Napoli, in Archivio Storico per le Province Napoletane XI (1886) n. 3, pp. 482-505, Napoli 1886.
  • Fabrizi D., Il denaro tornese nell’Italia Meridionale, edizione digitale 2011.
  • Grierson P., Travaini L., Medieval European Coinage 14 (III). South Italy, Sicily, Sardinia, Cambridge 1998.
  • Lelewel J., Numismatica del Medioevo considerata in termini di tipo, Parigi 1835, t. I, p. 229.
  • Montanile N., Quando la famiglia Normanna Mosca-D’Avella reggeva le sorti del feudo avellano, in www.mandamentonotizie.it
  • Montanile N., Avella. Quando la “Baronia Avellana”, nel 1200, ebbe il “ius monetandi”, in www.mandamentonotizie.it