Storia e monetazione di Pirro re dell’Epiro e dei Molossi che, dall’altra sponda dell’Adriatico, sbarcò in Italia Meridionale e risalì metà della Penisola

 

di Sergio Rossi | Riproponiamo, per la sua completezza ed efficacia divulgativa, questo articolo proposto dall’autore qualche anno or sono nell’edizione cartacea di Cronaca numismatica nella convinzione che moltissimi appassionati di allora lo rileggeranno con piacere e, soprattutto, che molti nuovi – e speriamo giovani – appassionati di numismatica possano farne una base di conoscenza su un periodo ed una monetazione di grande fascino.

Un po’ di storia per un grande della storia classica

La storia di Pirro affonda le sue radici nella mitologia: Pirro, re dell’Epiro, figlio di Eacida e di Ftia, sembra essere nato nel 318 a.C. ed essere morto ad Argo nel 272. Egli apparteneva dunque alla dinastia eacide, si vantava di discendere da Achille e di avere la protezione di Demetrio Poliorcete.

Pirro, in una marziale versione barbuta e corazzata, da una raccolta di incisioni settecentesche dedicate a personaggi storici
Pirro, in una marziale versione barbuta e corazzata, da una raccolta di incisioni settecentesche dedicate a personaggi storici

Ereditò il regno giovanissimo (307-306 a.C.); lo perse però quattro anni dopo (302), e seguì la sorte di Demetrio Poliorcete, suo cognato, fino alla disastrosa battaglia di Ipso del 301, sia pure distinguendosi in campo militare.

Divenuto ostaggio dell’Egitto, inviato ad Alessandria nel 298, con l’aiuto di Tolomeo I, di cui aveva sposato la figliastra Antigone rientrò in patria condividendo dapprima il regno con Neottolemo, poi eliminandolo e regnando da solo (295). Entrò quindi in competizione con i diadochi con lo scopo di costituire un grande regno completamente suo. Verso il 285 a.C., ebbe grande successo, mantenendo l’Epiro completamente libero dalla Macedonia e dominando sulla metà della stessa, su una gran parte della Tessaglia, su parecchie regioni confinanti e sull’isola di Corcira, che era stata portata in dote dalla nuova moglie Lanassa, figlia di Agatocle. Morto costui, egli guardò anche alla Sicilia, sulla quale accampò diritti in nome di suo figlio.

Pirro fu un generale brillante, ma le sue qualità politiche non furono altrettanto valide quanto quelle militari e tutta la sua carriera fu divisa tra la tentazione di avere un impero ad Oriente e quella di una conquista verso Occidente.

I suoi piani di di grandezza furono stroncati però da Lisimaco che, nel 284 a.C., lo privò di tutti i possedimenti che aveva conquistato. Pirro allora voltò il suo sguardo verso Occidente, con lo scopo di riunire sotto di sè le colonie greche dell’Italia Meridionale e della Sicilia, tentando di sottrarle al dominio dei Romani e dei Cartaginesi.

Ricostruzione di uno degli elefanti di Pirro con il suo "equipaggio" di lancieri ed arcieri e le formidabili bardature che lo rendevano simile ad un carrarmato del mondo antico
Ricostruzione di uno degli elefanti di Pirro con il suo “equipaggio” di lancieri ed arcieri e le formidabili bardature che lo rendevano simile ad un carrarmato del mondo antico

L’occasione giunse ben presto. Roma nel 290 poteva considerarsi padrona dell’Italia Centro-settentrionale e non nascondeva l’intenzione di nutrire mire espansionistiche anche verso il Meridione e la Magna Grecia.

Nel 280 la città greca di Turi fu minacciata dai Lucani. Roma, violando il trattato di navigazione con Taranto, inviò dieci navi da guerra che si presentarono dinanzi al porto della città e furono assalite: quattro vennero affondate e una quinta catturata. Le altre fuggirono. Il Senato romano chiese subito soddisfazione dell’accaduto, ma gli ambasciatori vennero insultati. Questo episodio decretò lo stato di guerra fra le due città.

I Tarantini, potenti in campo economico ma assai deboli sul piano militare, richiesero l’intervento di Pirro e questi non si lasciò sfuggire l’occasione di inserirsi nelle faccende dei Greci d’Italia con la speranza di ingrandire il proprio regno e di diventare il protettore di tutta la Magna Grecia, dalla Puglia alla Sicilia.

 

I preparativi della spedizione militare

Pirro preparò così una consistente spedizione che contava su 20 elefanti da combattimento, 3.000 cavalieri Tessali, i migliori dell’Ellade, 20.000 fanti, 2.000 arcieri e 500 frombolieri, e l’imbarcò sulle navi messe a disposizione dai Tarantini. Una furiosa tempesta primaverile disperse l’imponente flotta, che non doveva essere inferiore alle 400 navi. Poche imbarcazioni però affondarono e la maggior parte del corpo di spedizione potè essere salvato.

