INTROVABILI o inesistenti i 3 CARLINI della Repubblica Napoletana?

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 Nel 1647-1648 Napoli coniò rarissime monete: in particolare, sono introvabili o inesistenti i 3 carlini?

 

di Angelo Cutolo | Il 22 ottobre 1647 fu proclamata dal capopopolo Gennaro Annese (Napoli, 1604 – 20 giugno 1648) la Repubblica Napoletana, essendo state cacciate le truppe spagnole tramite una sollevazione generale, a differenza di quella al seguito di Masaniello che fu una sollevazione di popolo contro i ricchi.

Sotto la guida di Gennaro Annese la rivolta assunse un carattere indipendentista e antispagnolo. I rivoltosi subito cercarono la protezione francese, il che portò a sbarcare il 15 novembre 1647 nel Golfo di Napoli, una flotta navale guidata da Enrico di Lorena (Parigi, 4 aprile 1614 – 2 giugno 1664), duca di Guisa, che venne acclamato con il titolo di “Generale delle armi di questa nostra Serenissima Repubblica di questo Regno di Napoli”.

A lui venne affidata la guida della Repubblica, tant’è che a dicembre fu proclamato “duce” per 7 anni (vedi pag. 183 di Le monete di Napoli. Dalla caduta dell’Impero Romano alla chiusura della zecca di Pannuti Michele e Riccio Vincenzo, Nummorum Auctiones S.A., Napoli 1984).

Enrico di Lorena, duca di Guisa, ritratto da Van Dyck
Enrico di Lorena, duca di Guisa, ritratto da Van Dyck

Un’effimera repubblica “bicefala”

La Repubblica era governata militarmente da Enrico di Lorena, mentre la parte amministrativa era in mano a Gennaro Annese, anche se i due entrarono in contrasto sia istituzionale che personale.

Il 5 aprile, Enrico di Lorena, ingannato da alcuni suoi stessi consiglieri ormai al soldo degli spagnoli, fu indotto a tentare una sortita, ma la città fu rioccupata dagli spagnoli senza colpo ferire ed egli, catturato, fu inviato in carcere a Madrid.

Così il 5 aprile 1648, in seguito alla caduta del forte di Nisida e al rientro in città delle truppe spagnole, fini la Reale Repubblica di Napoli.

Una repubblica dalla breve storia e dai tanti nomi

L’entità statale assunse diversi nomi ufficiali, che ne evidenziano la doppia natura di governo, ossia repubblicana e monarchica: “Serenissima Repubblica di questo Regno di Napoli”, “Reale Repubblica Napoletana” e “Serenissima Monarchia Repubblicana di Napoli”.

La prima bandiera della Repubblica recava, da un lato, le effigi della Madonna del Carmine e di san Gennaro e, dall’altro, i tre gigli di Francia; questa bandiera quasi subito venne cambiata con un vessillo recante, da un lato, uno scudo rosso recante la sigla S.P.Q.N. (Senatus Populus Que Neapolitanus, traducibile in “Il Senato ed il Popolo Napoletano”) sormontato dal motto LIBERTAS e, dall’altro, lo stemma del duca di Guisa.

Già dal 9 dicembre 1647 lo scudo era sormontato da una corona imperiale, pendendole sotto “a guisa di tosone l’effigie di san Gennaro”.

Bando del 25 ottobre 1647 a nome di Gennaro Annese per la raccolta di oro, argento e rame allo scopo di farne monete
Bando del 25 ottobre 1647 a nome di Gennaro Annese per la raccolta di oro, argento e rame allo scopo di farne monete

Si riattiva la zecca dell’Arsenale per coniare nuove monete

In questo periodo di caos politico venne ripristinata la zecca dell’Arsenale e tra la fine del mese di ottobre del 1647 e i primi quattro giorni del mese di aprile 1648 vennero avviate le operazioni di raccolta di oro, argento e rame per farne monete

Questa sarebbero state a nome di Enrico di Lorena col titolo di “Duce della Repubblica napoletana”; più precisamente, monete in argento da 15 grana, e in rame la pubblica (il 3 tornesi), il grano (il 2 tornesi) e il tornese.

Tutte le monete hanno al dritto l’impronta dello stemma della nuova repubblica con la sigla S.P.Q.N., mentre sulla moneta d’argento al rovescio riappare, dopo sette secoli e mezzo di assenza, l’effigie di san Gennaro.

Le coniazioni di rame presentano invece tipici prodotti agricoli del Napoletano: sulla pubblica compaiono tre spighe legate a un ramoscello d’ulivo, sul grano un canestro pieno di frutta e spighe, e, infine, sul tornese un grappolo d’uva. In alcuni casi sono battute su tondelli già coniati dall’autorità precedente.

I pesi delle monete di rame, già molto inferiori a quelli delle corrispondenti monete battute dalle autorità spagnole, sono anche piuttosto variabili nello stesso nominale.

Bando del 12 gennaio 1648 a nome di Enrico di Lorena per la coniazoone delle monete in rame: il tornese, il grano e la pubblica
Bando del 12 gennaio 1648 a nome di Enrico di Lorena per la coniazoone delle monete in rame: il tornese, il grano e la pubblica

Si conoscono monete in rame anche di conio rozzo, oltre a esemplari falsi d’epoca sia della pubblica che del grano, anche se i falsi d’epoca di quest’ultimo sono molto rari.

