romolo augustoL’epilogo dell’Impero romano d’Occidente attraverso la breve vita di Romolo Augusto e le sue interessanti emissioni monetali

 

di Riccardo Paolucci | I sacchi di Roma del 390 ad opera dei Galli, del 410 condotto dai Visigoti e quello del 455 effettuato dai Vandali guidati da Genserico, che arrivarono fino a Roma risalendo il Tevere con la loro flotta, furono i precursori della caduta dell’Impero Romano d’Occidente che avvenne per mano di Odoacre.

I Vandali, il cui re era Genserico, provenivano da Cartagine, la loro patria. Essi avevano stipulato un trattato di pace con i romani. In seguito all’assassinio dell’imperatore Valentiniano III da parte di Petronio Massimo che ne usurpò il trono, Genserico ritenne decaduto il trattato di pace. Tutti i patrizi di Roma, con in testa Petronio Massimo, fuggirono dalla città all’arrivo alle foci del Tevere della flotta dei vandali. Petronio fu catturato poco fuori le mura dalla popolazione abbandonata a sé stessa e fu trucidato.

Genserico saccheggia Roma nel 455: così immagina la scena il pittore russo Karl Brjullov

Dopo due giorni i Vandali entrarono in Roma. Il papa Leone I affrontò Genserico implorando di risparmiare Roma e i suoi abitanti. Nonostante la bruttissima fama dei vandali, Genserico rispettò il desiderio del papa e l’Urbe e i romani furono in gran parte risparmiati dal ferro e dal fuoco degli invasori, i quali si accontentarono dell’oro e dell’argento che riuscirono a razziare.

La decadenza dell’impero costruito da Roma aveva avuto il suo inizio già nel III secolo, quando i romani cominciarono a utilizzare massicciamente nel loro esercito elementi barbari di stirpe germanica, ottimi combattenti, ma difficili da controllare.

L’Impero romano d’Occidente e quello d’Oriente nell’anno 476

La situazione era anche peggiorata da quando i romani rinunciarono al comando delle loro legioni, affidandole a generali anch’essi di origine barbara e germanica. Il controllo dell’esercito era assicurato fin quando i pagamenti del soldo alle truppe e ai loro generali fossero stati puntuali e abbondanti. Quando gli stessi tardavano ad arrivare, le truppe si ribellavano e creavano problemi per il loro controllo.

Dopo Valentiniano III e Petronio Massimo si ebbero altri sei imperatori, da Avito a Glicerio, che non lasciarono traccia di sé nella storia romana. Alla fine del V secolo l’Impero Romano d’Occidente aveva perso molti dei suoi territori. Esso comprendeva l’Italia, la Gallia (Regno di Soissons), la Dalmazia e la Rezia-Norica, odierne Friuli e Austria. Glicerio fu deposto da Giulio Nepote nel 474 che, per dargli un contentino, lo fece nominare vescovo di Milano. L’imperatore Nepote, dopo circa un anno di regno, fu deposto dal suo generale Flavio Oreste.

Un ritratto di fantasia di Romolo Augusto in un’incisione antica

I nomi sono belli e latinissimi, ma la famiglia di Romolo Augusto era una famiglia mista e meticcia. Il padre Flavio Oreste era un barbaro, originario della Pannonia, regione che era stata invasa dagli Unni e quindi Flavio si era ritrovato ad essere un profugo, sebbene di lusso. Aveva fatto carriera all’interno dell’esercito romano, come Odoacre, ed era arrivato a diventare patrizio e a sposarsi benissimo.

La moglie di Flavio Oreste, infatti, era la figlia del governatore del Norico, il comes Romolo, da cui il nipote prese il nome, e che si era distinto come ambasciatore ai massimi livelli, andando a contrattare con Attila e altri re barbari.

