Stipendium, salarium, donativi… e trattenute: come e quanto venivano pagati i soldati a Roma durante la Repubblica e nei secoli dell’Impero

 

a cura della redazione | Lo sapevate che il soldo per i militari nell’antica Roma venne istituito, come racconta Tito Livio, alla fine del V secolo a.C., in occasione della presa della ricca città di Anxur, oggi Terracina? Il Senato decretò che ai militari toccava un soldo da parte del Tesoro pubblico, mentre fino ad allora ciascuno aveva dovuto fare la guerra a proprie spese confidando nei saccheggi.

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Venne così istituita una nuova tassa pagata, dato che ancora non erano ancora state coniate monete d’argento, con massicci lingotti di rame massiccio, che patrizi e plebei trasportarono con carri alla zecca.

Il provvedimento venne preso in vista di una nuova, lunga guerra contro Veio, la città etrusca a qualche chilometro a nord ovest di Roma. Occorrevano molti soldati e soprattutto uomini che potessero restare sotto le armi per molti mesi, cosa impossibile da ottenere finché i soldati dovevano mantenersi a loro spese.

Con l’istituzione del soldo militare (stipendium), corrisposto in tre versamenti, il reclutamento diventò volontario. Ad ingrossare le fila dell’esercito furono soprattutto i contadini oppressi dai debiti, in conseguenza delle devastazioni della guerra.

In più c’era il salarium (che poteva essere raddoppiato a titolo di ricompensa), una indennità forfettaria annua versata ai soldati per l’acquisto della razione di sale, prezioso ed essenziale nell’alimentazione. I soldati erano tuttavia soggetti a pesanti trattenute: dovevano infatti versare al Tesoro circa i tre quarti del soldo ricevuto per assicurarsi il nutrimento, l’equipaggiamento e l’armamento che veniva loro fornito.

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Il soldo fu dapprima contato in assi, poi in denari al tasso di equivalenza classico di 10 assi. Un compenso esiguo per chi doveva affrontare una vita piena di pericoli, di difficoltà e di sacrifici e che portò più volte a rivolte con l’assassinio di ufficiali e saccheggi. I militari ottennero allora un denario al giorno, cioè 16 assi (tale era il valore dopo la rivalutazione del 108 a.C.), il congedo definitivo dopo 16 anni e un premio in contanti.

Alla fine della Repubblica il soldo annuo venne fissato da Cesare in 225 denari e come tale elargito anche da Augusto. Domiziano portò il soldo a 300 denari o 12 aurei l’anno e aggiunse un quarto stipendio di 3 aurei o 75 denari.

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Sotto Settimio Severo il soldato intascava ogni anno 500 denari e sotto il figlio Caracalla 750 denari. Consapevole della necessità di trattare bene i militari, Settimio Severo, l’imperatore soldato, sul letto di morte raccomandò ai figli “State uniti, arricchite i soldati e non curatevi del resto”.

Esistevano poi numerose gratifiche in denaro (praemia militiae), istituzionalizzate da Augusto, che creò un’apposita cassa speciale, l’Erario militare, la cui dotazione venne assicurata all’inizio dai beni personali di Augusto, poi da speciali tasse.

Era prevista anche una indennità di trasferta per consentire al soldato di raggiungere la sua unità, spesso in terre lontane: tale indennittà era detta viaticum, versata nella misura di 3 aurei durante l’alto Impero e in 6 solidi sotto Teodosio nel 375 dopo Cristo.

Gli imperatori aggiunsero un donativum speciale di 5 aurei e più tardi di 5 solidi ogni 5 anni; altri donativi venivano distribuiti per festeggiare la nomina di un nuovo imperatore o in occasione di anniversari importanti. Doni e premi costituivano nel 301 d.C. il supplemento di un terzo del soldo, i quattro quinti nel 307 e corrispondevano a una volta e mezzo il soldo nel 320. I pretoriani, ossia la guardia imperiale, godeva di premi particolari.

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l soldato che invece voleva congedarsi anzi tempo dal servizio militare poteva farlo pagando una certa somma in denaro e una parte in natura: il premo “di liberazione” ammontava a 3000 denari sotto Augusto e a 5000 sotto Caracalla.

Ma quale era il potere d’acquisto del soldo militare rispetto al salario di un lavoratore non qualificato? Mentre il salario di quest’ultimo tra il primo secolo e il 301 si moltiplicò per 75 e in certi casi persino per 150, nello stesso periodo il soldo del legionario lo fu solo per 25. Ma va tenuto conto che i militari erano pagati con monete d’argento mentre gli operai lo erano con monete di bronzo.

L’ammontare del soldo militare variava inoltre in base alla diversificazione del grado: il soldo del centurione era il doppio di quello del legionario e quello del cavaliere il triplo; anche le razioni alimentari variavano secondo la natura del servizio: le razioni dei cavalieri per esempio erano più abbondanti e di miglior qualità di quelle dei fanti.

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Infine mentre ai soldati romani veniva trattenuto il controvalore del vitto e dell’equipaggiamento, mentre vitto ed equipaggiamento erano dati gratuitamente alle truppe alleate (che tuttavia non percepivano il soldo). Questa diversità di trattamento scomparve quando tutta l’Italia ottenne il diritto di cittadinanza romana.

Il termine soldato, del resto, deriva proprio dal termine latino solidarius, usato per indicare qualcuno “che ha operato per denaro” dal momento che solidare significa proprio “pagare”.