È scomparso il 5 febbraio il professor Antonio Paolucci. Nato a Rimini nel 1939, è stato eminente storico dell’arte, ministro dei Beni culturali tra il 1995 e il 1996 e soprintendente al Polo museale fiorentino.

Antonio Paolucci si laurea in Storia dell’arte nel 1964 con Roberto Longhi e nel corso della sua carriera, dal 1980, ricopre l’incarico di soprintendente prima a Venezia poi a Verona, Mantova e, infine, a Firenze.

In Toscana riveste anche il ruolo di direttore regionale per i Beni culturali e paesaggistici sino al 2006. Nel 2007 è chiamato a far parte degli esperti che affiancano Salvatore Settis nel coordinare il Consiglio superiore per i beni culturali e paesaggistici.

La figura del professor Antonio Paolucci resta legata agli Uffizi e al polo museale fiorentino: nella sua veste di sovrintendente è divenuto celebre anche come divulgatore e personaggio televisivo

Dopo il terremoto che colpisce Umbria e Marche nel 1997 è commissario straordinario del governo per il restauro della Basilica di San Francesco ad Assisi. Nel novembre 2007 viene nominato direttore dei Musei vaticani, dove rimane fino al luglio 2016.

Nel 2018 diventa presidente della Commissione di indirizzo per il concorso di progettazione in vista della ricostruzione della Basilica di San Benedetto da Norcia gravemente danneggiata dal sisma del 2016.

Accademico dei Lincei, pubblicista e saggista, medaglia d’oro ai benemerenti della cultura e dell’arte e curatore di innumerevoli monografie e mostre sia in Italia che all’estero, Antonio Paolucci – non tutti lo sanno – era anche un collezionista numismatico e, in questa veste, ho avuto l’occasione, anzi il privilegio, di intervistarlo in Vaticano nel 2013 per Il giornale della numismatica.

Riproporre quello scambio di domande e risposte è probabilmente il modo migliore per rendere omaggio alla grandezza poliedrica di Antonmio Paolucci, sensibile alla numismatica e al valore del collezionismo come elemento capace di diffondere cultura.

Il professor Antonio Paolucci (1939-2024) all’epoca della sua direzione dei Musei vaticani

Chi è secondo lei il collezionista, professor Paolucci?

È una persona che raccoglie determinate cose non per speculazione economica, ma semplicemente perché ama quelle cose. E, se si vuole che il collezionismo sia anche un investimento, bisogna orientarsi su quegli oggetti che, al momento, interessano pochi o magari nessuno. Bisogna, insomma, cercare di anticipare il “gusto” e il mercato.

Qual è stato ed è il ruolo del collezionismo e dei collezionisti nel corso del tempo?

Un ruolo importantissimo: se non ci fossero stati i Medici, grandi collezionisti, oggi non esisterebbero, ad esempio, gli Uffizi; come pure non esisterebbero l’Ermitage o il Louvre senza la passione per l’arte e l’antiquariato degli zar o dei re di Francia.

Spesso, nel mondo occidentale, il ciclo vitale di una collezione vede l’approdo al patrimonio pubblico, e ciò vale anche per le collezioni numismatiche. In questo senso, il denaro ha una funzione “provvidenziale” nel senso che permette di raccogliere opere e manufatti che, prima o poi, approdano alle istituzioni pubbliche.

Ai Musei vaticani Paolucci approda nel 2007 come direttore, carica che manterrà fino al 2016

Le qualità positive e negative del collezionista?

Io riconosco nel vero collezionista solo qualità positive, quelle negative secondo me già denotano colui che non lo è. Chi acquista, ad esempio, con il solo obiettivo della speculazione, per “fare un affare”, magari a brevissimo termine, non è un collezionista. Il collezionista vuole certe cose perché se ne innamora, perché innanzi tutto le considera parte del suo universo spirituale ed estetico.

Lei colleziona?

Da sempre, io sono collezionista di monete. Mi interessano quelle del tardo Impero romano, perché mi affascina il periodo che segna la fine del mondo antico e l’inizio del “nostro” mondo. E se si studiano – ad esempio – le monete degli imperatori militari con occhio di storico, o di archeologo, o di storico dell’arte si comprendono l’evoluzione degli stili, oppure la sacralizzazione del potere (si pensi a Costantino).

Un follis di Costantino per Siscia con il ritratto laureato laureato dell’imperatore e l’accampamento militare: le monete tardo imperiali romane erano una delle passioni di Antonio Paolucci

Per monete di questo periodo sono disposto anche a fare dei sacrifici, pur di assicurarmele: ad esempio, da tanto tempo cerco almeno un esemplare che mi ricordi l’ultimo imperatore d’Occidente, quello passato alla storia come Romolo Augustolo.

Un ricordo personale legato ad una moneta?

Non ce n’è uno in particolare; le monete come le opere d’arte fanno parte della mia vita e della mia professione da sempre, anche in considerazione del fatto che sono figlio d’antiquari quindi vengo, in un certo senso, dal “mestiere”.

Medaglia del 1659 di Gioacchino Francesco Travani su disegno di Gian Lorenzo Bernini. “Questa medaglia – ricordava Antonio Paolucci – rappresenta uno spartiacque ttra l’’illusionismo prospettico e i brillanti effetti pittorici del repertorio dell’innovazione barocca”

Cosa pensa della medaglia come forma d’arte?

Per capire quanto la medaglistica sia importante basti pensare a quanti medaglisti – da Cellini a Bernini, da Greco a Manzù – trovano spazio nei testi di storia dell’arte. E la sua importanza sta anche nel fatto che la medaglia ha sempre seguito e vissuto fedelmente la periodizzazione dei generi e degli stili artistici.