Dalla passione per i dipinti a quella numismatica, un testo esemplare sul “vivere per collezionare e collezionare per vivere”

 

di Roberto Ganganelli | il 2 febbraio Il Giornale ha pubblicato un’esemplare riflessione a firma di Vittorio Sgarbi dal titolo Vivere per collezionare e collezionare per vivere e, lo confesso, alla fine della lettura – che vi consiglio, cliccate qui – una tentazione è stata forte.

Quale tentazione? Semplice, quella di fare un bel “copia incolla” sostituendo alla parola “quadri” la parola “monete”. Perché? Semplice, perché nel suo articolo il critico d’arte è riuscito sia nella forma che nella sostanza, come solo pochissimi sanno fare, a sintetizzare il senso più profondo del collezionismo.

Scrive Sgarbi in apertura: “Ha senso collezionare opere d’arte? Non solo rispetto al gusto e alle scelte, non solo rispetto alla difficoltà della ricerca […], ma rispetto al fatto che il nostro tempo è breve”.

Di questo tempo breve poco ti accorgi quando inizi ad interessarti, quasi bambino, alle monete o alle medaglie ma poi – con la maturità, gli studi, la vita familiare e la dimensione sociale – la sensazione del fluire dei giorni assume contorni diversi come prede connotati differenti e unici la collezione che ciascuno di noi crea con pazienza e passione.

Come i collezionisti di quadri  – o di libri, e Sgarbi cita Umberto Eco – siamo pervasi, noi numismatici, da una febbre inestinguibile nel tentativo di salvare dalla dispersione esemplari, ad esempio, usciti dalla zecca della regione o della città in cui siamo nati, oppure dal bulino di un artista per noi unico al mondo o, ancora, a testimonianza di un gusto estetico, di un periodo storico, di un fenomeno sociale.

La moneta, come il quadro, è viva e lo è stata fin dal momento della sua ideazione e coniazione: un inesauribile circuito di messaggi, stimoli, emozioni, significati evidenti e latenti che viene condiviso – come di fronte ad un quadro, da punti di vista differenti – da un numero incredibile di persone.

Proseguendo nella lettura dell’articolo di Vittorio Sgarbi non si può non notare, poi, il parallelismo tra il collezionismo d’arte e quello numismatico anche per quanto riguarda i vincoli di legge, da sempre spada di Damocle che se da un lato nasce per proteggere il patrimonio di un paese e di una civiltà dall’altro – talvolta – ovviamente limita quel desiderio di possesso, seriazione, completezza che è proprio di ogni appassionato.

Ci sono poi i libri, ad accumularsi nel tempo, scrigni preziosi anche per chi colleziona davvero monete, medaglie, cartamoneta: “[…] parlando della sua grande biblioteca, cresciuta attraverso una fervida passione, inarrestabile e incontenibile, in un ritmo che ha una perfetta corrispondenza con la vita, la risposta l’ha data Umberto Eco: ‘Per quel che concerne la mia collezione, ovviamente non vorrei che venisse dispersa. La mia famiglia potrà donarla a una biblioteca pubblica o venderla attraverso un’asta. In questo caso dovrebbe essere venduta nella sua completezza, a una Università. È questa l’unica cosa che mi interessa’.

In questo desiderio Eco è stato favorito dal vincolo che impedisce la scellerata, e certamente più redditizia, vendita dei singoli libri, sottraendoli alla comunità spirituale cui appartengono, che è il pensiero stesso di Eco, espresso non nei libri scritti, ma nei libri scelti da lui. Quindi, anche se non ha logica e futuro, non ha nondimeno senso rinunciare al destino del collezionista. Fermarsi vorrebbe dire morire, perdere le ragioni stesse dell’esistenza, dichiararsi demotivati. La passione del collezionista coincide con la sua vita, la conclusione e la dispersione eventuale sono avvertimenti di morte. Neanche il tempo breve della vita può sollevare un collezionista dal cercare nuove prede e nuovi approdi che, aumentando, riducono il tempo della confidenza e convivenza con loro”.

Dunque, tornando al tempo breve in cui è racchiusa l’esistenza di ogni essere umano – e quindi di ciascun collezionista – Sgarbi si chiede: “Quanto assomiglia una collezione a chi l’ha costituita? Se ripenso alle origini dell’impresa, fatico a credere che mi sia stato consentito, nell’arco di nemmeno quarant’anni, con l’amorevole attenzione dei miei genitori Rina e Nino, partecipi e stupiti, di trovare le opere degli autori che hanno vissuto con me, che mi hanno accompagnato in un ritmo vertiginoso.

Noi siamo quelli che eravamo quando iniziammo questo cammino, o siamo diventati altri? Tutto ciò che ho desiderato ho trovato, con una soddisfazione che la ricchezza non può dare: convivere con gli spiriti di artisti che parlano e respirano con me, anime sensibili e corpi viventi”.

Per realizzare la sua preziosa raccolta di dipinti Vittorio Sgarbi ha investito tempo, intelligenza, denaro, energia: è vissuto e vive per collezionare e, come noi numismatici, colleziona per vivere.