Corre l’anno 1666, Bologna e il suo territorio sono invasi da un mare di lire false | La zecca e le autorità corrono ai ripari, ma non sarà così semplice

 

di Michele Chimienti e Renzo Bruni | Il problema della falsa monetazione ha sempre assillato i governi e si può dire che non vi sia mai stato un attimo di tregua tra chi produceva o spacciava le monete false e chi cercava di reprimere quell’atto criminoso.

Anche se un episodio di questa continua battaglia non può rappresentare un momento di particolare originalità, ci sembra che valga la pena raccontarne uno risalente al XVII secolo per il quale è stato possibile raccogliere tutta la documentazione relativa: monete, bandi e documenti d’archivio (conservati presso l’Archivio di Stato di Bologna, Assunteria di zecca, Piani e discipline, cartone 12, fascicolo 23 II e Assunteria di zecca, Atti dal 1667 al 1672). Si può così ricostruire un piccolo affresco di un particolare momento della vita politica ed economica bolognese.

Il quadro monetario a Bologna “nell’anno del Signore 1665”

Sono in particolare le lire di papa Alessandro VII Chigi (1655-1667) ad esser prese di mira dai falsari a Bologna nel 1666
Sono in particolare le lire di papa Alessandro VII Chigi (1655-1667) ad esser prese di mira dai falsari a Bologna nel 1666

A partire dal 1665 il governo bolognese, prendendo atto della grave carenza di monete d’argento che ostacolava i commerci, decise di attuare ogni sforzo possibile per incrementarne la massa circolante. Fu così emesso un gran numero di lire da 20 bolognini che avevano un peso di circa 6,3 grammi ed una lega del 92%. Queste monete dovevano circolare non solo sulla piazza di Bologna, ma anche a Ferrara e nella Romagna.

Il loro successo è testimoniato dalle emissioni particolarmente abbondanti nel 1665 e nel 1666, che ancor oggi rendono queste monete abbastanza frequenti nelle collezioni numismatiche (per meglio comprendere lo sforzo attuato dalla zecca bolognese, si pensi che nel quinquennio dal 1660 al 1664 furono emessi in totale 422 chili di lire, corrispondenti a circa 66.000 pezzi, mentre nel solo 1665 ne furono battuti 1.234 chilogrammi, cioè 194.000 monete, e nel primo semestre 1666 ben 1.066 chili corrispondenti a 168.000 monete).

Tuttavia, ben presto comparvero in circolazione anche delle falsificazioni di quelle lire in quantità tale da turbare il commercio… Il problema scoppiò nella primavera del 1666.

Lira bolognese in argento del primo periodo di pontificato di Alessandro VII Chigi; porta la data 1655
Lira bolognese in argento del primo periodo di pontificato di Alessandro VII Chigi; porta la data 1655

Aprile 1666: scoppia lo scandalo delle lire false

Il primo aprile di quell’anno il cardinal legato di Ferrara emise un editto in cui si lamentava la comparsa di lire bolognesi false e come rimedio si ordinava di portare tutte quelle monete allo zecchiere Spagnoli che avrebbe distrutto le false e punzonate le buone per renderle facilmente riconoscibili.

L’editto descriveva con cura l’aspetto della punzonatura: un piccolo fiore a forma di giglio posto tra la coda ed il corpo del leone. Ai possessori delle lire buone l’operazione sarebbe costata un quattrino per ogni moneta, cioè lo 0,8%. Non si sa quale successo ebbe l’operazione, ma è certo che fu avviata come testimonia il rinvenimento di una lira del 1665 chiaramente contromarcata secondo le disposizioni del bando.

Lira coniata a Bologna nel 1665: fui proprio questo tipo di moneta ad esser preso di mira dai falsari
Lira coniata a Bologna nel 1665: fui proprio questo tipo di moneta ad esser preso di mira dai falsari

Contemporaneamente furono presi dei provvedimenti anche a Ravenna. Il 18 aprile 1666, il cardinale Camillo Piccolomini, legato della Romagna, inviò al cardinal Carafa, legato di Bologna, una lettera per coordinare un comune intervento contro le lire bolognesi false.