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Solido per Roma di Romolo Augusto: al dritto il ritratto con elmo, lancia e corazza, al rovescio il classico soggetto della Vittoria alata

Questo era il bello delle famiglie romane tardo antiche, che erano una sorta di “laboratorio di integrazione” in cui i nonni erano romani, i padri romanizzati, i figli seconde generazioni che potevano persino diventare imperatori. Flavio Oreste, che era nato in Pannonia, grazie alle conoscenze della moglie, figlia del comes Romolo, divenne magister militum ed ebbe il comando delle truppe in Gallia. Non accontentandosi di questa carica, entrò in Italia con le sue truppe per deporre Giulio Nepote. L’imperatore fuggì a Ravenna inseguito da Oreste. Per salvare la vita si imbarcò per la Dalmazia, lasciando campo libero al suo magister militum.

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Un altro solido in oro a nome di Romolo Augusto coniato dalla zecca di Arles

Flavio Oreste, volendo fare le cose in regola, chiese all’imperatore d’Oriente, Zenone, la nomina come gerente, per suo conto, dell’Impero Romano d’Occidente. Non avendo ricevuto risposta, il 31 ottobre del 475 fece nominare il figlio Romolo Augusto, di soli 14 anni, Imperatore Romano d’Occidente dal senato romano. Flavio Oreste non poteva ottenere personalmente la nomina poiché era di origine barbara, mentre il figlio, avendo la madre proveniente da una famiglia patrizia romana, era considerato cittadino di Roma.

Data la giovane età di Romolo era il padre Flavio Oreste ad avere l’effettivo potere e a governare l’impero. Per questo motivo fu chiamato Augustolo (la terminazione in “ulus” in latino significava “piccolo”), che stava a indicare l’età e il fatto che non contava nulla. A cura del padre vennero anche coniatedue monete d’oro, un solido ed un tremisse, con l’immagine del giovane imperatore.

Il comandante delle legioni romane era Odoacre. Egli aveva un’origine Unna o Scira. Era diventato generale dell’esercito romano, comes domesticorum, sotto l’imperatore Glicerio. Era intelligente e moderato, come poteva esserlo un generale di origine germanica. Era stato al servizio di Nepote, ma non aveva esitato a schierarsi con Flavio Oreste per aiutarlo a deporre l’imperatore.

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Tremisse di Romolo Augusto battuto dall’officina monetaria di Roma

Flavio Oreste, data la generale anarchia diffusa in Italia, incontrava molte difficoltà nel reperire le somme necessarie al pagamento delle truppe barbare che formavano l’esercito romano. Il loro comandante Odoacre chiese che a lui e ai suoi soldati venissero concessi un terzo dei territori italiani in sostituzione della remunerazione in denaro.

Flavio Oreste si rifiutò di concedere tanta parte del territorio italiano. Le truppe di Odoacre si ribellarono e nominarono il loro comandante rex. Dopo pochi giorni, il 28 agosto del 476 i soldati germanici, comandati da Odoacre, catturarono Flavio Oreste a Piacenza e lo uccisero.

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Il ritratto del giovanissimo Romolo Augusto su un tremisse per Ravenna

Dopo la soppressione di Flavio, Odoacre costrinse il figlio Romolo Augusto, imperatore in carica, a scrivere una missiva a Zenone, imperatore della parte orientale dell’impero romano, con la quale rinunciava al trono per facilitare la riunione dei due imperi, l’orientale e l’occidentale, sotto la corona di Zenone. Nel suo messaggio suggerì di nominare Odoacre quale rappresentante dell’imperatore in Italia.

La rinuncia al trono salvò la vita a Romolo che fu relegato nella antica villa di Lucullo situata sull’isolotto di Megaride, nel golfo di Napoli, dove oggi si trova il Castel dell’Ovo. Probabilmente Odoacre risparmiò il giovane Romolo perché, consapevole di non poter mai acquisirne il titolo, ritenne opportuno conservare una carta di riserva mantenendo in vita il giovane imperatore.  

