Dal Vocabolario Treccani: Ostentare: “[…] Mettere intenzionalmente in mostra cose materiali, oppure qualità e sentimenti (anche non reali e non provati), allo scopo di suscitare l’attenzione, l’ammirazione, e spesso l’invidia, degli altri: o. la propria bravura, i proprî meriti; o. lusso, ricchezze: […]; o. indifferenza, stupore, disprezzo; o. coraggio, disinvoltura, sicurezza di sé; […]”.

I numismatici conoscono bene quelle che sono chiamate “monete di ostentazione”, ossia delle speciali coniazioni realizzate non per circolare ma come omaggio a sovrani, diplomatici o altri personaggi di rilievo in occasione di cerimonie ufficiali o eventi particolari quali incoronazioni, vittorie in campo militare, erezione di edifici e monumenti.

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Il primo zecchino veneziano della storia, quello a nome del doge Francesco Venier (1554-1559): prima di allora, questa celebre moneta in oro (g 3,50 per mm 20-21) era denominata ducato

In linea di principio, le monete di ostentazione presentano dei soggetti appositamente studiati ma nell’ambito italiano esistono officine monetarie che hanno realizzato questo tipo di emissioni semplicemente riproducendo “in grande” uno o più tipi monetali esistenti e già iconici per qualche ragione. È il caso di Venezia e dei suoi rari e affascinanti multipli di zecchino in oro battuti, in modo discontinuo, tra il XVII e il XVIII secolo con nominali da due fino a ben 105 zecchini!

Di fatto, i primissimi multipli di zecchino sono quelli che gli studiosi chiamano “zecchini di doppio peso”, in realtà prove realizzate appositamente dalla zecca di Venezia con stesso soggetto e diametro dello zecchino standard (20-21 millimetri) ma peso raddoppiato (7 grammi) rispetto al normale zecchino.

E’ durante il dogato di Leonardo Loredan (1501-1521) che per la prima volta si parla nei documenti di “zecchini di doppio peso”, prove realizzare per essere presentate alle autorità

Gli zecchini di doppio peso e doppio spessore, nel corso di apposite cerimonie in Palazzo Ducale, venivano offerti al doge e ai provveditori della zecca affinché fossero approvati dal punto di vista della qualità di incisione e conio, in modo da procedere poi alla coniazione in serie degli zecchini standard.

Le prime tracce documentali di queste monete risalgono al 18 gennaio 1502, sotto il doge Leonardo Loredan (1501-1521), ma non si conoscono esemplari di questa tipologia. Sempre come prova di zecca può essere considerata una moneta da due zecchini a nome di Alvise I Mocenigo (1570-1577) parte delle ricche collezioni del Museo Bottacin di Padova che tuttavia – rispetto ai classici “zecchini di doppio peso” – ha il diametro aumentato a ben 29 millimetri.

Questa moneta, finora unica, risale al 1575 come attesta un documento della zecca veneziana del 2 settembre venne autorizzata per la produzione di serie a tutti gli effetti, assieme a quella da quattro zecchini, ma evidentemente ebbe una produzione limitata e scarsa circolazione. Una curiosità, al rovescio in esergo riportava il valore II (due) in numeri romani.

Quatro di zecchino in argento (g 11,22 per mm ?) coniato a nome di Leonardo Donà (1606-1612): i soggetti di dritto e rovescio sono quelli dello zecchino in oro

All’inizio del XVII secolo, durante il dogado di Leonardo Donà (1606-1612), viene poi introdotto lo zecchino d’argento che rappresenta, per la numismatica di Venezia, il vero trait d’union con i multipli di zecchino in oro oggetto di queste righe. Quasi identico il soggetto, rispetto allo zecchino d’oro, ma diametri e pesi proporzionati al valore (44,5 grammi d’argento = 3,50 grammi d’oro). Così, già l’ottavo di zecchino in argento misura sui 28 millimetri di diametro, il quarto di zecchino i 36 millimetri e così via fino ai 44 millimetri dello zecchino.

