Riproponiamo questo interessante scritto apparso nel numero 175 del mensile Cronaca Numismatica del giugno 2005 dal momento che, a distanza di vent’anni, rimane ancora attuale per il suo valore di ricerca sulla Banca di Sussidio per il Piccolo Commercio di Firenze, istituto di credito che sarebbe dovuto nascere verso metà del XIX secolo e avrebbe dovuto emettere anche banconote: un progetto poi abbandonato sia a causa della situazione economica del Granducato di Toscana che dei moti risorgimentali.

Nel 1848 un gruppo di banchieri, negozianti e fabbricanti di Firenze interessò il Comune perché venisse promossa una Banca di Sussidio per il piccolo Commercio; le istanze, succintamente motivate, recano le firme più o meno leggibili di molti notabili.

Attorno a metà del XIX secolo Firenze, capitale del Granducato di Toscana, è una fiorente città di circa 130 mila abitanti in via di progressiva modernizzazione

Il Comune vide di buon grado l’iniziativa e dopo approfondimenti vari il progetto cominciò a prendere forma, essendo stati interessati alla pratica i vari uffici preposti alla autorizzazione. In una lettera del 20 maggio 1848 inviata dalla Regia Segreteria di Finanze al Prefetto di Firenze si legge:

“Visto il parere della Sezione delle Finanze, del Commercio e dei Lavori Pubblici del Consiglio di Stato, dei Suoi Ministri, S. A. Reale ha approvato in massima la istituzione della suddetta Banca nelle norme che appresso: [omissis] La Banca sarà autorizzata ad emettere dei biglietti pagabili al portatore a vista di Lire 100, 200 e 300 l’uno, dei quali biglietti, però, la somma complessiva in circolazione non dovrà mai eccedere quella di Lire Cinquecentomila. (Omissis) Nel comunicare alla S. V. Ill.ma quanto sopra per le occorrenti partecipazioni, e rimettendoLe i fogli concernenti la relativa Deliberazione Municipale […]”.

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Il fiorino, storica moneta fiorentina crreata nel 1252, nel periodo di Leopoldo II è una moneta in argento del valore di 100 quattrini (916 millesimi, g 6,87 per mm 24) 

Il Comune fu nuovamente interessato alla redazione di una bozza di regolamento ed il Gonfaloniere diede ordine di predisporne la stesura; il documento così approntato si trova agli atti, firmato di pugno dal Gonfaloniere di Firenze (a quel momento Bettino Ricasoli, che – reduce dal Piemonte dove era stato inviato in missione dal granduca – non nascondeva le sue simpatie verso Casa Savoia), sotto la data 20 dicembre 1848. Fra la data del 20 maggio e quella del 20 dicembre 1848 dovevano essere intercorsi altri “accordi” fra le parti interessate, in quanto nel regolamento sono presenti alcune variazioni rispetto a quanto di massima approvato da S. A. Reale” (come si legge nella lettera di cui sopra).

In detto regolamento infatti è previsto un capitale di lire 300.000, di cui lire 100.000 appartengono allo Stato, lire 100.000 alla comunità di Firenze, lire 100.000 agli azionisti; le 200.000 lire riferite alla partecipazione dello Stato e del Comune sarebbero state rappresentate da obbligazioni dell’uno e dell’altro a favore della Banca, mente le 100.000 lire riferite agli azionisti sarebbero state rappresentate da 200 azioni da lire 500 ciascuna; la durata della banca era fissata in cinque anni.

Lo stemma del granduca Leopoldo II d’Asburgo-Lorena e, a destra, il politico e barone Bettino Ricasoli (1809-1880), gonfaloniere di Firenze nel 1848

Relativamente ai “biglietti” il regolamento, fra l’altro, prevedeva: “Articolo 10) Lettera c) La Banca potrà emettere Biglietti pagabili al portatore a vista di Lire 50, lire 100, Lire 200 l’uno. La somma complessiva di tali Biglietti non potrà eccedere la somma di Lire Cinquecentomila. Questi biglietti godranno del vantaggio di essere ricevuti dalle Casse Pubbliche in soddisfazione dei pagamenti che dovranno corrispondersi alla Cassa stessa. […]

Articolo 13) I Biglietti messi in circolazione avranno un numero progressivo; saranno muniti di due marchi, uno a secco e l’altro a vernice, e saranno firmati dal Capo del Consiglio Direttivo, dal Direttore (o aiuto) e dal Cassiere della Banca.

Articolo 14) Di ciascuna qualità di Biglietti saranno formati altrettanti Volumi e Matrici dai quali i Biglietti stessi verranno staccati. I rami serviti per l’impressione saranno fusi, sarà bruciata la carta avanzata e saranno spezzate le forme adoprate per la sua fabbricazione. […]

Articolo 21) I Biglietti saranno cambiati a vista ed al portatore dei medesimi in contanti dalla Cassa della Banca”.

Nello stesso fascicolo esistono altri interessanti appunti su carta intestata alla Prefettura del Compartimento di Firenze con il titolo Avvertenze sul Regolamento approvato dal Municipio Fiorentino con Deliberazione de’ 29 Dicembre 1848 per una Banca di Sussidio per il piccolo Commercio dove si legge: “(Omissis) Comparisce troppo tenue l’importare dei biglietti di Lire Cinquanta, che inducendo la necessità di convertirli subito in moneta sonante, li fa ritornare alla Banca ove stagnerebbero inutilmente. Il Biglietto di minor costo potrebbe essere quello di Lire Cento come nella Banca attuale. Il più piccolo biglietto della Banca di Francia è di 200 Franchi, e fu di recente rigettata la proposta di emettere biglietti di Franchi Cento”.

