Dalla natia Firenze a Roma, Bologna e Verona, e poi Lucca e infine Ravenna: le peregrinazioni di Dante e le monete che il poeta utilizzò in quegli anni di esilio

 

di Luciano Giannoni e Renato Villoresi | Quest’anno, per l’esattezza il 13 settembre, ci prepariamo a celebrare il settimo centenario della morte di quel signore che a livello mondiale, probabilmente, è l’italiano più conosciuto: Durante, o meglio Dante Alighieri. Il fatto che già se ne parli così tanto, a noi che non siamo più “di primo pelo”, fa ricordare i tempi del liceo quando eravamo obbligati a studiarlo e non sempre siamo riusciti ad apprezzarlo.

Ripensando a questo fiero signore, il “ghibellin fuggiasco”, ed alle vicissitudini del suo esilio, da appassionati e curiosi di numismatica non abbiamo potuto fare a meno di considerare ed anche fantasticare su quante e differenti furono le tipologie monetali che – bene o male – deve aver avuto la possibilità, e al tempo stesso, la necessità di maneggiare nelle varie località del suo lungo girovagare.

La casa natale di Dante Alighieri nel cuore della Firenze medievale
La casa natale di Dante Alighieri nel cuore della Firenze medievale

Da buon fiorentino dell’epoca, appartenente ad una classe sociale abbastanza agiata e avendo partecipato con vari incarichi alla vita pubblica del Comune, l’Alighieri deve aver avuto sicuramente una buona familiarità con la moneta principe di Firenze, il fiorino d’oro (Fig. 1,a).

Allo stesso modo, Dante ben conosceva anche il suo sottomultiplo, il fiorino d’argento dal valore di denari 12 (Fig. 1,b) e deve anche aver visto nascere nel 1296 la nuova moneta dal valore di due fiorini d’argento che si imporrà sul mercato per la sua buona lega, comunemente detta “popolino” (Fig. 1,c).

Avrà anche usato, di certo, la moneta “picciola”, (Fig. 1,d), gli spiccioli diremmo oggi, impiegata normalmente per le piccole spese quotidiane che tuttavia, molto probabilmente, vista la sua carica, non erano “incombenze” di sua competenza.

esilio di DanteFig. 1 – FIRENZE: a) fiorino [NAC 30,298]; b) fiorino da denari 12 [CNG 103,1051]; c) fiorino grosso da soldi 2 “popolino” [Varesi 74,156]; d) picciolo [Inasta 89,1076].

Qui di seguito, pertanto, seguiremo il suo lungo peregrinare, che egli stesso considerò molto penoso, da un luogo all’altro, da una corte all’altra che ha contraddistinto il suo esilio durato ben venti anni. (“[…] come sa di sale / lo pane altrui e come è duro calle / lo scendere e il salir sull’altrui scale”. Paradiso, XVII, vv.58-60)

È chiaro che non pretendiamo qui di proporre un trattato di circolazione monetaria nei primi venti anni del secolo XIV nel Centro e Nord Italia, cosa veramente complessa che richiederebbe ben altra trattazione, ma soltanto di illustrare ciò che Dante, presumibilmente, avrebbe potuto ricevere e/o spendere quando, nel luogo in cui si trovava, era presente una zecca e le monete forestiere che vi avrebbero potuto circolare. In caso di assenza di un’officina monetaria nel luogo di soggiorno o di passaggio del Sommo Poeta, invece, ci limiteremo solo a segnalare quelle che potevano essere le principali tipologie di moneta forestiera che avrebbero avuto corso in quel determinato territorio.

Fig. 2 – VENEZIA: ducato di Giovanni Dandolo [NAC100,65]

Sicuramente, in tutto il suo peregrinare il fiorino d’oro deve aver sempre accompagnato l’Alighieri in quanto questa semplice e bella moneta aveva raggiunto e superato la soglia dei cinquanta anni dalla prima coniazione (1252) e, ormai, era molto ben accolta nelle contrattazioni anche ben al di fuori dei confini del territorio fiorentino.

Il fiorino, ai tempi dell’esilio dantesco, non aveva ancora subito la dura concorrenza del ducato veneziano (prima emissione nell’anno 1284 sotto il dogato di Giovanni Dandolo (Fig. 2) che, tuttavia, avrebbe espresso la sua sfera di influenza più verso l’Europa orientale ed il Medio Oriente, sulla base dei rapporti commerciali che la Repubblica di Venezia intratteneva con quei paesi.

Bonifacio VIII, il papa che Dante non vide mai "di buon occhio"...
Bonifacio VIII, il papa che Dante non vide mai “di buon occhio”…

Dante dal 1301 si trovava a Roma, dove era stato inviato dal Comune di Firenze per una ambasceria presso papa Bonifacio VIII ed è lì che lo raggiunsero i due bandi che lo condannavano all’esilio. Tali bandi, il primo emesso il 27 gennaio 1302, il secondo il 10 marzo dello stesso anno, lo condannavano per baratteria, dolo, estorsione, falsità, frode, malizia, pederastia, proventi illeciti ad una multa di ben 5000 fiorini d’oro, all’esilio perpetuo, all’interdizione dai pubblici uffici e, come se non bastasse, nel caso fosse stato catturato, anche al rogo.