Venuto a sapere che il console Publio Valerio Levino scendeva verso sud con un esercito, Pirro pose l’accampamento fra le città di Pandosia ed Eraclea, vicino alle rive meridionali del fiume Siri, oggi Sinni, mentre i Romani si accamparono sulla riva opposta ad Eraclea.

Eraclea era stata fondata nel 433 dopo una vittoria su Turi, e quindi era una città fidata ed una sicura base per gli Epiroti. Alle forze del re si aggiunsero piccoli contingenti di scarso valore bellico forniti da Taranto.

La falange macedone, modello di formazione di sfondamento adottato dalle armate di Pirro durante le sue campagne
La falange macedone, modello di formazione di sfondamento adottato dalle armate di Pirro durante le sue campagne

Il re non sapeva nulla della cultura e del livello di civiltà raggiunto dai Romani e certamente, con l’innato orgoglio di tutti i Greci di appartenere ad un popolo superiore, doveva giudicarli una nazione rozza ed incivile.

Si dice tuttavia che, osservando da lungi l’aspetto ordinato del campo romano, si rivolgesse all’amico Megacle riconoscendo lealmente che “la disposizione di questi barbari non è affatto barbara”.

Pirro non aveva alcuna intenzione di ingaggiare subito battaglia, in attesa dell’arrivo dei Lucani e dei Sanniti. Mandò perciò semplicemente alcuni presidi a controllare le rive del Siri; ma quando i Romani cominciarono ad attraversarlo in più punti e alla spicciolata, si vide costretto ad accettare il combattimento ed a schierare la cavalleria sulla sponda meridionale del fiume.

Comunemente si dice che ad Eraclea i Romani rimasero sconvolti dagli elefanti che vedevano per la prima volta: l’uso dell’elefante indiano come arma di sfondamento, appreso da Alessandro ed adottato successivamente da tutti i sovrani ellenistici e dai Cartaginesi, era assolutamente sconosciuto in Italia.

 

Il primo scontro dei Romani con le tremende falangi

Quel che di solito si trascura è che nel 280 i Romani vennero per la prima volta a contatto con la falange, l’imbattibile schieramento macedone reso celebre da Filippo II nella battaglia di Cheronea nel 334. La falange comprendeva sei taxis di 1.500 uomini l’una, per un totale di circa 9.000 falangiti. L’armata di Pirro contava ben due falangi (18.000 uomini circa).

Per la prima volta nella storia venero a confronto due diverse disposizioni tattiche: l’ordine chiuso greco e lo schieramento mobile romano; massiccio e monolitico il primo, irto di migliaia di punte di lancia, dinamico ed agile il secondo.

In un primo momento Pirro pensò di poter arrestare l’apparentemente disordinato attraversamento del Siri da parte delle fanterie con la sola cavalleria ed, emulando Alessandro, si mise a combattere tra le prime file, mostrando un certo disprezzo verso l’abilità militare del nemico: ma per quanto riguarda il valore singolo del combattente romano, il re ne fece immediatamente esperienza allorchè un colpo di lancia di un cavaliere gli abbatté il cavallo ed egli fu salvato solo dall’intervento dei suoi ufficiali.

Fattosi più prudente, Pirro scambiò allora la veste e le ricche armi con quelle dell’amico Megacle, che infatti fu ucciso quasi subito da un tale Dessio che lo scambiò per il re. Quando poi vide che con i soli cavalieri non riusciva a bloccare il continuo flusso dei nemici, anche perché Levino aveva fatto intervenire la propria cavalleria a sostegno dei legionari, diede ordine alle falangi di avanzare.

Lo scontro rimase a lungo incerto sia tra le fanterie che tra le opposte cavallerie: solo in un secondo momento Pirro fece avanzare gli elefanti, che dunque dovevano essere disposti dietro, e non sulla fronte delle falangi, come sarebbe stato da aspettarsi.

 

Un testimone di prima mano, lo scrittore greco Plutarco

Una delle più famose sculture raffiguranti Plutarco
Una delle più famose sculture raffiguranti Plutarco

Plutarco infatti riferisce: “Alla fine, poiché soprattutto gli elefanti premevano sui Romani, e i cavalli, anche a distanza, non potevano sopportarne la vista e portavano via i cavalieri, Pirro lanciò la cavalleria tessalica contro i nemici in disordine, li mise in fuga e ne fece una grande strage”. Il console Levino non seppe riorganizzare le forze superstiti: abbandonò l’accampamento al nemico e consentì a Pirro di avanzare sino ad una trentina di chilometri da Roma.

