Tra le opere del padre della sovrana una cera identica al rovescio dei 5 centesimi Spiga firmati Motti: omaggio al maestro o plagio?

 

di Roberto Ganganelli | E’ il 1919, la Grande guerra è terminata da pochi mesi consegnando all’Italia le “terre irredente” e lasciando sul campo 1.240.000 vittime tra militari e civili; la popolazione è stremata e già si stagliano all’orizzonte i bagliori del Biennio rosso e dell’avvento del fascismo quando, nelle tasche della gente, inizia a tintinnare una delle monete più famose del regno di Vittorio Emanuele III.

Si tratta dei 5 centesimi tipo Spiga coniati in rame (950 millesimi) con 40 millesimi di stagno e i restanti 10 di zinco) in base al Regio decreto 1219 del 13 luglio 1919, pubblicato nella Gazzetta ufficiale n. 187 del 6 agosto.

Una moneta – i 5 centesimi Spiga – dal diametro di 19,50 millimetri per 3,25 grammi di peso e contorno liscio che riprende un tipo non emesso e previsto dal Decreto luogotenenziale n. 2067 del 31 dicembre 1918, con date 1918 e 1919, coniato in con diametro di 19,00 millimetri e peso di 2,00 grammi in lega di ferro (750 millesimi) e nichelio (250 millesimi).

Attilio Silvio Motti, un maestro per la monetazione del Regno

Sia questa rara tipologia mai immessa in circolazione sia quella, ben nota, in rame vengono coniate su materiali creatori modellati e bulinati da Attilio Silvio Motti (Alessandria 1867 – Roma 1935), prolifico e capace artista e capo incisore della Regia Zecca fin dal 1913.

5 centesimiMoneta da 5 centesimi 1918 in ferro-nichelio (non emessa) con i soggetti della successiva tipologia in rame coniata dal 1919 al 1937 (tipo Spiga). Molto rara (Sincona 29, 2016, lotto 1471)

 

Il maestro Motti ritrae al dritto, con eleganza pur nel piccolo modulo del tondello, il sovrano a collo nudo, rivolto a sinistra; una fisionomia colta nel pieno della maturità, all’altezza dei ritratti monetali “definitivi” realizzati da Giuseppe Ferraris per Vittorio Emanuele II e da Filippo Speranza sia per Umberto I che per lo stesso “re numismatico”.

Il rovescio, secondo quanto stabilito dal Regio decreto di emissione, reca invece “una spiga di grano, l’indicazione del valore cent. 5 (in realtà è C. 5 ai due lati della spiga, Nda), il millesimo di coniazione, l’iniziale «R» per segno di Zecca” (art. 2).

Quella spiga celeberrima usata su tanti progetti di monete

Un soggetto che sarebbe dovuto apparire – la spiga – anche su una tipologia prevista per il 1915 e formalizzata dal Regio decreto n. 332 del 7 marzo dello stesso anno, con peso di 3,00 grammi e diametro di mm 19,00, da coniarsi in una lega formata da nichelio al 75% e, per il resto, da ferro.

Anche di questa moneta mai nata esistono alcuni esemplari, passati anche di recente in vendite pubbliche e mostrati per la prima volta dalla Domenica del corriere del 7-15 febbraio 1915; un articolo che definiva questa moneta “ben più comoda dell’attuale palanca” (ossia, dei 10 centesimi dal diametro di ben 30 millimetri) e che non manca di sottolineare come furono vari e differenti i bozzetti proposti alla Regia zecca.

5 centesimiDall’alto in basso: progetto da 10 centesimi 1915. D/ Effigie del re a destra. R/ Spiga di grano (Bolaffi 25, 2014, lotto 1126); progetto del 10 Centesimi 1915. D/ Testa elmata a destra. R/ Spiga di grano (Bolaffi 30, 2017, loto 1959); prova da 10 centesimi 1915 (moneta poi non emessa). D/ Stemma di Casa Savoia coronato e circondato dal Collare dell’Annunziata. R/ Spiga di grano, a destra la dicitura PROVA (Bolaffi 30, 2017, lotto 1962)

 

Sia i 5 che i 10 centesimi Spiga in lega bianca previsti, rispettivamente, dal Decreto luogotenenziale del 1918 e dal Regio decreto del 1915 già citati non hanno seguito mentre la Spiga veste, sempre con valore di “un soldo”, il rosso del rame a partire dal 1919 venendo coniata ininterrottamente fino al 1937, ad Impero già conquistato, in centinaia di milioni di pezzi.

Qual è la novità? – si chiederanno i nostri lettori. Ebbene, finora nessuno tra gli studiosi di numismatica italiana del Novecento si è accorto, almeno secondo i testi qui consultati, da quelli di Mario Lanfranco e Antonio Pagani, fino a quelli di Domenico Luppino e Giovanni Attardi, di un aspetto artistico tutt’altro che irrilevante.