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La moneta d’oro fiorentina più importante dell’epoca sono gli 80 fiorini (999 millesimi, g 32,65 per mm 31) mentre il massimo nominale d’argento è il francescone (916 millesimi, g 27,48 per mm 41)

Fatti imprevisti fecero però accantonare temporaneamente ulteriori studi e l’attuazione del progetto della Banca di Sussidio per il Piccolo Commercio. Il 16 gennaio 1849 fu emanata infatti la legge che prevedeva l’emissione di buoni ipotecari, fruttiferi di un interesse del sei per cento: la possibilità di un investimento, reso allettante sia dalla sicurezza della remunerazione che dalla garanzia ipotecaria, provocò la richiesta di conversione di una gran quantità di biglietti delle due Casse di Sconto di Firenze e Livorno; il che indusse i direttori dei due istituti a chiedere la sospensione della convertibilità dei propri biglietti.

Le accesissime discussioni sull’introduzione del “corso forzoso” (che fu introdotto a Livorno l’8 febbraio e a Firenze il 23 febbraio, e durò solo fino al luglio di quell’anno) ed i fatti connessi con la fuga del granduca Leopoldo II d’Asburgo-Lorena a Gaeta e la conseguente formazione del governo provvisorio da parte di Montanelli, Guerrazzi e Mazzoni impedirono che nei mesi successivi si procedesse verso la definizione della pratica.

Il 19 Novembre 1849 il nuovo gonfaloniere Peruzzi assicurava il nuovo prefetto (succeduto al Guidi-Rontani) “che nuove premure gli erano state verbalmente avanzate per parte di quelli stessi che promossero tale Istituzione” e chiedeva di riprendere il progetto per portarlo finalmente ad esecuzione.

Leopoldo II d’Asburgo-Lorena, ultimo granduca di Toscana, ritratto con accanto la corona e indosso le vesti di gran maestro dell’Ordine di Santo Stefano

Il compito che si chiedeva al nuovo Prefetto era quello di esternare un formale parere sul progetto di regolamento, parere da inoltrarsi al Ministero per la definitiva approvazione. Visto lo stato a cui la pratica era giunta, era plausibile attendersi che il Prefetto si limitasse alla redazione di un breve favorevole parere.

Contrariamente alle aspettative, invece, il prefetto scrisse una lunghissima lettera nella quale esprimeva chiaramente sull’argomento il suo parere negativo. L’autore si dilunga nel descrivere la situazione politica e sociale in Firenze, prima e dopo l’esperienza del governo provvisorio; esamina la situazione economica in Firenze e in Europa, con confronti di natura a volte puramente accademica.

Soprattutto, dalla lettura di questa lettera traspare la forte avversione del prefetto verso quelle persone che quella pratica avevano iniziato e che durante il breve periodo del governo rivoluzionario erano rimasti ai loro posti o per lo meno non lo avevano apertamente avversato. Il parere negativo trova sì giustificazione in alcuni argomenti trattati dallo scrivente in modo chiaro ed esauriente (capitale di poco conto, biglietti di basso valore, fidi in teoria destinati a finanziare mediocri imprese, previsioni di forti “sofferenze” nell’incasso dei crediti), ma più che altro è motivato a mio parere esclusivamente da una scelta di natura politica.

Ecco infatti alcuni esempi del linguaggio usato: nei mesi passati “precipitavasi nel disordine, ora ritornando verso l’ordine ci sforziamo di riconsolidarlo”; “allora la parola dei sedicenti amici ed organi del popolo dominava”; “la torbida crisi del 1849”; “fu il desiderio di acquistare popolarità che indusse alcuni municipalisti ed i loro amici politici a mostrarsi caldi fautori di qualche nuova Istituzione”; in materia economica “le più ovvie dottrine, l’esperienza e la storia si hanno in niun conto, quando le passioni politiche invadono le menti e le offuscano” e ancora “poco valgono i mezzi economici allorché la Società è sconvolta da lotte ambiziose di partiti che urtansi furiosi per salire in cima al potere”; dal punto di vista politico ”la minaccia all’ordine pubblico ebbe pieno effètto nel febbraio 1849; grazie alla Provvidenza l’Anarchia salita al potere durò poco”.

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Altre monete in circolazione a Firenze e in Toscana: i 10 quattrini in mistura d’argento (263 millesimi, g 1,96 per mm 20,5) e i 3 quattrini in rame (g 2,15 per mm 22)

Sul prefetto Guidi-Rontani così si esprime: “va compatito se non sentì i bisbigli dei fautori della piccola Banca”; relativamente ai potenziali clienti della nuova banca afferma che si tratterà “di persone sprovviste del più piccolo capitale e di credito, di rivenditori sui muriccioli, di girovaghi per le vie della Città”; e conclude la sua fllippica scrivendo “giacché il progetto della Banca di Sussidio fu dimenticato dal Prefetto Guidi-Rontani nel momento del maggiore bisogno, [conviene] debba lasciarsi sospeso finché non sorga spontanea una Società di generosi Azionisti che un nudo progetto convertano in realtà”.

Da quel momento non vi è più traccia alcuna di questa pratica o della Banca di Sussidio per il Piccolo Commercio negli archivi che ho potuto consultare. Ecco come e perché un’iniziativa commerciale che, sia pure suscettibile di correzioni e variazioni nel Regolamento e nello Statuto, avrebbe potuto portare tangibili benefici alla comunità dei piccoli commercianti fiorentini, fu vanificata per via di discutibilissime beghe di natura squisitamente politiche, promosse da un burocrate il cui nome non ho trovato agli atti, ma che a mio giudizio non vale neppure la pena di ricercare. ­Quanto sopra è tratto da notizie ricavate dall’Archivio di Stato di Firenze di carte contenute in Capirotti di Finanza, Inv. 115, Filza 62, Fasc. 5.