Secondo le fonti citate da Plutarco, la battaglia di Eraclea comportò costi altissimi per entrambe le parti: per Dionisio di Alicarnasso ci sarebbero stati 15.000 caduti nelle schiere romane e 13.000 caduti in quelle di Pirro (il che significherebbe sostanzialmente la metà dell’esercito epirota). Ma, in ogni caso, le perdite sofferte da Pirro erano molto più gravi di quanto potesse sembrare, perchè la sua armata si trovava ad operare in un teatro di guerra assai lontano dalla madrepatria, mentre i Romani erano in condizione di riorganizzarsi con nuovi contingenti reperibili nel mondo italico.Si narra che il commento di Pirro alla vittoria di Eraclea fu: “Un’altra vittoria così e tornerò in Epiro da solo”.

La vittoria conseguita da Pirro sui Romani suscitò ovviamente un’ impressione enorme e produsse subito effetti notevoli: mentre i Sanniti, i Bruzii ed i Lucani abbandonarono ogni remora ed entrarono apertamente nell’esercito epirota-tarentino, le città magnogreche di Locri e di Crotone si liberarono dei presidi romani ivi attestati.

Pirro, accresciuto di forze e di fama, mosse verso la Campania e quindi, devastate la valle del Liri e la città di Fregellae, lungo la Via Latina riuscì a portarsi sin quasi a 300 stadi da Roma. Senonché questa impresa arditissima, contrariamente alle aspettative dell’Epirota, non suscitò ribellioni a Roma né raggiunse il fine ultimo di indurla a trattare, principalmente perché nel mondo campano-laziale era già maturata, a differenza che nella Magna Grecia, una solida integrazione con la stessa Roma.

Considerata la forza dei Romani, Pirro tentò di mandare a Roma uno dei suoi più validi mediatori, Cinea. L’abile oratore era quasi riuscito a convincere i Romani ad abbandonare la guerra e ad accettare le condizioni di Pirro quando trovò l’opposizione di un senatore, Appio Claudio, detto il Cieco.

Pirro re dell'Epiro e dei Molossi in un celebre busto conservato al Museo Archeologico Nazionale di Napoli
Pirro re dell’Epiro e dei Molossi in un celebre busto conservato al Museo Archeologico Nazionale di Napoli

Il discorso di Appio Claudio merita di essere riportato per la sua eloquenza: “Dov’è finito quel discorso, infatti, che ripetevate sempre a tutti, secondo cui, se il grande Alessandro fosse venuto in Italia e si fosse scontrato con noi, che eravamo giovani, e con i nostri padri, allora nel fiore dell’età, adesso non sarebbe celebrato come invincibile, ma la sua fuga o la sua morte nella nostra terra avrebbero reso Roma più famosa?”

Uscito dall’indecisione, il Senato respinse le proposte del re epirota congedando l’esterrefatto Cinea.

Nonostante il parere contrario del suo ambasciatore, Pirro continuò la guerra. Giunto nei pressi di Roma, le sue schiere di elefanti vennero sbaragliate grazie agli stessi stratagemmi che avevano usato i Galli contro i Romani: le legioni costruirono carri muniti di lance infuocate e palizzate mobili, cosicché i pachidermi furono messi rovinosamente in fuga travolgendo gli stessi Epiroti.

Un altro durissimo scontro avvenne ad Asculum nel 278, dove vinse di misura Pirro. Il re dell’Epiro ottenne altre modeste vittorie, ma sempre al prezzo di gravi perdite ed egli stesso venne ferito. Quindi Pirro, non riuscendo per il momento a piegare i Romani nonostante le vittorie sul campo di battaglia, passò in Sicilia.

 

Con Pirro in Italia si rompe l’equilibrio geopolitico mediterraneo

La presenza di Pirro in Italia minacciava tutte le potenze del Mediterraneo: Cartagine addirittura si alleò ai Romani per lottare contro il re dell’Epiro. Pirro conquistò egualmente la Sicilia nel 277, ma fu odiato dalle popolazioni per la sua enorme richiesta di tassazioni.

Pirro, trovò un ottimo alleato nel tiranno di Tauromenio, un certo Tindarione, che gli consentì di approdare con le sue navi nel porto di Naxos per poi raggiungere Siracusa. Qui Pirro ebbe accoglienze entusiastiche. Ma questo non bastava: egli voleva liberare tutta la Sicilia dall’egemonia cartaginese.

Cartina riassuntiva delle spedizioni militari pirriche in Italia meridionale e centrale fra il 280 e il 275 a.C.
Cartina riassuntiva delle spedizioni militari pirriche in Italia meridionale e centrale fra il 280 e il 275 a.C.

Caduta Eraclea, Pirro trovò validi alleati in Eraclide, tiranno di Leontini, mentre Sositrato espugnava Agrigento. Altri alleati furono sia Selinunte che Segesta. La sola Erice ed il Lilibeo cartaginese sembravano inespugnabili.