Roma all’epoca aveva zecca propria in cui venivano coniati grossi (Fig. 3a/b), mezzi grossi (Fig. 3c/d), grossi “samperini” (Fig. 3e), cinquine (Fig. 3f) e denari di vari tipi (Fig. 3g/h/i/l), ma non batteva ancora moneta d’oro, per la quale si serviva di varie tipologie forestiere, in particolare del solito fiorino, quindi moneta bizantina e angioina.

Per quanto riguarda, in particolare, la monetazione in argento e mistura sicuramente nella Roma all’epoca la circolazione doveva essere particolarmente confusa anche per la presenza di innumerevoli e differenti tipologie monetali dal diverso valore arrivate con i pellegrini da tutto il mondo cattolico per via del primo Giubileo della Chiesa indetto per l’anno 1300 da papa Bonifacio VIII.

Fig. 3 – ROMA: a) grosso [NAC 104,249]; b) grosso con stemmi senatoriali [Bolaffi 30,871]; c) mezzo grosso con stemmi senatoriali [Bolaffi 30,872]; d) mezzo grosso anonimo [Bertolami 69,852]; e) mezzo grosso “samperino”[Spink 16005, 1950]; f) cinquina [Munzen&Medaillen 26,14]; g) denaro provisino [Inasta 76,1179]; h) denaro piccolo [Bertolami 28,573]; i) denaro piccolo [coll.priv.]; l) denaro piccolo [coll.priv.]

Dante, essendo l’atmosfera romana a lui poco favorevole, si allontanò dalla città eterna e si diresse a Forlì dove si stabilì presso la famiglia Ordelaffi e qui rimase per circa due anni (1302-1304) anche per essere più vicino ai molti esuli ghibellini fiorentini che vi si erano stabiliti con i quali tentò più volte, ma senza riuscirvi, di rientrare a Firenze con la forza.

Lo "Studium" bolognese nel medioevo, un fiorente centro di sapere
Lo “Studium” bolognese nel medioevo, un fiorente centro di sapere

A quell’epoca Forlì non aveva ancora aperto la zecca, sebbene il diritto di monetare le fosse stato concesso da Federico II nel 1240, pertanto vi dovevano circolare principalmente monete di Bologna, Ferrara, Firenze, Ravenna, Rimini, sicuramente qualche emissione marchigiana, vista la vicinanza con quella regione.

Quindi da Forlì Dante si trasferì a Bologna (1305), all’epoca famosa per il suo Studium, e dove da decenni era attiva la zecca con cospicue emissioni di quella importante moneta che è conosciuta col nome di bolognino grosso (Fig. 4a) ed il denaro, suo sottomultiplo (Fig. 4b).

esilio di DanteFig. 4 – BOLOGNA:bolognino grosso [Varesi 69/2, 165]; b) denaro [Ranieri 10,251]

Da Bologna, quindi, il poeta emigrò alla corte di Bartolomeo della Scala, a Verona, dove la zecca era attiva da tempo e in quel periodo vi venivano coniati, contraddistinti dal segno della “scala”, simbolo parlante dei suoi signori, grossi “anonimi” dal valore di denari 20 (Fig. 5a ), grossi aquilini (Fig. 5b) e denari (Fig. 5c). Sicuramente come moneta forestiera vi dovevano circolare prevalentemente, proprio per la vicinanza, emissioni veneziane e padovane.

esilio di DanteFig. 5 – VERONA: a) grosso da denari 20 [Varesi 69 part.2,126]; b) grosso da denari 20 anonime scaligere [Rauch 104,484]; c) grosso aquilino [ Rauch 98,1501]; d) denaro [Varesi 65,591]; e) mediatino o denari 2 [Bertolami 69,1239]

Da Verona Dante passò quindi, nel 1306, a Treviso retta all’epoca dalla signoria dei Da Camino. In quel periodo Treviso non aveva la zecca e nel suo territorio vi circolavano sicuramente in preponderanza monete veneziane (ducati d’oro e grossi) ed anche padovane (denari scodellati), meranesi (grossi e piccoli tirolini e quattrini) e trentine (grossi da denari 20 e denari).

Dante, sempre nel 1306, si recò in Lunigiana per compiere una missione diplomatica di conciliazione di una controversia sorta tra i signori del luogo, i Malaspina, ed il vescovo di Luni. Essendo la zona sprovvista di zecca, oltre al solito fiorino di e qualche altra tipologia di quella zecca, con ogni probabilità vi circolavano in preponderanza Firenze monete delle vicine Lucca (fiorini d’oro lucchesi, grossi e denari) e Pisa (grossi e denari), di Genova (genovini d’oro, grossi e denari) e di Parma (grossi e denari).

