Il contributo di una giovane studiosa che ha partecipato, con la sua tesi sui rinvenimenti a Elea/Velia, al Premio “Pro Mario Traina”

 

nota della redazione | Eccoci al terzo contributo di cui ospitiamo la pubblicazione fra le tesi di laurea in numismatica che hanno partecipato alla terza edizione del Premio “Pro Mario Traina” organizzato dall’Accademia italiana di studi numismatici. Autrice di questo approfondimento è la dottoressa Olena Vynarchuk che, con la tesi Rinvenimenti monetali a Elea/Velia. Analisi di un nucleo di monete dall’Insula II, nel 2019 ha conseguito la laurea triennale in Beni culturali e discipline delle arti e dello spettacolo presso Università degli Studi di Salerno, nel 2019, con la votazione finale di 110 e lode.

di Olena Vynarchuk | La ricerca da me condotta parte dallo studio di 181 monete rinvenute nell’area dell’Insula II, a Elea-Velia, durante i lavori di scavo effettuati negli anni ’70 del secolo scorso e tuttora inedite. L’obiettivo è quello di arricchire la conoscenza delle monete in circolazione nelle varie fasi storiche per comprendere l’uso e la diffusione della moneta, soprattutto quella di basso valore nel sito archeologico in questione.

Gli esemplari ritrovati sono prevalentemente in rame o nelle sue leghe, ma sono presenti anche misture e argento, seppur in minor quantità. Il lotto di monete copre un vasto arco cronologico che va dalla fine del V sec. a.C. fino al V-VI sec. d.C. ed è così composto: per il 70% sono monete greche, il cui 90% è stato coniato dalla zecca locale; seguono con il 3% le monete romano-repubblicane, con il 17% le monete romano- imperiali, il 9% degli esemplari non è stato identificato a causa del pessimo stato di conservazione e, infine, l’1% è costituito da tessere in piombo.

Elea/Velia: lo sviluppo urbano

Nel 535 a.C. i Focei approdarono nell’antica Lucania fondando Elea e avviarono da subito una propria produzione monetale adoperando il sistema “fenicio-foceo”. Lo spazio urbano della nuova colonia venne articolato in diversi quartieri separati tra loro da ampie zone non urbanizzate e messi in comunicazione da un vallone sul fianco orientale dell’acropoli. Su quest’ultimo si instaurò il primo nucleo insediativo, posto su più terrazze, poi distrutto intenzionalmente intorno al 480 a.C. per dare vita a un’area sacra[1], mentre l’abitato fu collocato in altre zone, come nel cd. Quartiere Orientale. Un altro nucleo abitativo in uso tra la fine del VI e la prima metà del V sec. a.C. è stato inoltre identificato dalla Missione Austriaca nella città bassa[2].

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Uno scorcio del Parco archeologico di Elea/Velia, in provincia di Salerno: si tratta di uno dei siti più interessanti del Meridione d’Italia

Tra il IV e il III sec. a.C. grandi interventi pubblici interessarono tutta la città, dal rifacimento delle mura alla realizzazione del teatro sul lato est dell’Acropoli e dei santuari delle Terrazza Sacre[3], solo per citarne alcuni. La I e la II Guerra Punica condussero la polis ad intrattenere stretti rapporti con Roma di cui divenne prima civitas foederata e poi nel I sec. a.C. municipium. Le testimonianze archeologiche mostrano che la città e ebbe in questo modo un momento di floridezza[4]. Durante l’età imperiale, in particolare sotto il principato di Augusto, la città mutò nuovamente[5]: le mura furono sostituite da necropoli, vennero edificate nuove terme e un complesso di natura pubblica sorse nei pressi di Porta Marina Sud.

Poche sono le informazioni relative alla media età imperiale, mentre la fase tardo-imperale è nota erroneamente come un momento di decadenza e di spopolamento per Velia. Le recenti indagini, infatti, testimoniano vitalità nella città in zone ritenute prima disabitate[6], come il Quartiere Meridionale che venne definitivamente abbandonato solo alla fine del V sec. d.C., in seguito ad un fenomeno alluvionale7.

L’area archeologica dell’Insula II

Il nucleo di monete preso in esame proviene da un complesso di età augustea situato sul lato destro di Porta Marina Sud. L’edificio si sviluppa per un intero isolato, tanto da essere identificato dagli studiosi con esso e denominato convenzionalmente Insula II. Esso si struttura in due corpi principali: un Triportico d’ingresso (9 esemplari del lotto totale sono collocabili con certezza nelle sue varie stratigrafie) e un Criptoportico (con un totale di 93 esemplari relativi con sicurezza a tale area).