Pirro, non accettando vantaggiose proposte di Cartagine in denaro e territori siciliani, preoccupato della riorganizzazione romana, pensò di attaccare i Cartaginesi in casa loro, in Africa, ma le popolazioni locali ebbero verso di lui sentimenti ostili. Anche Sosistrato gli si ribellò e Titione dovette essere ucciso ed anche i Sicilioti arrivarono al punto di fare causa comune con i punici e con i Mamertini.

 

Un capovolgimento di fronte dalle dure conseguenze

Così Pirro capì che la partita era perduta e che la sua permaneza in Sicilia avrebbe potuto compromettere la sua spedizione in Italia. Perciò nel 276 abbandonò la Sicilia.

Ma al di quà dello Stretto Pirro trovò 10.000 Mamertini, mercenari per lo più Campani al soldo del tiranno Agatocle di Siracusa, che, dopo la morte di questi (289 a.C.) misero in atto a Messina un violento e sanguinario colpo di stato, arrivando di fatto ad assumere il controllo, strategicamente assai rilevante, dello Stretto. Erano decisi a chiudergli la via verso l’Italia perchè Pirro, arrivando in Sicilia aveva invaso la Piana di Milazzo, territorio mamertino. E questi non l’avevano dimenticato.

Pirro, da grande stratega militare, riuscì ad evitare uno scontro frontale che ugualmente avvenne quando il re, muovendo da Locri, si decise di tornare indietro affrontando nel 276 i Mamertini, che furono sonoramente sconfitti. Potè quindi dirigersi alla volta di Taranto e nel 275 incontrò nuovamente i Romani sul suo cammino.

Dettaglio di piatto faliscio che ricorda la vittoria di Curio Dentato su Pirro e le sue armate
Dettaglio di piatto faliscio che ricorda la vittoria di Curio Dentato su Pirro e le sue armate

Lo scontro decisivo si ebbe a Maleventum nel 275 a.C. I due consoli dell’Urbe erano il patrizio Lucio Cornelio Lentulo e il plebeo Mario Curio Dentato. Il patrizio marciava verso la Lucania, il plebeo verso il Sannio. Fu una perfetta mossa di accerchiamento. Dentato respinse ancora una volta sia soldati che elefanti nemici, grazie ai carri muniti di aste e torce infuocate, mentre gli arcieri scagliavano dardi infuocati.

Non fu una vittoria netta per i Romani. Dopo un grande massacro da ambo le parti, a sera gli eserciti tornarono ai loro accampamenti malconci, senza che uno dei due fronti avesse ceduto terreno. Pirro dovette però constatare che con così pochi uomini non avrebbe più potuto sostenere un’ulteriore battaglia.

 

Il mesto ritiro di Pirro dopo le pesanti sconfitte

Decimate le proprie forze, Pirro si vide costretto ad abbandonare frettolosamente l’Italia e si ritirò definitivamente nel suo regno al di là del mare. Taranto cadde quindi nelle mani dei Romani. Per l’occasione, Maleventum venne ribattezzata Beneventum.

I Romani avevano assunto così il controllo dell’intero Centro-Sud. Sanniti, Bruzi e Lucani erano stati definitivamente ridotti a vassalli. Un nuovo tassello era stato aggiunto nella costruzione del mosaico repubblicano romano. Pirro nonostante le sue mezze vittorie, era stato respinto. Si trattava di un risutato notevole per la nascente potenza romana: la vittoria su Pirro fece scalpore e il nome di Roma si diffuse per la prima volta nel Mediterraneo.

Per Pirro la campagna d’Italia non era indispensabile, problemi ben maggiori lo aspettavano in patria. Tuttavia egli dimostrò di possedere lo spirito del vero condottiero, disposto a qualunque sacrificio pur di ottenere vittorie. Purtroppo per lui l’Italia non era più un terreno di conquista.

Dopo la battaglia di Benevento, Pirro ritornò in Epiro con la minaccia-promessa di ritornare quanto prima in Italia. In patria riprese la guerra per il predominio sulla Grecia, opponendosi ad Antigono Gonata per il possesso della Macedonia e contendendo a Sparta la supremazia sul Peloponneso.

Dopo un paio di battaglie vinte dovette però ritirarsi di fronte alle forze congiunte dei nemici, rifugiandosi ad Argo. Egli riuscì ancora una volta nel 274 a sottomettere tutta la Macedonia e tentò di restaurare Cléonime a Sparta nel 272, ma trovò la morte durante la nuova presa di Argo, ucciso da una tegola che una vegliarda gli gettò dall’alto di un tetto. Una morte indegna per un grande condottiero.