Romolo Augusto consegna la corona a Odoacre in una stampa del XIX secolo

Sembra che Odoacre concesse a Romolo Augusto anche una rendita annua di seimila solidi per le sue necessità materiali. Era una somma ragguardevole, che permetteva una vita oltremodo dispendiosa. Non ci sono molte notizie su Romolo Augusto dopo la sua deposizione. Nel 488 la madre di Romolo scrisse ai discepoli di San Severino per invitarli a una cerimonia durante la quale i resti del santo sarebbero stati trasferiti in una chiesa situata sull’isola di Megaride, all’interno della villa di Lucullo.

Odoacre non riuscì a ottenere da Zenone la tanto agognata nomina a “Patrizio” che avrebbe ufficializzato il suo predominio sull’Italia. Secondo Zenone, il precedente imperatore Giulio Nepote, spodestato da Flavio Oreste, era l’unico a poter disporre delle nomine relative alla penisola italica. Nonostante ciò Zenone, nelle missive che gli indirizzò in seguito, lo apostrofava “Patrizio”. Giulio Nepote non rientrò mai più in Italia, preferendo soggiornare in Dalmazia.

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Per la zecca di Ravenna, a nome di Romolo Augusto sono note anche delle mezze silique

Zenone, dopo qualche anno, cambiò idea circa il controllo che Odoacre esercitava sull’Italia e sulla Dalmazia che lo stesso aveva nel frattempo invasa. Intorno all’anno 490 incaricò Teodorico, re degli Ostrogoti, di conquistare l’Italia. Dopo vari scontri, che si conclusero il più delle volte con la vittoria degli Ostrogoti, Odoacre si rifugiò a Ravenna.

Teodorico cinse d’assedio la città. La resistenza di Odoacre fu accanita e durò alcuni mesi. Alla fine, non avendo più speranze di vittoria, accettò un accordo con il re ostrogoto che prevedeva un governo congiunto di entrambi sull’Italia. Durante i festeggiamenti che seguirono l’accordo Teodorico sottrasse la spada a Odoacre e lo colpì con un fendente alla clavicola. Odoacre morì poco dopo per la grave ferita.

Giulio Nepolte in un ritratto di fantasia su un’incisione a stampa

Si ha notizia di una corrispondenza tra Teodorico e Romolo Augusto nell’anno 507. In essa il segretario di Teodorico, Cassiodoro, confermava la rendita annua in favore dell’ex imperatore, che si spense a Napoli, nella sua villa fortificata, in un anno imprecisato, posteriore al 511. Romolo Augusto viene considerato da molti studiosi l’ultimo imperatore dell’Impero Romano d’Occidente. L’anno della sua deposizione, il 476, viene considerata come data di inizio del medioevo.

Alcuni storici considerano invece come ultimo imperatore Giulio Nepote poiché fu l’ultimo a essere riconosciuto come tale da Zenone. Pertanto considerano il 480, data della morte di Nepote per mano di Ovidia, l’anno della fine dell’Impero Romano d’Occidente. Comunque l’ultimo imperatore riconosciuto come tale dal Senato Romano, l’unica autorità che aveva il potere formale di eleggere gli stessi, fu Romolo Augusto.

Bibliografia essenziale

  • GIBBON, Storia della decadenza e caduta dell’ impero romano, Einaudi, Torino 1967
  • K. GOLDSWORTHY, La caduta di Roma. La lunga fine di una superpotenza dalla morte di Marco Aurelio fino al 476 d.C., Elliot Edizioni, Roma 2011
  • J. KOVALIOV, Storia di Roma, Pgreco, Roma 2011
  • MOMMSEN, Storia di Roma antica, Sansoni, Milano 2001
  • SPINOSA, La grande storia di Roma, Mondadori, Milano 2000
  • ZIOLKOWSKI, Storia di Roma, Bruno Mondadori, Milano 2006