Nella lettera avvisava di averne temporaneamente sospeso il corso in attesa di trovare la maniera di distinguere quelle “battute in cotesta città dalle false e dalle straniere”. Quest’ultima fase potrebbe far sospettare che esitessero contraffazioni di altre zecche, anche se non se ne trova traccia nelle collezioni numismatiche.

La corrispondenza tra i legati di Bologna e di Ferrara

Dopo sei giorni il cardinal Carafa presentò agli “assunti” della zecca bolognese (erano componenti del Senato eletti annualmente in numero di tre ed a cui spettava il controllo della zecca) un abbozzo della risposta da inviare al legato di Romagna pregandolo di non sospendere il corso delle lire.

Dalle parole del cardinale si deduce che aveva già avuto un abboccamento con gli “assunti” a cui aveva proposto di emettere un bando nel quale esporre i particolari per distinguere le lire buone dalle false; ma essi non erano stati dello stesso parere ritenendo la pubblicazione di queste informazioni un aiuto ai falsari che le avrebbero utilizzate per migliorare la loro opera; invece, secondo loro, le lire false erano distinguibili già a prima vista per la bassa lega (quindi per il diverso colore) e per il minor peso rispetto alle originali; inoltre erano battute a martello anzichè col torchio a bilanciere (quindi erano più irregolari nei contorni delle figure e delle lettere); secondo i funzionari della zecca, chiunque le poteva riconoscere e per questa ragione a Bologna se ne vedevano poche.

Ad ogni modo nella sua risposta al collega di Romagna il cardinal legato di Bologna cercava di tranquillizzarlo affermando che “nulladimeno gli Assunti non cessano di fare le loro parti, e col tenere frequenti sessioni, coll’interessamento ancora de’ mercanti, vanno meditando i rimedi più propri, e io ne ho loro ingiunto gli ordini miei più stretti”.

Culturalmente attiva, artisticamente vivace e polo mercantile di primo piano, ecco la bologna di metà '600
Culturalmente attiva, artisticamente vivace e polo mercantile di primo piano, ecco la bologna di metà ‘600

Il ruolo, non marginale, dei mercanti bolognesi

Dalle parole del legato emerge un nuovo gruppo di interlocutori nella vicenda delle lire false: i mercanti bolognesi. Infatti essi ebbero sempre un ruolo non trascurabile nelle decisioni prese dagli “assunti di zecca”; spesso erano proprio loro che sollecitavano l’esame dei problemi monetari, in quanto interessati in prima persona; altre volte i responsabili dell’officina monetaria nominavano delle commissioni composte da mercanti per avere un parere su specifici problemi monetari.

La sospensione dei provvedimenti presi in Romagna contro le lire stava molto a cuore alle autorità bolognesi. Esse temevano di veder in parte vanificato lo sforzo sostenuto per emettere una notevole quantità di lire con cui rimediare alla penuria di moneta d’argento che in precedenza aveva assillato sia Bologna che i territori circostanti (Ferrara e la Romagna).

Per queste ragioni il Carafa concludeva la sua lettera al legato di Romagna affemando “parendomi molto improprio che questa zecca la quale, per sollevare questa piazza e le vicine ancora dalla passata penuria di moneta ha contro suo utile battuto somma grande d’argento, riceva oggi una ferita così grande nel credito”.

“Al bando, al bando!”: le lire false vanno distrutte

L’8 giugno fu emesso a Bologna un bando contro le lire false in cui si ordinava allo zecchiere, agli orefici ed agli argentieri della città che se ne fossero capitate nei loro negozi dovessero immediatamente tagliarle (per renderle non più spendibili) e così tagliate restituirle al proprietario; in caso contrario sarebbero incorsi in una multa di cento scudi d’oro e persino nella possibilità di essere considerati complici dei falsari.

Tuttavia questa manovra dovette risultare inadeguata; infatti il 12 luglio seguente fu emesso un nuovo bando contro i falsari, ben più lungo e minaccioso, segno evidente che il precedente non aveva sortito l’effetto desiderato.