 

La monetazione di Pirro, uno “strumento economico e militare”

Pirro, come Alessandro il Molosso suo predecessore, coniò più abbondantemente monete nel corso delle campagne militari che non nella sua terra, l’Epiro. Le emissioni avvennero principalmente nelle zecche delle città alleate in Magna Grecia e in Sicilia.

Nella pur breve tradizione epirota il ritratto del regnante non compare sulle monete. Ci è quindi precluso il piacere di vedere il volto di Pirro campeggiare su qualche importante nominale, alla maniera dei regnanti ellenistici.

Emissioni in Epiro

Le prime monete dell’Epiro sono stateri di tipo corinzio e risalgono ad un periodo che precede la nascita del regno epirota, 342 a.C., e furono coniate nella zecca di Ambracia. Una seconda fase di monetazione include le emissioni dei re dell’Epiro: Alessandro il Molosso (342-326), il meno noto zio di Alessandro Magno e Pirro (295-272). La serie regale terminò con la Repubblica Epirota alla morte di Tolomeo nel 238, l’ultimo discendente della dinastia degli Eacidi.

Una monetazione repubblicana in metallo vile si sviluppò in seguito in Epiro, fino al 168, quando anche questa regione cadde sotto la dominazione romana e le coniazioni dell’Epiro cessarono definitivamente.

I tipi prevalenti nelle monete epiroti sono la testa di Zeus Dodoneo e la sua sposa Dione; il fulmine, la testa di Helios e l’elefante. Il primo è riconoscibile per la corona di foglie di quercia.

Alessandro il Molosso coniò stateri d’oro e d’argento ma in Lucania e in Bruttium, nel corso della sua invasione del Sud Italia, ove trovò al morte sul campo di battaglia.

Pirro coniò pochissime monete in patria. Si tratta di numerario in bronzo con al diritto la testa di Zeus Dodoneo, di stile piuttosto grossolano. Non sono note emissioni di Pirro d’oro e d’argento in terra d’Epiro.

Epiro, Ambracia, circa 360-338 a.C. Statere (Ag 8,41 g, 23 mm). D/ Pegaso al passo verso destra; sotto lettera A. R/ Testa di Atena in elmo corinzio; figura seduta alle sue spalle. Ravel, Ambracia 135 (ex Classical Numismatic Group Asta Triton VI, 14 gennaio 2003 n.242)

Epiro, Pirro, 295-272 a.C. Bronzo (Ae, 7,2 g, 20 mm). D/ Testa di Zeus Dodoneo. R/ Fulmine. Questa moneta epirota in bronzo reca il monogramma di Pirro. BMC 114, 40. SNG Cop. 102 (ex Münzen & Medaillen Deutschland GmbH n.17, 4 ottobre 2005 n.606)

Macedonia, occupazione di Pirro, 287-285 a.C. o 274-273 a.C. Bronzo (Ae, 3,68 g, 17 mm). D/ Scudo macedone contenente il monogramma di Pirro. R/ Pileo o elmo conico. AMNG III, 2, 105 (ex Münzen & Medaillen Deutschland GmbH n.17, 4 ottobre 2005 n.607)

Macedonia, Pella, dominazione di Pirro, circa 273-272 a.C. Tetradracma (Ag, 16,59 g, 28 mm). D/ Testa di Eracle coperta da pelle di leone. R/ ALEXANDPOY, Zeus seduto con aquila e scettro, monogramma nel campo (ex Numismatik Lanz München n.97, 22 maggio 2000 n.201)

Epiro, Repubblica Epirota, circa 234-168 a.C. Dracma (Ag, 4,94 g, 19 mm). D/ Testa di Zeus Dodoneo a sinistra, ornata da corona di quercia. R/ Aquila stante a sinistra. Si tratta delle ultime emissioni epiroti prima della definitiva annessione romana (ex Classical Numismatic Group, Mail Bid Sale 66, 19 maggio 2004 n.346)

 

Emissioni in Magna Grecia

Agli albori del III secolo a.C. numerose zecche erano in regolare attività in Italia meridionale. Molte di esse finirono sotto l’influenza del Re dell’Epiro e produssero numerario nei tre metalli in suo favore. Con l’arrivo di Pirro in Italia assistiamo ad una modifica del sistema ponderale. Lo statere acheo di 8,00 g fino a quel momento in uso si ridusse ad uno statere di 6,60 g, sicuramente imposto dalle necessità belliche. Il sistema ponderale è il medesimo adottato dalle didramme romano-campane, le prime emissioni d’argento dei Romani.

Non è attualmente noto se sia stato Pirro ad adeguarsi al sistema romano-campano o viceversa, o più probabilmente una svalutazione fu adottata simultaneamente in conseguenza del protrarsi delle vicende militari.

Un altro fenomeno significativo si associa alla presenza di Pirro in Italia: l’abbondante emissione di moneta d’oro, fatto raro nelle zecche della Magna Grecia.

