Nell’ambito della riorganizzazione delle zecche dello Stato Pontificio, regnante papa Sisto V (Felice Peretti, 24/4/1585 – 27/8/1590) la zecca di Ancona venne chiusa. Dovettero passare più di due secoli prima che papa Pio VI (Giovanni Angelo Braschi, 15/2/1795 – 29/8/1799) ne autorizzasse la riapertura in data 28/2/1795.

A sinistra, il pontefice Pio VI ritratto da Pompeo Girolamo Batoni e a destra una bella miniatura colorata dello stemma della città di Ancona

La concessione della zecca di Ancona venne data al signor Miletto Miletti e al suo socio, marchese Stefano Benincasa, per la durata di dodici anni e con obbligo di coniare solo monete di rame da uno e due baiocchi e sampietrini da due baiocchi e mezzo per un importo totale di circa 60 mila scudi.

Moneta da un baiocco di Ancona coniata nel 1796 sotto Pio VI Braschi

In realtà, la zecca di Ancona divenne operativa solo nel 1796 e restò aperta per un breve periodo di tempo. L’intera Europa, infatti, era scossa dai moti rivoluzionari francesi e nello stesso 1796 i transalpini iniziarono l’invasione dell’Italia settentrionale e dello Stato Pontificio. Il giorno 8 febbraio 1797 i francesi entrarono in Ancona e in breve il governo della città venne affidato ad una Municipalità provvisoria formata da 15 membri che il 17 novembre proclamò la Repubblica Anconetana.

Rara anche la moneta da due baiocchi coniata nella zecca di Ancona nel 1796

Il 1° marzo 1797 la Municipalità provvisoria ordinò la chiusura della zecca di Ancona, la restituzione dei locali al Miletti e l’apposizione dei sigilli ai torchi perché non se ne potesse fare uso per la coniazione di alcun tipo di moneta. Nel marzo del 1798 la Repubblica Anconetana confluì nella Repubblica Romana e solo nel gennaio 1799 fu autorizzata la riapertura della zecca e furono scelti come sede i locali della ex Chiesa di Santa Maria della Piazza. Durante tutto questo periodo (Municipalità provvisoria e Repubblica Anconetana) non risulta siano state coniate monete di alcun genere.

Il sampietrino da due baiocchi e mezzo in rame, il nominale più alto battuto nel capoluogo delle Marche alla fine del XVIII secolo

Ritornando al punto iniziale di questa breve analisi, se si era a conoscenza della sede della zecca nel periodo della Prima Repubblica Romana, nulla si sapeva della sede utilizzata per coniare le monete a nome di Pio VI. La recentissima pubblicazione (fine novembre 2024) del volume Capo di Monte. Rione storico di Ancona nei documenti di archivio, nell’arte e nella letteratura di Giovanni Fedecostante (Andrea Livi Editore) ci fornisce però un nuovo, ulteriore tassello nella storia della città e della zecca di Ancona.

Il documento è del 2 marzo 1795, due giorni dopo la data che autorizza la riapertura della zecca di Ancona, e presenta la pianta dettagliata dei locali dell’officina monetaria da installarsi presso i magazzini di un edificio di proprietà del conte Antonio Camerata de’ Mazzoleni, sito lungo la Strada Nuova che uscendo dalla città conduce a Porta Pia. Tale strada era allora denominata Via Pia, l’attuale Via XXIX Settembre. Da ricerche effettuate risulterebbe che i suddetti magazzini fossero assegnati indicativamente al civico 10, anche se lungo quella via esistevano altri locali di proprietà del conte Camerata.

L’eccezionale documento ritrovato nella Biblioteca Comunale Planettiana di Jesi con la pianta dell’ultima zecca di Ancona sita nella “Strada nuova verso Porta Pia”

Il documento, di cui si presentata una parte (quella centrale), proviene da archivi rinvenuti presso la Biblioteca Comunale Planettiana di Jesi ed offre indicazioni dettagliate dei locali della zecca di Ancona predisporsi nei magazzini indicati. Partendo dalla sinistra in basso (a salire) possiamo vedere: ingresso, ambienti “per fare li Cartoci e il Scritorio”, “Magazino per il rame”, “Magazino per la legna”, “Ambiente per le Fornace” e, sul lato destro (a scendere) “Magazino”, “Ambiente per li Pajoli e Torchi da Cugnare”.

Dettaglio del documento con la disposizione dei locali dell’officina monetaria

Sul lato sinistro del documento si legge: “Adì 2 Marzo 1795 in Ancona. Piante per la nuova zecca da erigersi in Ancona col beneplacito di N.S. PP. Pio VI felicemente regnante a carico de’ Nobili uomini Sig.ri Magg.ri Marchese Miletto Miletti, e Marchese Stefano Benincasa, formata entro gli ambienti, o siano Magazeni col Muro posteriore ad Arco giacente situati sotto il Fabricone lungo la Strada nuova che sortendo dalla Città conduce alla Porta Pia, di proprietà del Nobil Uomo Sig.re Commendatore Antonio Conte Camerata de’ Mazzoleni” .

In basso a destra del documento possiamo invece leggere su tre righe: “= Giovanni Bassani, Pubblico Architetto, ed Accademico Clementino = Miletto Miletti, Intraprendente Sociale della Nuova Zecca = Stefano Benincasa, Intraprendente e c s a (come sopra?)”.

Evidenziato nella foto di sinistra il palazzo di Via XXIX Settembre n. 10 ad Ancona; a destra il monumentale Arco di Porta Pia che si intravede sullo sfondo

Si riporta un’immagine fotografica dell’edificio attuale sito in Via XXIX Settembre n. 10 con, sullo sfondo, l’Arco di Porta Pia. Chi avrebbe detto che, alla fine del XVIII secolo, proprio in quel palazzo vide la luce e operò per l’ultima volta la gloriosa zecca di Ancona?