Un nuovo studio critico di Renato Villoresi e Luciano Giannoni getta una luce innovativa sulle monete medievali di Arezzo e Volterra

di Roberto Ganganelli | Le zecche medievali italiane, un’autentica miniera che sembra non mostrare di esaurirsi mai, tanti sono gli aspetti meritevoli di approfondimento e di chiarimenti. Purtroppo, talvolta, le nuove opere pubblicate sull’argomento si limitano a riproporre, magari con foto migliori e qualche variante, le impostazioni di studi precedenti.

In altri casi, invece, come per Arezzo e Volterra. Considerazioni sulle loro zecche, chi si dedica alla ricerca lo fa con spirito autenticamente critico e innovativo per cercare di collocare serie e singole emissioni in un contesto storico più coerente.

L’opera è stata curata da Renato Villoresi, che ha preso in esame le singole emissioni medievali delle due città toscane, da sempre oggetto dei suoi studi. In appendice al volume, che si sviluppa su 80 pagine a colori, è invece presente un interessante contributo a firma di Luciano Giannoni sullo studio dei con dei grossi volterrani battuti sotto l’autorità del Vescovo Ranieri de’ Ricci.

Il libro analizza circa 50 tipologie, a cui si aggiungono diverse varianti, oltre a confronti con falsi d’epoca, le cui immagini sono riportate nell’opera e che rappresentano un importante complemento alla monetazione originale dal momento che rivelano curiosi aspetti di produzione e l’evidenza di un fenomeno – quello di produrre moneta fraudolenta – diffuso in ogni epoca.

arezzo e volterra monete medioevo zecca denaro grosso picciolo santo croce varianti falsi reanto villoresi luciano giannoniArezzo e Volterra. Considerazioni sulle loro zecche si apre con la parte dedicata alla zecca aretina la cui prima concessione risale all’epoca carolingia e venne in seguito più volte rinnovata. Ripercorrendo la storia degli studi, dal Gamurrini in poi, Villoresi sottolinea le analogie di emissione con Volterra, esamina il denaro a nome di Ugo marchese di Toscana (emesso a cavallo tra X e XI secolo) e passa quindi al catalogo delle emissioni al tipo del patrono san Donato.

Con aureola e senza aureola, questo il discrimine iconografico che permette di serializzare in due macro gruppi le medievali monete aretine, illustrate per tipologie e varianti con un’attenta analisi ai particolari iconografici ed epigrafici, allo stile, ai simboli.

Lo stesso metodo viene applicato per l’officina monetaria di Volterra, che inizia ad essere studiata nel XVII secolo e che ha come moneta primigenia il denaro vecchio volterrano di fine XII secolo al quale seguiranno grossi con l’effigie di san Giusto e piccioli. La catalogazione di tipi e varianti, con ottime foto e ingrandimenti di dettagli, anche in questo caso si sviluppa non come un mero repertorio ma come un discorso ragionato fra considerazioni sullo stile, note storiche ed economiche, collegamenti con le altre zecche del territorio.

Chiude il volume un approfondimento a firma di Luciano Giannoni nel quale, per la prima volta, viene effettuata una coerente e approfondita analisi dei coni volterrani dei grossi da 20 denari del vescovo Ranieri de’ Ricci sia dal punto di vista metrologico che da quello morfologico per concludere, quindi, con una seriazione di abbinamenti e con stime sulla possibile produzione di queste monete che, secondo Giannoni, potrebbe collocarsi fra i 650 mila e i 780 mila esemplari.

Da consigliare, anche a quanti non si occupano di zecche medievali toscane, per la serietà del metodo di ricerca, il volume Arezzo e Volterra. Considerazioni sulle loro zecche è disponibile nel sito delle Edizioni D’Andrea al prezzo di 50 euro cliccando qui.