E’ un omaggio agli antichi stateri di Metaponto? Sì, ma…

Spesso si è scritto che la spiga di frumento al rovescio venne modellata da Motti in omaggio all’antica monetazione della polis lucana di Metaponto, dove appare in molti casi e in forma simile. Ciò che non si è notato, invece, è che quella spiga – esattamente identica, salvo la posizione della foglia, a destra invece che a sinistra – la si ritrova piuttosto in un’opera di un altro grande incisore italiano del XIX secolo, Benedetto Pistrucci (Roma 1783 – Windsor 1855), l’autore del celeberrimo san Giorgio che, dal 1817 ad oggi, è stato impresso su oltre due miliardi di sovrane britanniche in oro.

Lucania, Metapontum (540-510 a.C.). Statere. D/ Spiga di grano in rilievo R/ Spiga di grano in incuso (Varesi 66, 2015, lotto 7)

 

Il modello opus Pistrucci è una cera bianca su ardesia, di forma circolare, del diametro di 65 millimetro e spessa 1-2 millimetri, acquisita dal Museo numismatico della Regia zecca nel e oggi conservata nei fondi del Museo della Zecca italiana (clicca qui per la scheda).

Omaggi più evidenti agli stateri di Metaponto, con spiga in rilievo e incusa sulle due facce, risalgono invece al 1905 – uno dei passaggi di innovazione creativa per le monete di Vittorio Emanuele III – e sono attribuiti allo Stabilimento Johnson di Milano, come evidenziato dalla sigla S.J. che appare su alcuni esemplari passati in aste pubbliche e noti alla letteratura.

5 centesimiDall’alto in basso: progetto Jonhson in oro del 20 centesimi 190. D/ Spiga di grano in rilievo. R/ Spiga di grano in incuso. Di grande rarità (Bolaffi 33, 2018, lotto 1279); progetto Johnson in argento 20 centesimi 1905. D/ Spiga di grano in rilievo. R/ Spiga di grano in incuso. Raro (Bolaffi 30, 2017, lotto 1951)

La Spiga di frumento del Pistrucci negli studi di numismatica

La vera “paternità” della spiga effigiata sui 5 centesimi emerge dal prezioso volume edito nel 1939 dal Ministero delle Finanze, Direzione generale del Tesoro e dal titolo Relazione della R. Zecca. 25 esercizi finanziari. Dal 1° luglio 1914 al 30 giugno 1939-XVII.

Qui, dopo i Cenni sulla vita e sulle opere di Benedetto Pistrucci (pp. 161-163) troviamo fotografate una serie di modellazioni del maestro tra le quali, al n. 64 (p. 175), proprio la Spiga di frumento. Quella spiga che a p. 24 del volume è definita opera del professor Motti e, nella descrizione del rovescio dei 5 centesimi, “simbolo della feracità dell’Italia – alma parens frugum – e per cui l’autore si era ispirato alle antiche monete di Metaponto”.

Spiga di frumento, cera su ardesia di Benedetto Pistrucci conservata al Museo della Zecca

 

La cera è stata pubblicata in epoca più recente da Lucia Pirzio Biroli Stefanelli: Roma, Museo della Zecca. Benedetto Pistrucci, in Bollettino di Numismatica, Monografia 1.II.1, Roma 1989, pag. 246, n. 392 e Roma, Museo della Zecca. Benedetto Pistrucci (Tavole), in Bollettino di Numismatica, Monografia 1.II.2, Roma 1989, pag. 391-392, n. 392.

Un piccolo capolavoro “al microscopio”: alcune osservazioni

Se osserviamo la cera e il rovescio della moneta da 5 centesimi 1919-1937 notiamo come il numero dei chicchi (ventuno) e la loro disposizione su tre file (una frontale e due simmetriche, laterali), o la disposizione e i filamenti secondari delle brattee che si dipartono dalle estremità dei chicchi stessi – senza contare l’elegante forma e la curvatura della foglia – appare chiaro che il soggetto è da attribuire a Pistrucci piuttosto che a Motti.

5 centesimiMoneta da 5 centesimi Spiga 1919 coniata dalla Regia zecca di Roma (Varesi 61, 2012, lotto 923)

 

Si tratta dunque di un vero e proprio plagio, magari in un momento di “crisi creativa” del Motti? Oppure di una “citazione artistica” e di un segreto omaggio dell’artista ad un suo illustre predecessore? Non lo sappiamo, ma è certo che Attilio Silvio Motti, in Regia zecca, ha sotto mano le cere del Pistrucci acquisite nel 1912 può ammirarle, studiarle e trarne ispirazione come tutti gli incisori dell’officina monetaria.

Nasce così – non con uno ma con due padri! – una monetina bellissima, un pezzo di storia della numismatica del Regno alla quale oggi abbiamo voluto aggiungere qualche riga in più.