Monete poco maneggevoli, ma che devono aver suggerito la possibilità di realizzare con gli stessi coni degli esemplari da ostentazione nel metallo più prezioso: lo conferma il fatto che il capostipite dei multipli di zecchino, quello da 15, fu coniato proprio sotto Leonardo Donà con diametro di ben 42 millimetri e un peso che supera i 52 grammi.

Come già accennato, i multipli di zecchino furono battuti fino alla caduta della Serenissima Repubblica con valori compresi tra due e centocinque zecchini. La loro produzione fu sempre limitata ad alcuni esemplari e, per conseguenza, gli esemplari pervenuti fino a noi sono pochissimi e quelli presenti sul mercato o nei musei ancor più rari.

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Zecca di Venezia, doge Francesco Molin (1646-1655): ecco, a suo nome, un rarissimo multiplo in oro del valore di 15 zecchini (g 52,5 per mm 47-49)

A titolo di esempio, fra i tesori della Collezione Papadopoli a Museo Correr, a Venezia, troviamo un multiplo da 50 zecchini di Ludovico Manin (1789-1797) dal diametro di ben 79 millimetri e pesante 174,25 grammi; evidentemente uscito dagli stessi coni, ne medagliere del British Museum si conserva addirittura un esemplare da 105 zecchini del medesimo doge che raggiunge i 367,41 grammi di peso, ovviamente sempre a pieno titolo di metallo prezioso.

I collezionisti possono sperare di accaparrarsi nominali più “modesti”, ma in ogni caso di gran pregio come quelli da 8, da 10 e da 15 zecchini anche se, in occasioni che si contano sulle dita di una mano negli ultimi anni, è stato possibile ammirare in asta anche multipli di zecchino da 20 e da 40. La lista completa dei multipli di zecchino comprende i seguenti tagli: 2, 3, 4, 5, 6, 7, 8, 9, 10, 12, 15, 16, 18, 20, 24, 25, 28, 30, 33, 36, 40, 50, 55, 100 e 105 zecchini.

Doge Francesco Morosini (1688-1694): multiplo da 10 zecchini (g 34,5 per mm ?)

Talvolta, queste magnifiche e rarissime monete presentano piccoli fori o tracce di montatura, riflesso diretto della loro natura “da ostentazione”: i fortunati beneficiari, infatti, fregiandosene sugli abiti, magari appese a un’altrettanto preziosa catena, mostravano al mondo la benevolenza del doge nei loro riguardi sottolineando il proprio prestigio e la posizione di rilievo nella società del tempo.

Ma non c’è solo questo: va ricordato infatti che i cittadini veneziani, come quelli di altre città, potevano portare metallo prezioso in zecca per farlo trasformare in monete, pagando ovviamente un aggio per le spese di raffinazione e conio. Quindi, nel momento in cui il doge ordinava la coniazione di multipli di zecchino anche le famiglie patrizie e benestanti della Serenissima potevano “approfittare” dei coni realizzati per far battere multipli di zecchino e farne omaggi di pregio in occasione di nascite, battesimi, nozze o addirittura quando uno dei membri della famiglia vestiva l’abito religioso.

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Particolaremente bello e curato, questo multiplo da 20 zecchini (g 69,9 per mm 51) coniato sotto il doge Paolo Renier (1779-1789)

Ed è così, in sintesi, che quel “dollaro del medioevo” che fu il ducato d’oro di Venezia, poi divenuto zecchino dall’epoca di Francesco Venier (1554-1559) per l’eccezionale purezza del titolo, ebbe grazie ai multipli anche una seconda e poi una terza vita, prima come prestigioso dono e oggi come autentico sogno per tanti collezionisti numismatici.

La rarità degli esemplari di multiplo di zecchino e la loro scarsa presenza sul mercato, infatti, determina una domanda da parte dei collezionisti di tutto il mondo in continua crescita, con un aumento esponenziale dei prezzi.