Introvabili o inesistenti i 3 carlini? Il mistero rimane…

Francesco Capecelatro (17 ottobre 1595 Nevano, Aversa – ignoto il luogo della morte avvenuta 27 maggio 1670), nel suo diario delle cose avvenute nel Reame di Napoli negli anni 1647-50 scrive:

“Venerdì 17 di Gennaio [del 1648 NdA] ritornarono addietro in Capua cinquanta uomini del Duca di Andria, che aveva inviati a dietro alle loro terre, avendo ritrovato da per tutto chiuse le strade da’ popolari, che anche gli trassero nemichevolmente molte archibugiale; e si videro le monete di argento di tre carlini, e di grana quindici l’una, ed anco di rame con la Madonna del Carmelo da una parte, e dall’altra le armi da loro inventate, che assai breve tempo durarono, col Senatus, Pupulus Que Neapolitanus di lettere abbreviate entro una fascia posta nel campo. Si pubblicò anche l’ordine fatto da Guisa, che ciascuna terra creasse il capo de’suoi popolari, sinché si stabilisse la loro immaginata Repubblica”.

I rari 15 grana in argento (g 4,92) coniati a Napoli inel 1648 con l'effigie di san Gennaro
I rari 15 grana in argento (g 4,92) coniati a Napoli inel 1648 con l’effigie di san Gennaro

Descrizione ipotetica di una moneta fantasma

Dritto: in circolo sul bordo la legenda HENR  DE LORENA  DUX  REIP  NEAP (Enrico di Lorena duce della Repubblica Napoletana); nel campo è presente uno scudo coronato contenente in una fascia centrale in maiuscolo le lettere S.P.Q.N. (Senatus Populus Que Neapolitanus – Senato e Popolo Napoletano).

Rovescio: in circolo sul bordo la leggenda MARIA  MATER  DEI  ORA  PRO  NOBIS  1648 (sotto il busto)  (Maria Madre di Dio prega per noi) – tale legenda è ipotizzata dallo scrivente;nel campo il busto della Madonna del Carmine con in braccio Gesù Bambino; alla sinistra della Madonna il monogramma GAC (a ricordare Giovan – o Giovanni – Andrea Cavo, quale maestro di zecca de iure) e sotto la lettera M (a ricordare Giuseppe Maffei, quale maestro di prova) oppure S (forse a ricordare Ignazio Spagnuolo, maestro di zecca de facto, che tenne tale ufficio dal 13 dicembre 1647 alla fine della Repubblica), e alla destra del busto il simbolo del coniatore.

Pubblica in rame con tre spighe legate da ramo d'ulivo al rovescio
Pubblica in rame con tre spighe legate da ramo d’ulivo al rovescio

Si precisa che tale moneta non è presente in nessuna collezione pubblica e in nessuna collezione privata nota allo scrivente o in repertori di alcun genere.

Attualmente i 3 carlini sono menzionati solo nella parte I del volume II del Diario di Francesco Capecelatro contenente la storia delle cose avvenute nel reame di Napoli negli anni 1647-1650 edito nel 1852 a Napoli nello stabilimento tipografico di Gaetano Nobile.

Da ciò si può solo ipotizzare che la moneta sia stata battuta in pochissimi esemplari, ormai tutti dispersi irrimediabilmente, o che Capecelatro ha riportato erroneamente la notizia.

ESemplari da un tornese e da un grano in rame della Repubblica Reale Napoletana coniati nel 1648
ESemplari da un tornese e da un grano in rame della Repubblica Reale Napoletana coniati nel 1648
La versione "ufficiale" della Madonna SS. del Carmine venerata a Napoli, come sarebbe potuta apparire sui 3 carlini della Repubblica Napoletana del 1447-1648
La versione “ufficiale” della Madonna SS. del Carmine venerata a Napoli, come sarebbe potuta apparire sui 3 carlini della Repubblica Napoletana del 1447-1648

La Madonna SS. del Carmine e la sua iconografia tradizionale

Prima di concludere vorrei, però, ugualmente, analizzare sinteticamente alcuni tratti dell’ipotetica effigie mariana riportata sulla moneta: sul lato destro del manto della Madonna si dovrebbe notare la stella con coda pendula, segno di verginità.

La mano sinistra della Madonna stringe in braccio il Figlio, in segno di tenerezza, mentre la mano destra sorregge e mostra al mondo Gesù Bambino; infine, i volti della Madre e del Bambino sono accostati in espressione di tenerezza.

Una moneta che tutti vorremmo ammirare

A questo punto non resta che sperare che qualche studioso o collezionsta rinvenga qualche bando o documento dell’epoca per far luce in merito. O che magari, anche consunto, non spunti fuori almeno un esemplare che permetta di aggiungere un tassello al mosaico della numismatica napoletana.

Bibliografia essenziale

  • AA.VV., Corpus Nummorum Italicorum, Vol. XIX – ITALIA MERIDIONALE CONTINENTALE (Napoli, Parte I – dal Ducato napoletano a Carlo V) Ed. 1940; Vol. XX – ITALIA MERIDIONALE CONTINENTALE (Napoli, Parte II – da Filippo II alla chiusura della zecca) Ed. 1943.
  • Capecelatro Francesco, Diario di Francesco Capecelatro: contenente la storia delle cose avvenute nel reame di Napoli negli anni 1647 – 1650, Volume 2 – parte I.
  • D’Andrea Alberto e Andreani Christian, Le monete napoletane dai Bizantini a Carlo V, Edizioni D’Andrea, Castellalto (TE) 2009.
  • Pannuti Michele e Riccio Vincenzo, Le monete di Napoli. Dalla caduta dell’Impero Romano alla chiusura della zecca”, Nummorum Auctiones S.A., Napoli 1984.