Mappa delle evidenze archeologiche scavate nel sito di Elea/Velia

La funzione di questo complesso pubblico è stata a lungo dibattuta, anche alla luce del ritrovamento di un ricco corpus lapideo costituito da tre erme acefale, numerose statue maschili e femminili, teste di divinità, di filosofi e di personaggi maschili laureati e un ciclo di ritratti della famiglia giulio-claudia[7]. Secondo l’interpretazione più recente, l’edificio avrebbe celebrato la dinastia imperiale esponendone i ritratti nel Criptoportico e allo stesso tempo avrebbe tramandato la memoria storica della città grazie alle immagini di medici, filosofi, divinità e uomini illustri collocati nel Triportico[8].

I rinvenimenti monetali a Elea/Velia: Status Quaestionis

Dal sito archeologico di Elea/Velia provengono circa 10.000 monete da scavo, per lo più inedite. Esse coprono un vasto arco cronologico di quasi dieci secoli e restituiscono una cospicua presenza di monete prodotte dalla zecca locale, pertanto è necessario introdurne brevemente i caratteri fondamentali.

La colonia focea conia moneta a partire dagli anni della sua fondazione (535 a.C.) tagliando la sua valuta su pesi non elevati che non superano, infatti, il valore della dracma. A differenza dell’argento, la cui coniazione verrà dismessa nei primi decenni del III a.C. in concomitanza con l’avanzata di Roma nel Meridione, la moneta ènea, introdotta verso l’ultimo quarto del V sec. a.C., continuerà a essere battuta fino al I sec. a.C. ca.[9] e conserverà fino alla fine l’etnico in greco, come dimostra l’ultima serie con testa di Atena/Tripode.

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Monete scavate nel sito archeologico di Elea/Velia: parte di questi rinvenimenti sono stati studiati e restaurati grazie al progetto ArtBonus

Data l’importanza storica di Elea/Velia, la polis è stata oggetto di interesse da parte di eruditi a partire dalla metà del ‘700[10], ma i primi rinvenimenti monetali in seguito a ricerche archeologiche si datano al 1927 e si tratta di 3 esemplari privi di indicazioni di provenienza[11]. In seguito, grazie alle campagne sistematiche avviate da P. C. Sestieri negli anni ‘50, prima presso l’area sacra lungo la cinta muraria e poi presso la cd. Agorà, è stato portato alla luce un cospicuo numero di monete variamente costituito, tra cui due tesoretti di 300 pezzi ciascuno in bronzo[12]. Tra i ritrovamenti considerevoli si annovera anche un ripostiglio di 386 monete, prevalentemente di zecca locale e in minor quantità di età romana, scoperto negli anni ’60 al di sotto della pavimentazione di una casa di I sec. d.C.[13]

Un notevole impegno e costanza è dato soprattutto dalla Missione Austriaca che ha condotto le indagini in varie sezioni della città, prima sotto la direzione di F. Krinzinger e poi di V. Gassner. Queste nuove indagini, hanno restituito poco più di 200 monete, di varia composizione, secondo una stima recente ricavata da una prima operazione di schedatura condotta dall’Università degli studi di Salerno. Quest’ultima è impegnata, invece, nella classificazione e nello studio di tutti i rinvenimenti monetali effettuati a Velia, al fine di ampliare le conoscenze e precisare le cronologie delle emissioni locali, di comprenderne i modi d’uso e di delineare i modelli della circolazione monetale della città.

Analisi dei rinvenimenti

Il nucleo analizzato è costituito da 181 esemplari che sono stati studiati e catalogati secondo l’ordine tradizionale adoperato dai numismatici e provvisti di foto in scala 1:1. Di seguito si propone l’analisi di tale lotto.  Le monete greche costituiscono la percentuale prevalente, sono infatti 122 pari al 70% del campione e attestano la presenza di 5 zecche (Neapolis, Paestum, Elea/Velia, Vibo Valentia e Copia). Gli esemplari coniati in loco, in netta preponderanza rispetto ad altre emissioni greche, sono così suddivisi:

  • Testa femminile / civetta (2 esemplari)

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Dracma in argento di Elea/Velia con testa femminile e civetta

Questo gruppo viene coniato per un breve periodo che va grossomodo dalla fine del V agli inizi del IV sec. a.C. È attestato nei corredi tombali di Poseidonia e di Pontecagnano datati al 420-410 a.C., o di poco precedenti, e viene associato già agli inizi del IV sec. a.C. al gruppo cronologicamente successivo[14].

  • Testa di Eracle con leontè / civetta (10 esemplari)

Moneta con al dritto la testa di Eracle con Leonté e al rovescio la civetta

Il secondo gruppo è datato agli inizi del IV sec. a.C. Il suo peso varia dai 2 g circa ai 4,5 g, motivo per il quale si ritiene che si tratti di due nominali differenti, in rapporto tra loro di 1 a 2[15]. Questo tipo si diffonde a Poseidonia e nella sua chora, ma vi sono attestazioni anche nel territorio del golfo di Palinuro, sulla collina di Templa della Guardia e sul confine della Campania, nei pressi dell’antica Minturnae[16].

