Licenza artistica o macroscopico errore sulla coniazione a tema ferroviario pdel 1970 per la linea ferroviaria “direttissima Firenze-Roma”?

 

di Roberto Ganganelli | La chiamavano “direttissima Firenze-Roma”, in realtà questa linea – la prima linea ferroviaria veloce realizzata in Europa – andava e va tuttora dal bivio di Firenze Rovezzano alla stazione di Roma Settebagni.

Il tracciato di 315 km tra Roma e Firenze, prima della “direttissima”, era lento e tortuoso e i primi studi per renderlo più scorrevole iniziarono già negli anni Trenta. Dopo la guerra, finalmente,  si giunse al progetto di una linea che, invece di sostituire quella esistente fra la capitale e Firenze, si affiancasse e si integrasse con essa, in modo da essere più rettilinea e veloce ma soprattutto più breve: 237,5 km contro 315.

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25 giugno 1970: iniziano i lavori del viadotto Paglia sulla linea ferroviaria “direttissima” che collegherà Firenze a Roma, al suo completamento, in un’ora e 35 minuti appena

Nell’ottobre 1968 il progetto venne approvato e finanziato e i lavori preliminari iniziarono presto, anche se il primo tratto (da Roma a Città della Pieve, in Umbria) venne inaugurato solo il 24 febbraio 1977. La “direttissima Firenze-Roma” sarebbe stata completata nel 1992, rendendo la durata del collegamento tra le due città di appena un’ora e 35 minuti.

Tra le date storiche nella genesi della “direttissima” c’è il 25 giugno 1970, quando venne dato il via ufficiale a i lavori del viadotto del Paglia, tra Orvieto e Castel Viscardo: un’opera imponente, lunga ben 5375 metri e formata da 205 campate, ciascuna lunga 25 metri, e da cinque campate ad arco da 50 metri ognuna. Un capolavoro di ingegneria infrastrutturale, insomma, che ancora oggi serve sia i treni “normali” che quelli ad alta velocità di ultima generazione.

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Il rovescio della medaglia del 1970 per l’inizio dei lavori: belli gli stemmi delle otto province attraversate dal tratto ferroviario

A proposito di treni, e di medaglie, va detto che per quella fatidica data – il 25 giugno 1970 – le Ferrovie dello Stato fecero coniare dallo stabilimento Johnson una medaglia in bronzo di grande modulo (80 millimetri) sul cui rovescio troviamo, per l’appunto, un’iscrizione che ricorda l’evento e gli stemmi delle otto province attraversate dalla “direttissima”: Firenze, Arezzo, Siena, Perugia, Terni, Viterbo, Rieti e Roma.

Bello anche il dritto con una linea che si snoda da Milano a Palermo (all’epoca, le due mete “estreme” del sistema ferroviario italiano) e che, per ogni città mostra, un monumento simbolo (il Duomo, le Due Torri, Palazzo Vecchio, il Colosseo, il Maschio Angioino e la Cattedrale palermitana, preceduta ovviamente dallo Stretto di Messina).

Sotto la spezzata che rappresenta la linea ferroviaria – tratteggiata tra Firenze e la capitale – sfreccia un elettrotreno e qui viene il bello – o casca l’asino, a vostra preferenza – perché si tratta non solo di un treno mai esistito, ma di fatto di un treno “impossibile” nella realtà.

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Il dritto della medaglia coniata dalla Johnson per la “direttissima”: sulla linea viaggia un elettrotreno talmente moderno da essere “impossibile”

Più simile a una fantascientifica “littorina” a una sola, lunghissima carrozza motrice che a uno dei treni allora in servizio, quello sulla medaglia presenta infatti una “aberrazione ingegneristica”, ossia i respingenti – il cui nome chiarisce bene l’essenziale funzione che svolgono – situati posteriormente al muso della vettura!

Nel 1970 erano in servizio già da anni l’ETR300 (il celebre “Settebello” di sette elementi) e l’ETR250 (il famoso “Arlecchino” a quattro sole carrozze, di cui due motrici). Convogli rivoluzionari non solo nel design – che somiglia un po’ a quello del treno sulla nostra medaglia – e che hanno segnato la storia delle ferrovie in Italia.

Un “Settebello”, nome dato all’ETR300, uno degli elettrotreni più belli costruiti in Italia, al punto da diventare un’icona di stile negli anni del boom economico

Il muso dei due elettrotreni era bombato, ispirato a quello dei jet di linea. Sulla parte anteriore c’era un vetro panoramico affacciato su un salottino di prima classe da 11 posti. La cabina di guida era sopra la cabina passeggeri.

Sotto il muso, le ruote erano alloggiate in eleganti carter aerodinamici e tutte le carrozze erano suddivise in scomparti a salone con divanetti e poltrone orientabili. “Settebello” e “Arlecchino” divennero così delle icone del boom economico italiano diventando protagonisti di manifesti e volantini, set per puntate di Carosello e perfino palcoscenici di sfilate di moda: insomma, l’orgoglio delle allora Ferrovie dello Stato.

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Il convoglio ETR350 “Arlecchino” completamente restaurato e funzionante: un pezzo di storia delle ferrovie recuperato con passione da Fondazione FS Italiane

Peccato che l’anonimo autore della medaglia per la “direttissima” di treni, almeno sembra, ne sapesse ben poco, concedendosi ad una licenza artistica davvero eccessiva; più strano che la coniazione venne accettata dalle Ferrovie dello Stato senza batter ciglio, così come oggi la conosciamo, con impresso nel metallo quel fantascientifico “treno impossibile”…

Un’esemplare della medaglia, quello illustrato, è nel catalogo dell’incanto InAsta 109 e-live al lotto 2818 (clicca qui); una medaglia che invece raffigura il “Settebello” è quella per il decennale di Fondazione FS Italiane emessa pochi mesi or sono: per scoprirla leggi qui.