La produzione aurea ha sempre rappresentato un fenomeno occasionale e poco consistente, spesso legato a gravi fatti contingenti. Sul finire del IV secolo e agli inizi del III secolo tuttavia, emissioni auree si annoverano a Taranto, Locri, Metaponto ed Eraclea, con una netta supremazia della zecca di Taranto. Questa anomalia è stata associata con la presenza in Italia dei condottieri Epiroti (Alessandro il Molosso e Pirro) e delle loro truppe mercenarie. Si ritiene quindi che la monetazione aurea sia stata prodotta appositamente per pagare i mercenari, mentre le emissioni d’argento dovevano servire alla normale attività economiche di ogni singola città.
Le seguenti città batterono moneta sotto Pirro: Taranto, Metaponto, Locri, Crotone, Eraclea. Il maggior volume di emissioni avvenne comunque a Taranto.

ThuriumL’avventura di Alessandro il Molosso, che precedette quella di Pirro, fu ancora meno fortunata di quest’ultima. Dopo alcuni iniziali successi e l’annessione delle città greche rivierasche, infatti, il Re dell’Epiro perì sotto le mura di Pandosia per mano dei Bruzii nel 330 a.C. Ecco una delle monete a suo nome coniata a Thurium.

Thurium, Alessandro il Molosso, circa 360-340 a.C. Nomos (Ag, 8,02 g, 19 mm).
D/ Testa di Atena a destra che indossa elmo decorato con Scilla. R/ Toro alla
carica e iscrizione MOLOSSO, pesce in esergo (Ex Hess-Leu 1954, Nac 1988,
Adm collection)

TarentumL’avventura di Pirro iniziò invece nel 281-280 a.C. Ecco alcune delle emissioni a lui riconducibili e coniate a Taranto, importante città del Meridione d’Italia a partire dalla quale le armate dell’Epiro mossero su Eraclea per poi iniziare la risalita della Penisola.

Taranto, epoca di Pirro, 280-272 a.C. Didramma (Ag, 6,61 g, 24 mm). D/ Cavaliere nudo su cavallo a sinistra. R/ Taras su delfino. Non reca il nome del condottiero ma il calo ponderale permette di ascriverlo al periodo finale della monetazione trentina (Vlasto 806, collezione privata)

Taranto, epoca di Pirro, 281-272 a.C. Didramma (Ag, 6,50 g, 24 mm). D/ Cavaliere armato di tre aste. R/ Taras con cornucopia su delfino (Vlasto 719, collezione privata)
Taranto, epoca di Pirro, 281-272 a.C. Didramma (Ag, 6,42 g, 23 mm). D/ Cavaliere con tre aste. R/ Taras su delfino (collezione privata)

 

Taranto, epoca di Pirro, 281-272 a.C. Nomos (Ag, 5,60 g, 23 mm). D/ Guerriero elmato con scudo e due lance su cavallo al galoppo. R/ Taras su delfino (collezione privata)

Taranto, statere emesso per Pirro, circa 280-275 a.C. (Au, 8,56 g, 18 mm). D/ Testa di zeus laureata. R/ aquila su fulmine (Vlasto 41, ex Classical Numismatic Group Triton VII, 12 gennaio 2004 n.16)

 

Taranto, quarto di starere emesso per Pirro, circa 280-275 a.C. (Au, 2,15 g, 11 mm). D/ Testa laureata di Apollo. R/ Aquila su fulmine (Vlasto 46, Classical Numismatic Group Triton VII, 12 gennaio 2004 n.19)

Taranto, mezzo statere emesso per Pirro, 281-272 a.C. (Au, 4,28 g, 14 mm). D/ Testa di Eracle. R/ Efebo alla guida di una biga (Vlasto 30, Dr. Busso Peus Nachfolger Auction 374, 23 aprile 2003 n.23)

MetapontoEd ecco due rare e belle emissioni della città di Metaponto risalenti al tempo di Pirro.

Metaponto, emissioni del tempo di Pirro, circa 278-276 a.C. Dracma (Ag, 2,84 g, 18 mm). D/ Testa di Atena in elmo attico decorato con un’ala. R/ Spiga d’orzo (Sng Ans 541, Gorny & Mosch Giessener Münzhandlung Auction 141, 10 ottobre 2005 n.33)

Metaponto, emissioni del tempo di Pirro, circa 280-279 a.C. Terzo di statere (Au, 2,80 g, 13 mm) coniato dopo la vittoria ad Eraclea. D/Testa di Leucippo con elmo corinzio. R/ due spighe d’orzo (Sng Ans 397, ex Classical Numismatic Group Triton VII, 12 gennaio 2004 n.29)

Crotone – Anche a Crotone, una delle zecche più importanti della Magna Grecia, si hanno emissioni riferibili al periodo di Pirro. Ne è un esempio la seguente didramma.