  • Testa di Atena / protome di leone (assente)
  • Testa di Zeus / civetta (33 esemplari)

La datazione del quarto gruppo è fissata tra la fine del IV e gli inizi del III sec. a.C., per la sua assenza nei corredi funebri di Poseidonia e Pontecagnano di pieno IV sec. a.C.18 La diffusione di questo tipo non è limitata solo al territorio di Velia, ma vi sono attestazioni di più esemplari nell’area pestana e nel santuario in località Masseria Soppegna (3 km da Teano).

  • Testa di Atena / civetta (15 esemplari)

Il gruppo che forse è datato a partire dal III sec. a.C., in concomitanza con il cessare a Velia della coniazione dell’argento, è attestato anche fuori Velia, in una tomba a Sarno (datata al 211-175 a.C.)[17]e presso Roccagloriosa, a Nord del golfo di Policastro[18].

  • Testa di Atena / tripode (32 esemplari)

Di recente la cronologia di questo gruppo è stata posticipata al I sec. a.C.; la polis dunque divenuta municipium romano continua a battere moneta propria, forse dal valore corrispondente a un quadrante[19]. Ad oggi sono stati censiti oltre 1200 esemplari di questo gruppo, quasi tutti provenienti da scavi effettuati nella polis presso la cd. Agorà e nell’area del Quartiere Meridionale.

Seguono in ordine cronologico le monete romano-repubblicane, solo il 3% del totale. La scarsità di moneta romana nella città è giustificata dal fatto che Roma non fornisce un volume adeguato di moneta di piccolo conto per il fabbisogno quotidiano delle comunità sotto il suo dominio e le singole poleis reagiscono in modo differente, nel caso di Velia (ma anche della vicina Paestum) si produce ancora moneta propria. Gli esemplari,  in bronzo ad eccezione di un unico argento (un quinario dell’89 a.C.), si datano dal III al I sec. a.C.

Didracma di Elea/Velia con Atena elmata e leone

Le monete romano-imperiali del lotto esaminato corrispondono al 17% del totale e si dispongono in un vasto arco cronologico che va dal I sec. d.C. al V/VI sec. d.C. La prima fase imperiale registra un aumento della presenza della moneta di Roma, in concomitanza con interventi pubblici soprattutto per l’età giulio-claudia e quella degli antonini, mentre una fase di stasi è attestata per l’età flavia, a causa di una crisi economica22. Le tre dinastie sono censite in questo lotto per un totale di 6 esemplari.

L’anarchia militare e politica del III sec. d.C. si riflette anche sulla monetazione che vede una progressiva svalutazione del denario. Per sopperire all’abbassarsi del peso e del titolo, Caracalla nel 212 d.C. introduce l’antoniniano, moneta destinata a essere svalutata a sua volta. Nel lotto sono presenti 3 antoniniani di fine III d.C. Due, invece, sono le frazioni radiate risalenti alla Tetrarchia a cui si susseguono una serie di nummi e Æ3 di IV sec. d.C. L’autorità emittente di questi ultimi è stata riconosciuta solo in parte, in alcuni casi è stato anche possibile identificare la zecca, ma l’assenza di leggibilità del 29% delle monete romano-imperiali permette di individuarne solo la cronologia (IV o V-VI d.C.) grazie alle caratteristiche fisiche del tondello. Infine, vi sono 16 monete non identificate a causa dello stato precario di conservazione e 2 tessere in piombo illeggibili.

Bibliografia

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Note al testo

  • [1] CERCHIAI 2001, pp. 82-89.
  • [2] KRINZINGER 1994, pp. 32-42.
  • [3]Ibidem, pp. 21-22.
  • [4] VECCHIO 2008, pp. 31-34.
  • [5] KRINZINGER 1994, pp. 48-49.
  • [6]VECCHIO 2008, pp. 37-41. 7 GRECO 2003, p. 43.
  • [7] VECCHIO 2003, pp. 77-78.
  • [8] GRECO 2017, pp. 272-273.
  • [9] CANTILENA 2006, pp. 424-425; CANTILENA, CARBONE, PARDINI c.s.
  • [10] VECCHIO 2003, pp. 16-17.
  • [11] IANNONE 2017, p. 7.
  • [12] CICALA 2003, p. 228.
  • [13]CANTILENA 2006, pp. 454-455.
  • [14] PRISCO 1981, pp. 23-56.
  • [15] CANTILENA 2006, p. 446.
  • [16] IAPINO 2003, pp. 13; 24-25.18CANTILENA 2006, p. 448.
  • [17] IAPINO 2003, p. 52.
  • [18] IANNONE 2017, p. 32.
  • [19] CANTILENA, CARBONE, PARDINI c.s.22 IANNONE 2017, p. 129.