In esilio da Firenze, Dante peregrinò per varie città fra cui Lucca
In esilio da Firenze, Dante peregrinò per varie città fra cui Lucca

Sistemata la diatriba, Dante nel 1307 si trasferì per un breve periodo in Casentino presso i conti Guidi, perché sembrava gli si aprisse la possibilità di rientrare a Firenze e probabilmente in tale periodo soggiornò nel castello di Porciano.

I conti Guidi non avevano zecca propria, a meno che non si voglia ricordare l’episodio di Mastro Adamo, che nel loro castello di Romena e sotto la loro protezione falsificava il fiorino di Firenze abbassandone la lega (“Ivi è Romena, là dov’io falsai / la lega suggellata dal Batista / per ch’io il corpo su arso lasciai”. Inferno XXX, vv. 46-90). In quel territorio, pertanto, oltre alla solita moneta fiorentina, dovevano circolare varie emissioni di moneta toscana con preponderanza di grossi e denari aretini.

Svanita la possibilità di rientrare a Firenze, Dante lasciò il Casentino e si spostò a Lucca dove il suo soggiorno durò dal 1307 al 1310 e da dove si allontanò per brevi periodi uno dei quali lo vide presente anche a Parigi (Figg. 6a/b/c) per frequentare il famoso Studio (Sorbona) di quella città; si ipotizza altresì, durante questo viaggio, una sosta ad Avignone (Figg. 6d/e).

esilio di DanteFig. 6 – PARIGI: Filippo IV il Bello, a) agnel d’or [archivio iNumis]; b) chaise d’or [archivio iNumis]; c) gros tournois à l’O long [archivio iNumis]. AVIGNONE: Clemente V: d) grosso clementino [NAC 57, 900]; e) denaro paparino [Ranieri 6, 707]

Lucca è stata la zecca più longeva della Toscana (attiva dal VII fino al XIX secolo) ed in quel periodo batteva sia moneta d’oro (Fig.7a) che grossi in argento (Fig.7b/c) e moneta piccola in mistura (Fig. 7d) con l’effigie del Volto Santo.

Fig. 7 – LUCCA: a) grosso d’oro o fiorino [Sincona 50,1118]; b) grosso da soldi 2 [NAC 109,1368]; c) grosso [Varesi 74,466]; d) denaro o albulo [Varesi 74,44]

Dal soggiorno lucchese Dante, nel 1310, raggiunse nuovamente Forlì per rimanervi fino al 1312 quando la lasciò per tornare nuovamente a Verona avendo accolto l’invito di Cangrande della Scala. Verona, della quale abbiamo già visto quali erano all’epoca le emissioni della sua zecca e quale poteva essere la circolazione di moneta forestiera, fu la città in cui Dante dimorò più lungamente in quanto vi trovò asilo fino al 1318.

Nell'ultima fase del suo lungo e doloroso esilio, Dante è accolto a Ravenna dove muore nel 1321 e dove tuttora riposano i suoi resti
Nell’ultima fase del suo lungo e doloroso esilio, Dante è accolto a Ravenna dove muore nel 1321 e dove tuttora riposano i suoi resti

Fu Ravenna, quindi, che dal 1318 ospitò il poeta nel periodo finale del suo esilio e qui morì nella notte tra il 13 e 14 settembre 1321; Ravenna resta anche il “luogo dantesco” dove riposano tuttora le sue spoglie. sempre ben custodite contro tutti i tentativi leciti e meno leciti di riportarle a Firenze.

I signori di Ravenna, i Da Polenta, oltre all’onore di ospitare Dante, si avvalsero anche delle sue capacità diplomatiche inviandolo in varie ambascerie a più riprese sia Verona che Venezia e fu proprio al ritorno da questa città che si ammalò delle febbri malariche che lo portarono poi alla morte.

Ravenna, all’epoca, aveva una zecca in cui vi venivano battuti grossi (Fig.8a), grossi al tipo agontano (Fig.8c/d) e denari (Fig.8b/e), ma in circolazione erano presenti anche svariate monete coniate da altre officine monetarie, principalmente di Bologna, Firenze ed Ancona.

esilio di Dante Fig. 8 – RAVENNA: a) grosso [coll.priv.]; b) denaro [coll.priv.]; c) grosso agontano [coll.priv.]; d) grosso agontano da denari 20 [Numismatica Picena]; e) denaro [Numismatica Picena]

Iniziata con le monete della natia Firenze, con le coniazioni di Ravenna termina la breve carrellata su quelle che, molto probabilmente, sono state le principali tipologie monetali nelle quali l’Alighieri si era imbattuto durante il suo esilio e con le quali si era dovuto impratichire ogni qual volta era stato costretto a cambiare il luogo del suo soggiorno.