Crotone, emissioni dell’epoca di Pirro. Didramma (Ag, 6,81 g, 24 mm). D/Aquila su fulmine. R/ Tripode delfico (SNG ANS 409, ex Classical Numismatic Group Mail Bid Sale 63, 21 maggio 2003 n.65)

 

EracleaDopo la vittoria ad Eraclea, Pirro coniò alcune monete celebrative della battaglia. Lo stile di queste emissioni è talmente differente dalla precedente produzione di Eraclea che si pensa vi abbiano collaborato incisori e manodopera di origine greca giunti al seguito del sovrano dell’Epiro.

Eraclea, epoca di Pirro, circa 281-278 a.C. Didramma (Ag, 7,79 g, 23 mm). D/ Testa di Atena a destra, in elmo corinzio. R/ Eracle vittorioso si incorona (Van Keuren 96, ex Classical Numismatic Group Mail Bid Sale 63, 21 maggio 2003 n.48)

Eraclea, emissione del tempo di Pirro, circa 281-278 a.C. Dracma (Ag, 3,81 g, 19 mm). D/ Testa di Atena presa di tre quarti, elaborato elmo attico a tripla cresta con decorazione rappresentante Scilla. R/ Civetta su ramo d’olivo e clava (Van Keuren 114, Fritz Rudolf Künker Münzenhandlung Auction 94, 27 settembre 2004 n.123)

LocriA questa importante zecca del Bruzio si attribuisce una discreta produzione monetaria in favore dell’invasore Epirota. Spiccano alcuni rari tetradrammi con il tipi di Zeus Dodoneo, veri e propri capolavori dell’arte incisoria.

Locri, emissione di Alessandro il Molosso, 342-334 a.C. Statere (Ag, 10,88 g, 23 mm). D/ Testa di Zeus Dodona a destra. R/ ALESANDROU, TOU NEOITTOLEMOU, fulmine con a destra testina d’aquila (Vlasto 1866 Classical Numismatic Group Triton V, 15 gannaio 2002 n.1138)

Locri, epoca di Pirro, circa 280-278 a.C. Didramma (Ag, 8,39 g, 23 mm). D/ Achille con elmo corinzio ornato da grifone. R/ Thetis seduta su ippocampo tiene lo scudo di Achille PURROU, BASILEWS (Sng database Vol.III n.1651, Lockett Collection)

Locri, epoca di Pirro, circa 280-278 a.C. Tetradramma (Ag, 16,38 g, 28 mm). D/ Testa di Zeus Dodoneo con corona d’alloro BASILEWS, PURROU. R/ Dione seduta con scettro (SNG Lloyd 656, SNG Lockett 1650. Raro e magnifico tetradramma impreziosito del nome del Re epirota, ex Classical Numismatic Group Triton V, 15 gennaio 2002 n.1140)

Locri, tetradramma (Ag, 16,50 g, 27 mm). D/ Testa di Zeus laurato a sinistra. R/ Personificazione femminile rende onore a Roma seduta. Questa tipologia è ascritta a Locri subito dopo la battaglia di Benevento. Il rovescio alluderebbe alla sottomissione della città ai romani (Sng Aan n.531, ex Classical Numismatic Group Mail Bid Sale 60, 22 maggio 2002 n.110)

Locri, epoca di Pirro, circa 280-275 a.C. Decimo di statere (au, 0,94 g, 11 mm). D/ Aquila con serpente nel becco. R/ Fulmine alato (Sng Ans n.498; Sng Copenhagen n.1857, ex Classical Numismatic Group Triton VII, 12 gennaio 2004 n.36)

 

Emissioni in Sicilia

La parentesi siciliana permise a Pirro di orientare l’attività di una delle officine monetarie più importanti del Mediterraneo, quella di Siracusa. Tuttavia, emissioni a nome di Pirro sono attribuite anche a Panormos. A Siracusa Pirro emise monete nei tre metalli e si tratta delle emissioni più pregevoli dal lato artistico. La monetazione siciliana seguì chiaramente il sistema attico-euboico in uso presso le colonie greche siciliane. Abbondante e stilisticamente pregevole la produzione di numerario in bronzo con i tipi di Eracle o Ftia (ritratto della madre di Pirro?) e al rovescio Atena armata di fulmine e scudo.

Pirro inoltre in Sicilia battè anche due emissioni in oro (statere e mezzo statere, estremamente rari) e due in argento, anch’esse rare. Sono due quelle in argento perchè quella con il personaggio femminile disteso, in passato ritenuta battuta da Pirro in Epiro, è ormai defininivamente attribuita da studi più recenti alla zecca di Siracusa. Nelle monete di Pirro la testa di Core ha una notevole somiglianza con quella dei coni di Agatocle. Invece, al contrario dell’Italia meridionale, le figure assise sul trono sono rare in Sicilia.