Non è più una piccola categoria di commercianti a dover vigilare e tagliare le monete false giunte in loro possesso, ora tutti i cittadini bolognesi della città e del contado devono portare allo zecchiere entro sei giorni le loro lire; la pena di morte veniva comminata non solo ai fabbricatori ma anche agli spacciatori delle lire false se entro tre giorni non avessero consegnato gli esemplari in loro possesso. Ma anche questa disposizione non risultò efficace e la coniazione delle lire fu sospesa (dal giugno 1666 a quello dell’anno successivo).

Anche dopo gli interventi del 1666 il problema delle lire e di altre specie di monete false a Bologna persiste: ecco un bel bando del cardinal legato Carafa promulgato nel 1668
Anche dopo gli interventi del 1666 il problema delle lire e di altre specie di monete false a Bologna persiste: ecco un bel bando del cardinal legato Carafa promulgato nel 1668

Un nuovo progetto di lira, diverso e innovativo

Come soluzione gli “assunti di zecca” pensarono di modificare l’aspetto delle nuove lire per distinguerle dalle false, ma il progetto si trascinò a lungo ed allo scadere dell’anno non era ancora giunto in porto. I nuovi “assunti”, nel corso della seduta inaugurale del loro mandato, il 3 gennaio 1667, decisero di riprendere quel progetto ordinando allo zecchiere di far preparare alcuni disegni per i nuovi coni.

Nella successiva seduta del 20 gennaio si effettuò la scelta. Per il rovescio fu approvato il disegno con san Petronio in piedi e gli stemmi del cardinal legato e di Bologna ai lati; per il dritto si decise di modificare lo stemma del pontefice Alessandro VII da raffigurare non più inquartato come in precedenza (“con i monti solamente e non inquartata colla rovere”).

San Petronio in preghiera sul rovescio della lira bolognese coniata durante la Sede Vacante del 1667
San Petronio in preghiera sul rovescio della lira bolognese coniata durante la Sede Vacante del 1667

Nella seduta del 3 marzo i disegni furono presentati al cardinal legato e col suo parere favorevole si ordinò di allestire i coni. Tuttavia, il pontefice morì il 22 maggio prima che si iniziasse la battuta e così lo stemma non inquartato di Alessandro VII non comparve mai sulle monete bolognesi. Al contrario, il punzone col santo in piedi fu egualmente usato per allestire sia coni della Sede Vacante, approvati il 4 giugno, che quelli della rarissima lira di Clemente IX.

Al falso non c’è rimedio: tocca anche a carlini e mezzi carlini

Tuttavia il problema delle lire false non fu risolto nemmeno con la mutazione dei coni perchè un anno dopo, il 30 marzo 1668, fu necessario pubblicare un altro bando contro le lire false; evidentemente tutte le minaccie passate avevano sortito ben poco effetto, al punto che questa volta oltre alle lire si parla anche di carlini falsi da 6 bolognini e di mezzi carlini la cui emissione era iniziata da poco.

Nuova lira bolognese del 1673, a nome di papa Clemente X Altieri, con al rovescio il eone vessillifero
Nuova lira bolognese del 1673, a nome di papa Clemente X Altieri, con al rovescio il eone vessillifero

Ad ogni modo, l’attività della zecca bolognese fu molto scarsa per tre anni. Riprese con una certa intensità nel 1671, quando nella seduta dell’Assunteria di zecca dell’8 febbraio, furono convocati il maestro dei coni e lo zecchiere per discutere su come modificare il conio delle monete chiamate carlini (“in forma diversa dalle vecchie a causa dell’allontanarle dall’esser falsificate”); effettivamente nei carlini di Clemente X la forma dello stemma bolognese è alquanto modificato.

Anche le lire di questo pontefice risultano diverse dalle altre, in quanto al rovescio il leone sostituì nuovamente san Petronio anche se, questa volta, sorreggeva il vessillo anzichè lo stemma cittadino come ai tempi di Alessandro VII.