SiracusaNella stupenda città della Sicilia Orientale, Pirro fece coniare bellissime monete. Eccone alcuni esempi.

278-276 a.C. Bronzo (Ae, 11,66 g, 18 mm). D/ Testa velata di Phtia coronata di foglie d’acanto con himation; dietro, simbolo inedito (anfora con acqua zampillante?); davanti FQIA(S) c.p. R/ Fulmine alato orizzontale; sopra BASILEOS, sotto PURROU c.p. (Calciati manca, n.184 var., Sng Lloyd manca, n.1533 var.). Conio di dritto inedito con questo simbolo (Ex Nac L n.1252)

278-276 a.C. Bronzo (Ae, 7,98 g, mm 24). D/ Testa di Kora coronata di canne; dietro, mezzaluna. R/ Demetra seduta su trono tiene nella mano sinistra una lunga spiga e nella destra uno scettro; tra le gambe del trono, piccola lettera A; a sinistra PURROU; BASILEOS (Calciati n.185 Ds 71, Sng Ans n.836). Rara (Ex Italo Vecchi 1 n.198)

278-276 a.C. Bronzo (Ae, 6,10 g, 19 mm). D/ Testa di Atena con elmo attico crestato ed ornato di grifo; dietro, fulmine alato; c.p. R/ Corona di quercia allacciata in basso entro cui, spiga di grano. Calciati koinon 2, Tav.XXIV n.131 (collezione privata)

Siracusa, Bronzo (Ae, 9,64 g, 24 mm). D/ Testa di Eracle con pelle leonina. R/ Atena Promachos a destra (Calciati II, n.321, Sng Ans n.844). Questo tipo di emissione, da sempre attribuita a Pirro, iniziò invece prima dell’avvento del re dell’Epiro (Spink Sale n.4018, 6 ottobre 2004 n.15)

Siracusa, epoca di Pirro, 278-276 a.C. Bronzo (Ae, 8,35 g, 25 mm). D/ Testa di Persefone. R/ Demetra seduta. Nel campo BASILEOS – PURROU (Calciati II, S.332, Em.186, ex Dr. Busso Peus Nachfolger Auction n.380, 3 novembre 2004 n.276)

Siracusa, epoca di Pirro, circa 278-275 a.C. Ottobolo (Ag, 5,45 g, 21 mm). D/ Testa di Persefone a destra. R/ Atena armata a sinistra. Nel campo BASILEOS – PURROU (Sng Ans n.832, ex Numismatik Lanz München Auction n.125, 28 novembre 2005 n.116)

Siracusa, epoca di Pirro, 278-276 a.C. Mezzo statere o decadramma (Au, 4,23 g, 16 mm). D/ Testa di Artemide a destra, faretra in spalla. BASILE O S PURROU. R/ Vittoria alata andante a sinistra, un trofeo in mano (Sng Ans n.827, ex Dr. Busso Peus Nachfolger Auction n.380, 3 novembre 2004 n.274)

PANORMOSIn conclusione, due esemplari in oro di grande rarità. Dopo la sconfitta di Maleventum e il rientro di Pirro nella madrepatria non risultano nuove monete battute a nome di Pirro, se non alcuni esemplari in bronzo e di pessima fattura.

Panormos, epoca di Pirro, circa 278-275 a.C. Sedicesimo di statere (Au, 0,54 g, 6 mm). D/ Testa di Atena a destra. R/ Civetta (Sng Ans 576, Sng Lloyd n.1671, ex Classical Numismatic Group Triton VII, 12 gennaio 2004 n.75)

Panormos, epoca di Pirro, circa 278-275 a.C. Ventiquattresimo di statere (Au, 0,34 g, 5 mm). D/ Testa di Apollo a destra. R/ Lira (Sng Ans n.577, ex Classical Numismatic Group Triton VII, 12 gennaio 2004 n.76)

 

Bibliografia essenziale

Bosi R. 1980 – Le città greche d’Occidente. Spagna-Francia-Italia-Jugoslavia-Albania. Arnoldo Mondadori editore, Milano

Domenico S. 1998 – L’avventura siciliana di Pirro (278-276 a.C.) in Panorama numismatico n. 93, pp. 11-13, Nomisma, Repubblica di San Marino

Frediani A. 2002 – Le grandi battaglie di Roma antica. Dalle guerre sannitiche alle invasioni barbariche. Newton & Compton editori, Roma

Hill G. F. 1976 – Coins of Ancient Sicily. Ristampa Forni editore, Bologna

Montenegro E. 1996 – Monete di Italia Antica e Magna Grecia. Eupremio Montenegro editore, Torino

Sear D. R. 1978 – Greek coins and their values. Seaby, London